Dal Regolamento Urbanistico al Regolamento dei conti

Nel salutare il “varo” del Regolamento Urbanistico, il Sindaco di Firenze, forse avvertito che i “volumi zero” sono stati smascherati, cambia il motto: “Non consumo di nuovo suolo (vedi avanti) ma 800.000 mq. di immobili dismessi da convertire”. Anche l’Assessore all’urbanistica ama esordire con i numeri: 1,5 miliardi di investimenti privati che in cinque anni produrranno 2000 posti di lavoro diretti e altrettanti nell’indotto.

Niente più di un auspicio che non dice quanto di questa somma dovrebbe provenire dalla vendita di immobili pubblici. Poi il Sindaco prosegue e azzarda un contenuto: ”La grande sfida di Firenze è di riempire i tanti buchi neri…puntando su due principi, l’efficentamento energetico e nuove destinazioni a tanti immobili rimasti senza uso, come le vecchie caserme militari che avranno nuova vita…”. Sono parole rivelatrici di come Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico, cioè il Piano Regolatore della città, venga inesorabilmente ascritto al modello di sviluppo quantitativo e riduttivo (solo i numeri contano) dettato dall’ideologia neoliberista che invade le menti dei nostri Amministratori. Essi si affidano a quell’intreccio finanziario-immobiliare che specula sui due versanti della rendita. E’ il pensiero unico dominante che li inchioda a sostenere le Grandi Opere sbagliate o inutili, e a presentarle come incalzante modernità, e a servire su un vassoio d’argento la (presunta) inestinguibile, rapace rendita medicea.

Lo si vede nella previsione di parcheggi sotterranei in alcune piazze della città antica fronteggiate da proprietà potenti che trasformano pseudo obiettivi urbanistici in “scelte politiche”(Meucci su piazza Brunelleschi) e viceversa, pur in presenza di terreni di estrema fragilità geologica e di zone di tutela storico-artistica, escluse da decenni dalla circolazione automobilistica. Lo si legge nelle destinazioni d’uso, generiche e ripetute ovunque perché prive della comprensione dei luoghi, quindi mancanti di progetto, dunque modificabili con disinvoltura con la sola delibera di Giunta così come avviene per gli incrementi volumetrici delle aree sportive fino a due volte e mezzo il volume standard. Norme che hanno valso al Regolamento la definizione di “Urbanistica à la carte” (Baldeschi). Lo si riconosce pesantemente nei trasferimenti di superfici edificabili secondo il principio della perequazione attraverso il cosiddetto “comparto discontinuo.” Il caso più grave e insieme più sfuggente all’attenzione cittadina è quello delle aree ferroviarie o della inettitudine degli Amministratori contro la dissipazione di una risorsa insostituibile per il futuro della città.

rucNell’area delle ex officine grandi riparazioni (O.G.R.) di Porta a Prato dove è stato costruito il nuovo Teatro dell’Opera, il terreno, del valore stimato di 14 milioni, non versati, verrà pagato dal Comune con l’impegno di approvare il R.U. e il piano attuativo entro il 2016. Un piano pesante che prevede la demolizione e ricostruzione dei 39.000 mq. dei capannoni esistenti cui si sommano i 3.000 mq. degli edifici di servizio dell’antica stazione Leopolda e i 12.000 mq. in trasferimento da Campo di Marte, per un totale di 54.000 mq. Il contratto preliminare, sottoscritto nel 2009, è stato stipulato il 30 dicembre 2013, dal Sindaco Renzi che aveva ereditato il protocollo di intesa fra i tre Enti territoriali e le Ferrovie dello Stato s.p.a. del 27.10.2008
già da lui sottoscritto come presidente della Provincia.

I futuri blocchi edilizi destinati alla fascia ricca della società, se costruiti su tre piani, coprirebbero 18.000 mq e si affaccerebbero sul Parco (granducale) delle Cascine, delimitato dal canale Macinante, già ramo settentrionale dell’Arno, che sarà annientato nelle sue qualità di corso d’acqua e ridotto a fosso di scolo di una bretella stradale di scorrimento: 10 ettari di nuovo asfalto sul bordo del canale, affinché i nuovi “affluenti” investitori possano raggiungere velocemente l’aeroporto, sognato dai solerti amministratori come prossima “Opera strategica.”

Così l’area delle Officine che, malgrado la recente lottizzazione sul lato di via Paisiello l’abbia ridotta e deturpata, è ancora una delle principali risorse della città, sta per essere cancellata e riempita di quel mix funzionale di cui la città è satura e tramandata a futura memoria della miseria urbanistica dei nostri giorni.

Non ha sfiorato la mente di nessuno dei decisori e dei loro tecnici come questa infame “valorizzazione” che copre la cieca attitudine della S.p.A. F.d.S. di far cassa ad ogni costo come una qualsiasi impresa privata, sottragga alla città la capacità di ricostruire in forme nuove e rigeneranti le relazioni urbane con la ex Manifattura Tabacchi e di proiettare nella periferia una concatenazione di effetti di respiro urbano.

Questo speciale complesso edilizio unitario è situato nella intersezione tra la ferrovia (futura linea tramviaria 4) e una linea di trasmissione di relazioni costanti nel tempo storico che dalla collina di Careggi (con la villa e il complesso ospedaliero) attraverso il borgo di Rifredi, si attesta sulll’Arno alle Cascine e prosegue sulla riva opposta, dalla piazza dell’Isolotto fino a Torregalli, il secondo ospedale della Toscana. Lungo questa linea virtuale è possibile riprogettare i vuoti per stabilire nuove correlazioni con gli edifici dismessi che vi afferiscono e conferire ai luoghi una densità capace di trasformare la periferia in città metropolitana.

Esattamente cio chè il R.U., guidato dal meccanicismo ideologico del pensiero neoliberista, non vede perchè attribuisce valore esclusivo alla quantità in sé, per lo più inutile legata alla rendita di posizione e sottrae alla città occasioni irripetibili recandole un danno che gli amministratori non potranno mai risarcire.

Proviamo a pensare invece cosa potrebbe diventare lo spazio delle ex OGR di Porta a Prato svuotato con sapienza di qualche capannone per dare respiro al nuovo Teatro, di altri capannoni liberati delle pareti o rimossi per accogliere con fluidità quelle funzioni che ingombrano il Parco delle Cascine, quali il mercato settimanale, il luna park, le manifestazioni occasionali e un’arena per l’estate fiorentina. Sopratutto mettendo a disposizione i capannoni dell’estremità ovest, per la ricerca applicata e per le arti performative come estensione e completamento di ciò che è in parte prefigurato nella ex stazione Leopolda e nell’Auditorium. Mantenendo infine il sentiero erboso lungo il canale Macinante, fino al Barco e l’Indiano e da lì fino ai laghetti dei Renai di Signa. Si può immaginare come questo diverso scenario rechi un benefico alleggerimento al Parco delle Cascine, sempre più frequentato come parco naturalistico di cui l’area delle ex officine dovrebbe costituire un’ intelligente complemento, anziché un soggetto di saccheggio con la banalità della sua ottusa privatizzazione, ovvero ciò che la scheda del R.U. enuncia come “domanda di città.”

Ma un altro macroscopico errore del Regolamento Urbanistico approvato minaccia la città, per il quale il coordinamento di molti comitati cittadini riuniti hanno chiesto la moratoria e una fase di approfondimento partecipato. Naturalmente negato con disprezzo a mezzo stampa dall’Assessore Meucci che ha definito i comitati “ignoranti.”E’ la previsione insediativa di un numero impressionante di aree sportive e di due enormi aree per campeggio a ovest e a est della città, di un numero di parcheggi di cui ci sfugge completamente la ratio, in aree agricole e fin sulla riva dell’Arno. Vi sono 20.000 mq. di Superficie Utile Lorda, cioè di edifici in “atterraggio” perequativo, negli orti che ancora circondano la caserma Gonzaga (Lupi di Toscana).

Nella scheda Ata 06.08 si legge di un “insediamento (nuovo) relazionato al contesto (?) e non circoscritto al recinto” (della caserma), degno pendant della “domanda di città” invocata per le ex officine di Porta a Prato.

Non sono dunque i comitati ignoranti di queste previsioni, ma il Sindaco che altrimenti non avrebbe sbandierato il “non consumo di nuovo suolo” come vanto principe del R.U.C fiorentino. Le aree investite da questa massiccia urbanizzazione sono come occultate dalla mancata messa a disposizione di una carta completa e in scala dell’uso del suolo risultante dal Regolamento, che in rete è un mosaico esploso.

Le aree agricole anche se non coltivate sono di importanza primaria per l’assorbimento di CO2 del manto erboso e la loro conservazione resta il tratto più originale del paesaggio urbano di questa città.

Quanto ancora occorre ricordarlo alla Direzione urbanistica e all’Assessore, sig.ra Meucci che parla del brand Firenze come richiamo degli acquirenti stranieri i? (intervista a Repubblica del 1° aprile). Si è resa conto che tutta la riva destra dell’Arno viene investita di queste attrezzature, senza disegno e senza prospettive economiche se non quella di tant,i diffusi, probabili, futuri abusi edilizi? E che pensare della breve piana del torrente Mensola dove risalta la sproporzione tra le zone sportive previste, i parcheggi e l’esile, filiforme “parco fluviale.”

Anche in questo caso dobbiamo avanzare proposte antitetiche, coerenti con i principi del riuso, con la nuova legge regionale sul Governo del Territorio, con gli obiettivi della qualità urbana. Ogni previsione di trasferimento o di incremento deve collocarsi e conformarsi entro il territorio già urbanizzato. Quindi sia i campeggi sia le aree sportive possono essere pensati ad esempio dentro i perimetri di due, delle sette strutture militari che saranno cedute al Comune. La caserma Gonzaga dei Lupi di Toscana per il campeggio oggi previsto a Mantignano e la caserma Perotti la più grande, per il campeggio e per le aree sportive previste nel Quartiere 2, lungo il viale Dalla Chiesa. Sarà sufficiente aprire il recinto per avere la vista dei campi, trasformare le baracche in logge per ospitare ogni tipo di equipaggiamento, i servizi, le palestre e i campetti sportivi che potrebbero integrarsi ai campeggi. La stessa area di San Salvi con qualche padiglione potrebbe partecipare a una ridistribuzione funzionale di queste attrezzature pubbliche, concorrendo a salvarla da una vendita scellerata. La qualità ricettiva ne trarrebbe vantaggio dalla originalità dei luoghi e dalla capacità progettuale di un loro ridisegno nei limiti imposti. Non occorrono nemmeno nuovi trasporti pubblici: La linea 1 della tranvia lambisce la Caserma Gonzaga, due linee di autobus servono l’altra.

Tutte le migliori esperienze urbanistiche europee dell’ultimo secolo e mezzo si sono fondate sulla proprietà pubblica dei suoli. Oggi il suolo dev’ essere gelosamente conservato, validamente sostituito dagli edifici dismessi, dei quali una quota rilevante è di proprietà pubblica. Solo attraverso quest’ultima si può mettere in moto una stategia di trasformazione fisica ed economica virtuosa. Per questo diciamo che non deve essere venduta.

Conosco le obbiezioni che mi sarebbero mosse dagli amministratori pubblici attuali se solo avessero capacità di ascolto; credo anche che ci siano risposte praticabili per i casi raccontati. Si potrebbe cominciare con un approccio alla cultura della città più libera, meno subordinata e deferente alle ragioni che tiranneggiano l’immaginario dominante e le non scelte del R.U.C. Fiorentino.

*Roberto Budini Gattai urbanista, è attivo nel Comitato Piazza Brunelleschi e in perUnaltracittà