Il verde pubblico urbano è una trovata relativamente recente. Esso nasce per acquisizione al patrimonio pubblico di parchi, giardini e terreni agricoli privati, di foreste demaniali o per destinazione urbanisticamente pianificata di alcuni terreni sottratti all’edificazione e all’infrastrutturazione durante fasi di accrescimento o ristrutturazione delle città. Nelle civiltà fondate su una spiritualità animista, il verde pubblico è costituito anche da santuari boschivi o acquatici e da siti di straordinario interesse naturalistico che vengono inclusi nelle città di nuova fondazione o in espansione.
Nel XVI secolo vengono realizzati giardini botanici con finalità scientifiche (quello di Salerno ancor prima), nel XVII secolo, al posto delle demolite mura, a Parigi compaiono i grands boulevards, a una principessa urbanista si deve Unter den Linden nel suo nuovo sobborgo Dorotheenstadt di Berlino, primi esempi di alberature stradali adatte al passeggio pubblico.
Nelle new town britanniche il tessuto edilizio comprende giardini recintati quadrangolari o (semi)circolari, un’anteprima dei quali si era vista in Place Royal a Parigi; inizialmente condominiali, successivamente resi pubblici, costituendo un esempio imitato poi altrove. Il Central Park di New York è ricavato da terreni residuali, anche espropriando e demolendo insediamenti poveri.
Fino a pochi decenni fa il verde urbano era concepito soprattutto con finalità ornamentali e ricreative. Esperimenti di valorizzazione ecosistemica del patrimonio pubblico in Europa sono connessi alla dismissione di infrastrutture. È il caso delle ferrovie disarmate a Edimburgo-Leith, trasformate in piste ciclo-pedonali immerse nella vegetazione spontaneamente cresciuta sulle scarpate laterali. Il demanio ferroviario al confine tra RFT e RDT a Berlino, abbandonato per decenni, al momento della riunificazione si presentava riconquistato da vegetazione forestale spontanea; oggi Südgelände è un apprezzato parco pubblico che richiede il pagamento di un biglietto da €1 per accedervi, i proventi sono destinati alla manutenzione del sito.
Pian piano la visione ecosistemica fa breccia anche in Paesi dalla cultura fieramente antropocentrica, persino un’ampia porzione dei geometrici Jardins des Plantes parigini viene lasciata all’evoluzione naturale, similmente accade persino in giardini di quartiere come il Jardin naturel Pierre-Emmanuel. Va tributata gran parte del merito di questa nuova filosofia al paesaggista agronomo Gilles Clément con la sua teoria del terzo paesaggio, non ancora generalmente accettata e condivisa dalle popolazioni, dai professionisti e dagli amministratori pubblici.
I giardini botanici più recenti presentano collezioni non più ordinate solo per tipologia merceologica (es. alimentari, officinali) o per tassonomia, ma soprattutto ricostruendo ecosistemi, un esempio è il parco della Bastide a Bordeaux.
A Copenaghen la vegetazione spontanea che colonizza un cantiere edile abbandonato diventa occasione didattica per studenti della scuola dell’obbligo di esplorazione naturalistica e di educazione civica (si sperimenta la vita comunitaria autogestita). In una periferia popolare si sistema una lunga striscia di terreno inedificato a parco naturalistico focalizzato sulla biodiversità ecosistemica e sulla mitigazione climatica, centrata sull’intercettazione della pioggia.
Anche le aree estrattive dismesse si prestano alla rinaturalizzazione, con ottimi risultati, come nel caso di Lecce.

Un esempio molto recente, inaugurato nella primavera 2024, è un piccolo giardino urbano di Pornichet, abbandonato da decenni e acquisito nel 2022 dal Comune, spontaneamente evolutosi in lecceta. Lo stesso Comune ha ricostituito una fascia dunale vegetata a fianco del lungomare.
Per quanto interessanti dal punto di vista sociale, iniziative di messa a disposizione del pubblico di spazi privati, come nel caso di Göteborg, contribuiscono a raggiungere gli obiettivi 3 e 300 di Cecil Konijnendijk, mancando però l’obiettivo 30, dato che non assicurano effetti ambientali apprezzabili.
In conclusione si elencano alcuni passaggi necessari per predisporre l’incremento delle funzioni ecologiche del verde urbano:
1) ricognizione degli spazi interstiziali urbani rimasti inedificati e valutazione delle loro potenzialità come aree di reperimento per nuovo verde pubblico di apprezzabile dimensione, destinazione che deve essere prioritaria, non residuale nel contesto dello strumento urbanistico;
2) valutazione ecologica in termini di flora, fauna, habitat, con particolare attenzione alla connettività ecologica con l’ambiente circostante (es. cartografico Edimburgo);
3) monitoraggio nel tempo dell’assetto idro(geo)logico, degli inquinanti atmosferici e/o presenti nel terreno, della mitigazione delle temperature estreme, con metodi più accurati di quelli più comunemente in uso (es. privilegiare temperatura dell’aria invece di quella superficiale telerilevata);
4) acquisizione a patrimonio pubblico o alla disponibilità collettiva delle aree di reperimento selezionate come più utili, tenendo anche conto dell’accessibilità pedonale entro dieci minuti;
5) progettazione su base ecologica, accantonando criteri ornamentali e utilitaristici (es. le alberature per ombreggiare parcheggi vanno contabilizzate separatamente rispetto al verde “vero”) e parametrando distintamente il verde in piena terra rispetto a quello pensile o verticale:
6) manutenzione costante, ma senza accanimento; prati falciati tardivamente poche volte l’anno, alberi di grandezza appropriata allo spazio dedicato, in modo da evitare potature drastiche di esemplari che da adulti si rivelano troppo grandi.

Paolo Degli Antoni

Il Piano del Verde di Firenze si presenta residuale rispetto al POC, al Codice della Strada e agli errori urbanistici commessi nel passato (es. TSH Belfiore, privo di terreno permeabile e non dotato di dispositivi di recupero dell’acqua piovana). Intervista alla Vicesindaca Paola Galgani in attesa di poter leggere il corposo documento di 250 pagine, ricco di tavole grafiche
https://www.controradio.it/podcast/controradio-incomune-con-lass-paola-galgani-il-piano-verde-e-degli-spazi-aperti
Grazie , un bello spunto storico per riflessioni e proposte—-