Melanconia e fine del mondo

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In un’epoca di catastrofi, di continue guerre sanguinose, l’ultimo libro del filosofo Byung-Chul Han parla della pandemia di angoscia che sta colpendo il mondo. Il filosofo Paolo Godani, che si autodefinisce “clinico della civiltà” vede nella melanconia il disagio che caratterizza la nostra civiltà, e ne scrive nel suo ultimo libro intitolato Melanconia e fine del mondo, dedicato a Franco Berardi.

Un percorso vertiginoso basato su materiali letterari, filosofici, politici, dove la melanconia è vista non non come disagio personale, psicologico ma come disagio sociale, culturale e storico, come fondo nascosto della nostra cultura umanistica. Un fenomeno, che “si fonda sulla sensazione che l’esistenza, la propria e quella del mondo, non abbia alcun senso” ma forse il vero problema non è che il mondo perde di senso, ma la pretesa che un senso ce l’abbia.

“Affermare l’inconsistenza del tutto non è che la condizione di possibilità di ogni pretesa di trascendenza.”

Sentendosi assediati da elementi come la fragilità, la vulnerabilità e la caducità, in preda alla cultura della morte ci agitiamo senza requie, cercando di trasformare la natura e di trascendere la nostra precaria condizione, alla disperata ricerca di un rimedio: è la truffa della storia.

“Il rovescio della malinconia si conquista solo nel momento in cui si iniziano a vedere le cose diversamente, per esempio a osservare noi stessi come una cosa tra le cose.  […] E soprattutto bisogna smettere di considerare l’ordine del mondo come se fosse un nostro prodotto.”

Dal nichilismo, al panteismo di Kafka. Abbiamo bisogno di uno sguardo che sia capace di vedere il bene delle cose, che anziché invitarci a manipolare costantemente la natura, e con essa anche la nostra vita, sia innanzitutto capace di contemplarla e di conoscerla.

“Può accadere- spiega Schopenhauer-che in particolari situazioni soggettive e oggettive ci “perdiamo” nella contemplazione di qualcosa. Può essere un volto, un canto o un paesaggio, ma in ogni caso ciò che succede è che nella contemplazione smettiamo di considerare le cose solo per le loro relazioni e per la loro eventuale utilità e le consideriamo infine per ciò che sono: non si considera più il dove, il quando, il perchè l’a che pro delle cose ma solo e soltanto il che cosa.” *

Schopenhauer, scrive Paolo Godani, apre ”alla possibilità di una esperienza non nichilistica di questo mondo […] [e alla] possibilità di percepire le cose non solo nella loro caducità, ma anche nel loro stare, nella loro consistenza essenziale, nell’eternità del loro essere.” Allora, in quegli attimi, sospesa la nostra consueta inquietudine, colui che contempla “questo che cosa” è smarrito in esso: “sentiamo e sperimentiamo di essere eterni”, concepiamo le cose sotto l’aspetto dell’eternità, come afferma Spinoza.

Non resta che disertare e sperimentare l’indistruttibile. Tirare il freno a mano della storia, scandalo che dura da diecimila anni, è un’esigenza etica, ma anche politica, perché la situazione attuale ci pone di fronte ad una decisione tra il continuare la corsa forsennata verso il baratro di un conflitto mondiale, oppure il disertare, collocandoci in un orizzonte politico, culturale, ma anche spirituale, completamente differente da quello attuale.

Per risanare il malinconico, così termina il libro di Godani: “E’ necessaria per cominciare tutta una educazione metafisica, percettiva, sentimentale. Una esperienza non religiosa ma mondana dell’indistruttibile. Una nuova sensibilità per le cose del mondo, capace di ridare serenità a uno sguardo, il nostro, da troppo tempo affiso alla catastrofe.”

A proposito dell’indistruttibile Godani riporta due aforismi di Kafka: “L’indistruttibile è uno: ogni singolo uomo lo è e, al contempo, è comune a tutti, da cui il legame incomparabile che unisce indissolubilmente gli uomini. […] Se ciò che si dice sia stato distrutto in paradiso era distruttibile, allora non era decisivo; ma se era indistruttibile allora viviamo in una falsa fede.”

E aggiunge: “Si potrebbe sostenere, infatti, che se l’indistruttibile è là, se il paradiso è il luogo della nostra natura, non c’è ragione per cui noi si senta di vivere lontano da quel luogo, sconnessi dall’indistruttibile.”

 

*Arthur Schopenhauer, Metafisica del bello, Aesthetica Edizioni, Palermo 2022

Paolo Godani, Melanconia e fine del mondo, Feltrinelli, Milano 2025-pg.205, euro 18.

 

 

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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