Nella frenesia compulsiva del vendere il vendibile, il Comune di Firenze ha cercato di vendere
anche l’invendibile. Ora lo dice anche il TAR: gli alloggi di via dei Pepi sono case popolari, alloggi
ERP, e come tali soggetti a specifiche norme e modalità di gestione e di alienazione:
solo se inseriti in un piano di vendite approvato dal consiglio regionale, solo agli assegnatari, e solo destinando il ricavato al reinvestimento in ERP. Caso che comunque non si pone, perché quegli alloggi non sono inseriti nel piano di vendita dell’ERP: il comune voleva fare tutt’altro, venderli ad un fondo di investimento, ricavarne un bel po’ di soldi da poter gestire in autonomia, destinati – guarda un po’ – a finanziare le grandi opere. L’ovvio corollario, vista anche l’appetibilità della zona, era l’espulsione dei residenti, già parzialmente avvenuta, e la realizzazione da parte degli investitori dell’ennesimo luogo destinato alle fasce alte o altissime della domanda, alloggi di lusso, residence a millemila stelle, o similia.
La sentenza del TAR è esplicita e inequivoca, oltre che rappresentare un sonoro schiaffone
all’arroganza del comune: si afferma infatti non solo che è innegabile che quegli alloggi siano ERP, e lo siano sempre stati, per più di un motivo, contraddicendo in pieno le affermazioni di Nardella e co. Che con leggerezza e supponenza sostenevano il contrario, ma anche che il Comune, chiamato a sostenere le proprie ragioni con appropriata documentazione, non abbia fornito alcunché di utile alla causa (sua). Per una analisi dettagliata della vicenda amministrativa vedi il bell’articolo di Stefania Valbonesi e la videointervista a Giuseppe Cazzato, inquilino di Via de’ Pepi .
Insomma una bella notizia, e non solo per il ricorrente, un assegnatario che volevano spostare in
qualche landa periferica, e che vede riconosciuti i propri diritti. E’ una bella notizia per l’ERP, da
lungo tempo in fondo, o direttamente fuori dalle agende politiche di amministratori e governanti, e che qualcuno voleva pure cominciare a saccheggiare. Ma è anche, forse soprattutto, una bella
notizia per la città. Perché è un pur piccolo inceppamento dell’ingranaggio infernale che sta
stritolando Firenze, come altre città: la massima valorizzazione finanziaria dello spazio urbano in
chiave ferocemente neoliberista, con una spietata visione classista della città e, naturalmente, della società nel suo insieme. La città come luogo di separazione, con le aree più appetibili destinate alle elites e alle classi più abbienti, siano turisti o residenti (pochi), o seconde case per ricchi stranieri, che fa tanto chic avere un pied a terre in centro nella “città più bella del mondo”. Tutti gli altri fuori, fuori dal centro, e soprattutto fuori dalla vista, che si sa i lavoratori, i giovani precari, i poveracci, i proletari rovinano l’ambiente, così pittoresco. D’altra parte l’assessore Gianassi l’aveva detto con agghiacciante chiarezza: quegli alloggi non hanno le caratteristiche per essere case popolari. Ora, tolta l’ipotesi che ci siano particolari requisiti che differenziano l’ERP dalle abitazioni “normali”, quella frase non può che significare che sono in una posizione troppo bella e ricercata per avere quella destinazione.
E’ una bella notizia per tutti perché ci consente di riprendere l’iniziativa per rivendicare il diritto a
una città che sia abitata e non sfruttata e ridotta a merce in una vetrina di lusso, inclusiva e aperta e non esclusiva e gretta, in cui contino le relazioni e non le transazioni finanziarie. Per tutto questo dobbiamo conquistarci una città profondamente diversa da quella immaginata dalla banda Nardella.
E visto che si parla tanto di sicurezza, e che il pensiero unico imperante pare capace di declinarla
solo in termini di più polizia, magari l’esercito, più controllo e repressione, noi pensiamo, come ha bene evidenziato Ilaria Mugnai candidata di Potere al Popolo a Firenze, la vera sicurezza sono un lavoro e una casa per tutti (anche in centro!), il vero decoro è la solidarietà.
perUnaltracittà
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Una goduria infinita, alla faccia del pupazzo nardelliano.