Gli interessi della cultura

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La protesta di sabato 7 maggio scorso a Roma per una cultura diversa ha portato in piazza la volontà di non sottostare ad una politica che stravolge radicalmente il concetto stesso di cultura a beneficio dell’immagine del premier e dell’interesse economico di pochi gruppi imprenditoriali. Il patrimonio diffuso e la cultura come bene di tutti nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione escono umiliati da questa riforma.

Ma vediamo meglio nei particolari cosa ciò significhi.

culturaLa legge Franceschini, come sappiamo, ha sancito la separazione fra patrimonio che rende e patrimonio che non rende (o comunque non abbastanza), scegliendo i venti musei nazionali con maggiori introiti e rendendoli autonomi. Però, ad oggi, di risultati positivi nei fatti se ne vedono pochi e la verità non detta è che molti dei musei prediletti dal nostro Ministro sono in una situazione di stallo e taluni anche di caos, vuoi per scarsa esperienza o attitudine di chi li dirige, vuoi per mancanza di personale.

Per dare un esempio concreto, a Firenze sono stati privati dei loro ruoli i Direttori della Galleria Palatina, di Boboli, del Museo degli Argenti, della Galleria di Arte Moderna, del Museo del Costume e delle Porcellane sostituiti tutti dal solo Direttore delle Gallerie degli Uffizi. Altrettanto dicasi del Bargello, sotto il cui Direttore ricadono ora le Cappelle Medicee, il Museo di Orsammichele, Palazzo Davanzati e Casa Martelli. Inoltre quasi tutto il personale di concetto dell’ex Polo Museale fiorentino è transitato agli Uffizi, lasciando gli altri Istituti in gravissima carenza, tanto per dimostrare che, anche fra i privilegiati, solo quelli ritenuti più idonei a creare consenso attraverso annunci spot possono ambire ad essere più privilegiati.

Invece, tutti i musei indistintamente hanno subito un danno capitale per aver visto recisa quell’unione vitale con il territorio di appartenenza, da cui traevano gran parte del loro senso più profondo e invano intellettuali di ogni estrazione hanno fatto appelli su questo punto. Il Ministro non ha risposto perché non poteva portare alcun argomento ragionevole a sua difesa.

Ma questa operazione di scissione non è stata fine a se stessa: dopo aver diviso ciò che rende da ciò che non rende, ora i tanto sbandierati sforzi economici si stanno concentrando esclusivamente su ciò che rende maggiormente, anche a livello di immagine, lasciando il resto in abbandono. E cosa è il “resto”?

Il resto sono i musei minori, cioè quelli, sempre di proprietà statale, non compresi nei venti supermusei dichiarati autonomi: sono andati a formare i così detti Poli museali territoriali, che coprono ognuno un’intera regione e sono stati lasciati estremamente scarsi di personale e di mezzi. Per essi vale ancor di più quanto si è detto precedentemente riguardo rapporto col territorio. Se infatti è da ciechi aver diviso gli Uffizi dalla città di Firenze, lo è ancora di più aver diviso la Pinacoteca di Siena dalla sua città e dalla sua campagna, luoghi degli occhi e dell’anima a cui la collezione fa riferimento continuo e quasi esclusivo.

Gli Uffizi hanno fatto la parte del leone anche nel campo del restauro, stipulando un accordo che riserva a loro gran parte delle risorse dell’Opificio delle Pietre Dure. A ruota il Gabinetto di restauro dell’ex Polo Museale fiorentino sta passando anch’esso alla Galleria degli Uffizi, dopo aver sempre servito ugualmente i grandi musei come i piccoli e anche il territorio. I Poli Museali territoriali sono quindi condannati a languire.

Poi ci sono le biblioteche, destinate a sorte analoga: è stato lasciato un capo con qualifica di Dirigente soltanto alle poche già autonome, mentre tutte le altre avranno un semplice Direttore. Fra quelle così “declassate” a Firenze ricordiamo la Biblioteca Laurenziana, la cui importanza non è necessario ribadire a chi mastica un po’ di cultura. La decisione si è resa necessaria, evidentemente, per tentare di pareggiare il bilancio messo in crisi dalle assunzioni dei venti manager di cui sopra. A ciò si deve aggiungere una esiziale mancanza di personale, tanto che la Biblioteca Marucelliana ha dovuto darsi un Direttore della carriera amministrativa. Il Ministero dice che farà fronte con il concorso recentemente bandito. Ma non è così, perché le assunzioni del nuovo concorso dovranno essere assorbite, per intero o quasi, nell’organico delle soprintendenze archivistiche, costrette a dotarsi di bibliotecari a seguito del passaggio nelle loro mani della competenza sui beni librari, tolta alle Regioni. Di questo passaggio proprio non si vedeva la necessità ed è fuor di dubbio che non sia affatto funzionale al migliore utilizzo delle cosiddette risorse umane. Anche in questo caso annunci confusi e informazioni parziali fanno credere ciò che oggettivamente non è. Tutte le biblioteche, comunque, hanno ricevuto dal Ministero il ridicolo invito a dotarsi di spazi museali atti anche alle esposizioni temporanee, per fare cassa.

C’è infine il territorio, termine con cui si intende tutto il patrimonio non musealizzato, cioè quello di proprietà ecclesiastica (enorme e di enorme valore), di enti pubblici come Comuni e Regioni, e infine il patrimonio privato notificato. E’ l’architettura, anche quella spontanea, ed è il paesaggio. E’ il patrimonio che più sta a contatto quotidianamente e naturalmente con la popolazione, quello che chiunque si abitua a conoscere e apprezzare ogni giorno, anche inconsciamente, quello a cui è attaccato d’istinto e sente come parte della sua esistenza. E’ per gran parte il vero educatore e formatore della sensibilità comune. Tutto questo importantissimo coacervo di oggetti, luoghi ed opere d’arte resta ancora da normare definitivamente, ma sappiamo tuttavia già che passerà sotto le Prefetture, grazie alla legge Madia.

Al nostro Ministero, evidentemente, non interessava promuovere il territorio per trarne un utile diretto, come sta facendo con i grandi musei, ma non era possibile neppure abbandonarlo a se stesso, come i musei minori, perché il territorio contiene due elementi strategici per il buon esito dei mega progetti di grande impatto economico previsti dallo Sblocca Italia: il patrimonio conservato sotto il suolo e l’ambiente.

Proprio su questi punti cruciali il Ministero è già intervenuto con due contestatissimi atti: l’abolizione delle Soprintendenze Archeologiche e l’introduzione del silenzio-assenso per le questioni paesaggistiche. Preparati così gli strumenti normativi, restava da garantire un forte controllo ed ecco perché si è equiparata la tutela all’ordine pubblico e si è previsto di passare tutto il pacchetto ai Prefetti. Ma chi la tutela degli oggetti d’arte l’ha esercitata e la conosce a fondo sa bene che essa talvolta esige di prendere decisioni impopolari, cosa che la politica aborre, perciò nessun Prefetto sarà in grado di esercitarla liberamente, anche qualora lo volesse. Il territorio rischia quindi di non essere tutelato, ma sfruttato in funzione di interessi altri.

Ci dicono che per la prima volta sono aumentati i fondi per la cultura. Di cosa ci lamentiamo, allora? Del fatto che aver concentrato tutti i beni più importanti nelle mani di poche persone strettamente dipendenti dal Ministro, indebolisce democrazia, pluralità di vedute e libertà di espressione. Del fatto che i denari così gestiti ingrassano i privati e impoveriscono il Paese compromettendone il futuro. Se la cultura come arricchimento e crescita intellettuale dell’essere umano non ha più cittadinanza, chi vuole ne prenda atto e chi non vuole si prepari a scendere ancora in piazza.

*Franca Falletti,  storica dell’arte, ha diretto fino al 2013 la Galleria dell’Accademia di Firenze

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Franca Falletti

Franca Falletti è nata e vissuta a Firenze. Laureata in Storia dell’Arte medioevale e moderna presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze con Roberto Salvini e Ugo Procacci e perfezionata nella stessa materia e presso la medesima facoltà, ha inizialmente svolto attività di libera professione collaborando con studiosi e Istituzioni nel campo della ricerca, della catalogazione e della didattica. Dal giugno 1980 funzionario direttivo della Soprintendenza per i beni artistici e storici delle province di Firenze, Pistoia e Prato, dal dicembre del 1981 è stata vicedirettrice della Galleria dell’Accademia e dal marzo 1992 Direttrice del medesimo museo fino al 28 febbraio 2013.

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