Giovanna Sissa e le emissioni invisibili del sistema digitale

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Giovanna Sissa è una fisica e insegna al Dottorato di Ricerca dell’Università di Genova STIET, cioè Scienze e tecnologie per l’ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni. Nel 2024 ha pubblicato presso Il Mulino (collana Farsi un’idea, euro 13) un agile ma denso manuale dal titolo Le emissioni segrete. L’impatto ambientale dell’universo digitale. Il tema del libro sono appunto le emissioni di gas climalteranti prodotte dal settore informatico e delle telecomunicazioni (ICT). Ma anche il rilascio in quantità crescente da parte del settore ICT di rifiuti solidi, in gran parte difficilmente riusabili-riciclabili.

Di questa pubblicazione ha già presentato un estratto Gian Luca Garetti su La Città Invisibile e il 29 maggio si è svolto con il pubblico fiorentino un incontro con l’autrice, organizzato dalle redazioni de La Città invisibile e di Fuori Binario.

Il libro presenta e discute i problematici risultati delle non molte ricerche finora effettuate a livello internazionale per arrivare a un calcolo delle emissioni sia dei singoli dispositivi ICT, sia delle emissioni aggregate del sistema digitale-telematico complessivo, e tratta quindi i metodi per tentare di ridurre queste emissioni a un livello di sostenibilità. Riduzione delle emissioni che ha come premessa che non ci si faccia imbrogliare dalle forme di greenwashing (finta sostenibilità) che imperversano un po’ dappertutto, ma in particolare nel settore ICT, dove sfruttano il concetto diffuso, ma illusorio e ingannevole, di “dematerializzazione”. In realtà ogni piccola operazione virtuale che facciamo sul nostro smartphone o computer comporta una serie di operazioni del tutto materiali, che noi non vediamo, ma che hanno un costo energetico e di materie prime e quindi un impatto ambientale.

E’ probabile che chi decide di prendere in mano questo libro abbia già una idea, magari confusa, e una certa sensibilità civica a proposito di questo impatto ambientale dell’ICT. Il libro rappresenta per questo tipo di lettori, e anche per quelli che hanno già conoscenze di livello più alto (per esempio studenti di ingegneria) l’occasione per mettere a punto una serie di dati, di concetti e di criteri metodologici.

Per arrivare a questo risultato Giovanna Sissa non si basa su aride tabelle, ma fa ampio ricorso a descrizioni vivaci, tra le quali le più importanti riguardano: il quasi fantascientifico processo di fabbricazione dei microchip; la rete Internet nel suo insieme; la gamma di elementi che compongono lo smartphone; la funzione e la struttura fisica dei data center (grandi centri di calcolo che formano gli snodi della rete Internet); il ruolo crescente del cloud computing, cioè l’utilizzo crescente dei server virtuali da parte di individui, aziende ed Enti sia per depositare i propri dati, sia per effettuare elaborazione; il rapporto complicato e non sempre trasparente che esiste tra mercato dell’elettricità, fonti energetiche rinnovabili e certificazioni di sostenibilità di cui si avvalgono i soggetti forti consumatori di energia elettrica, in particolare nel settore ICT. Sullo sfondo di tutto il libro, e spesso richiamata nel testo, la questione del riscaldamento climatico a causa dei gas climalteranti.

Il libro fornisce gli elementi conoscitivi di base per affrontare la questione posta nel titolo, che non si possono qui elencare tutti, ma uno almeno da citare obbligatoriamente c’è, ed è la differenza tra le emissioni incorporate e le emissioni da uso.

Le emissioni incorporate sono quelle prodotte nella fabbricazione di un dispositivo, a partire dallo scavo in miniera. Nel settore ICT quello che pesa di più nelle emissioni incorporate per esempio di smartphone e computer sono i processi di raffinazione degli elementi e delle sostanze usate. Siccome si tratta di purificare, concentrare, miniaturizzare al massimo la materia, e di trasportarla in su e in giù tra stabilimenti di produzione, di assemblaggio e punti di vendita letteralmente sparsi nel mondo, nei pochi grammi di peso di uno smartphone si deposita il risultato della lavorazione ad alto livello di complessità tecnologica di diverse tonnellate di materia grezza e l’impatto energetico e quindi di emissioni corrispondente. Ecco perché nel singolo dispositivo di piccole dimensioni le emissioni incorporate prevalgono su quelle da uso. Nei server invece raggruppati nei data center le emissioni da uso prevalgono sempre, dal momento che noi utenti li facciamo stare in funzionamento ininterrotto nel trasferire ed elaborare i nostri dati, azioni che richiedono quantità impressionanti di energia, di cui buona parte per il raffreddamento.

Giovanna Sissa con questo libro si colloca sul terreno di una critica concreta al funzionamento del sistema ICT attuale e delle sue conseguenze ambientali e mostra di riporre una fiducia tecnica e politica nella possibilità di metterle sotto controllo, e di farle rientrare nei limiti della sostenibilità, riformando il sistema prima di tutto mediante il ricorso sistematico alle fonti di energia rinnovabile, purché si tratti di fonti autentiche, come sottolinea il libro, e non millantate mediante certificazioni di comodo o espedienti contabili (non poche pagine sono dedicate alla critica delle pratiche di compensazione “in altri luoghi”, il cosiddetto carbon offset).

Altre risposte riformistiche all’orizzonte sono individuate nelle regolazioni dell’Unione Europea in direzione di una maggiore riparabilità e riusabilità delle parti di apparecchiature e nella possibilità (per ora per lo più teorica) di una progettazione più green del software stesso, a cui le aziende sfuggono di solito non per incapacità ingegneristica, ma per banali questioni di calcolo economico. Infine un certo ruolo viene attribuito alla sobrietà stessa degli utenti, che deve nascere ovviamente dalla consapevolezza informata delle conseguenze delle proprie piccole azioni ripetute infinite volte.

Una questione importante posta dal libro è quello dell’obsolescenza tecnologica e quindi del rapido turnover delle apparecchiature, che vengono buttate via spesso quando sono ancora funzionanti, il che ovviamente aggrava notevolmente le emissioni del sistema ICT e l’accumulo di rottami inquinanti e ingombranti. Questa obsolescenza è spesso programmata dalle aziende monopolistiche del settore e messa in opera mediante sistemi come quello della cessazione della fornitura di aggiornamenti per obbligare gli utenti a passare a un diverso sistema e/o dispositivo. La questione dell’obsolescenza come ho detto è posta con chiarezza dal libro, che però su questo aspetto non può far vedere all’orizzonte risposte riformistiche né regolazioni mitiganti : infatti qui si va a toccare il cuore stesso del rapporto tra digitale e capitalismo privato e, sebbene l’esistenza di questo stretto rapporto sia riconosciuta dal manuale fin dalla prima pagina, non fa parte del suo argomento specifico la critica dei meccanismi socioeconomici che stanno a monte della tecnologia informatica e delle sue emissioni, né la critica della spinta alla crescita economica materiale che sta a monte della questione ambientale e climatica in generale.

Per questa scelta di adesione concreta ai dati attuali del sistema ICT il libro lascia in sospeso, ma illuminate da una luce molto più forte, dopo la lettura, due domande fondamentali. La prima riguarda la compensazione statistica tra efficientamento e aumento di numero delle operazioni informatiche effettuate a livello globale. L’efficientamento consiste nel ridurre la quantità di energia usata per ogni singola operazione e su questo si fanno grandi progressi, ma dall’altro lato il sistema digitale-telematico sta crescendo in modo esponenziale per fare operazioni aggiuntive, creando continuamente nuovi tipi di processo e di programma; allora quale dei due meccanismi agisce maggiormente sulle emissioni nel lungo periodo, l’efficientamento o l’espansione?

La seconda enorme domanda riguarda gli effetti indiretti del sistema ICT come causa di aumento da un lato, di riduzione dall’altro delle emissioni per la funzione stessa che ha di riorganizzatore-acceleratore complessivo dell’intera attività umana e quindi della crescita materiale e delle emissioni. Anche qui si pone un problema complicatissimo, vertiginoso di bilancio che probabilmente si potrà fare solo tra anni, in una prospettiva che sarà ormai storica: se da un lato l’esistenza del digitale per esempio evita una notevole quantità di spostamenti fisici di persone e oggetti, e di azioni manipolative, per attività già esistenti nel mondo predigitale (come andare in banca a fare un prelievo), dall’altro costituendo per la prima volta la possibilità di connessione universale delle persone e degli oggetti abbatte barriere, crea attività nuove e inimmaginabili e soprattutto rende possibili tecnologie prima inesistenti nel campo per esempio della salute, della guerra, delle attività spaziali, ormai anche privatizzate, e come aspetto trasversale a tutte, l’intelligenza artificiale, dando una spinta formidabile alla artificializzazione del mondo abitato.

Questo saggio, grazie proprio alla sua specifica, competente attenzione ai dati tecnici e progettuali del settore ICT attuale ci aiuta a meditare e elaborare le nostre domande che vanno oltre il presente.

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Paolo Chiappe

Paolo Chiappe, fiorentino, ex insegnante, da molti anni vive soprattutto nella campagna di Vicchio. Redattore di riviste della scuola, editore del cabreo mugellano dei Georgofili, ha partecipato a diversi movimenti della scuola, politici e del territorio e ora fa parte di uno dei gruppo di cittadini che elaborano le osservazioni al progetto Giogo di Villore.

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