Laura Grandi è segretario generale del Sunia di Firenze, abbiamo parlato con lei della situazione casa a Firenze, di affitti brevi, edilizia popolar e molto altro.
Come Sunia insieme a Progetto Firenze avete aperto lo sportello ‘Questo condominio non è un albergo’ dedicato a chi a Firenze vive in palazzi quasi interamente dedicati agli affitti brevi. Come sta andando e qual è per voi lo scopo di questo sportello?
Come Sunia siamo da sempre dalla parte di chi non trova casa a Firenze. Ormai anche per chi riesce a trovare una casa in affitto i prezzi sono altissimi. Il mercato a Firenze era già problematico, gli affitti brevi hanno reso la situazione ancor più esplosiva. Abbiamo cominciato a ricevere email e telefonate da parte di proprietari e inquilini che abitano in condomini che ormai sono alberghi diffusi. Le problematiche sono tante: dai costi di manutenzione che lievitano all’insicurezza percepita con un via vai di persone a ogni ora del giorno e della notte, ma soprattutto riscontriamo difficoltà dal punto di vista umano. Le persone si trovano a non avere più rapporti con gli altri condomini che sono sempre diversi, non c’è più una comunità di persone. Per questo abbiamo deciso di aprire uno sportello e cominciare a raccogliere tutti questi racconti e tutte le problematiche. Le persone ci fanno dei racconti fotocopia: appartamenti che si liberano perché i vecchi inquilini muoiono e i proprietari sempre più spesso destinano la casa ad affitti brevi. A quel punto iniziano i problemi: il caos ad ogni ora del giorno e della notte, lo snaturamento della vita in comune. In molti casi i vicini non riescono più nemmeno a dormire per la confusione, spesso si rivolgono ad un avvocato perché non riescono a risolvere il problema. Di tutte le persone ricevute una solo abitava nel centro storico in via degli Alfani, mentre gli altri casi provenivano da piazza Puccini, San Jacopino, via del Bronzino, anche da Quaracchi. Ormai questo problema non riguarda più solo il centro.
Al momento stiamo raccogliendo un buon numero di segnalazioni per poi rappresentarle anche dal punto di vista legale, per noi è anche un modo per far pressione sull’amministrazione. A livello urbanistico secondo noi qualche leva per evitare che i condomini diventino alberghi diffusi ci sarebbero ancora, è necessario intervenire prima che sia troppo tardi.
Girano pubblicità anche sui social che invitano ad investire sugli affitti brevi, mettendo a confronto il guadagno di un anno di affitti brevi con quello di un affitto residenziale. Oltre al desiderio di guadagnare più soldi c’è anche una vulgata che ormai ha preso piede ovunque e in tutte le classi sociali, ovvero che con l’affitto residenziale l’inquilino finisce per non pagare e il proprietario si trova privato della casa e costretto a pagare tutte le spese. Qual è la tua esperienza rispetto a questo?
Noi quasi tutti i giorni siamo presenti sugli sfratti: lo ero stamattina, lo sarò domani, e dopodomani. Posso dire di non aver mai visto uno sfratto con forza pubblica per una morosità per affitti inferiori ai 750 euro, accade sempre per affitti molto alti. Ovviamente è legale, l’affitto è libero e ognuno decide come vuole, ma in una situazione come questa, affittare a quelle cifre è come giocare in borsa: ti può andare bene e trovi quello che ti paga, oppure ti può andar male e la persona smette di pagare. Basta perdere il lavoro, basta un problema di salute. C’è stato un grosso aumento delle morosità a seguito del Covid perché tante persone hanno avuto problemi a ripartire con il lavoro, molti lavoravano a nero.
Gli sfratti a Firenze sono tanti, 2400 all’anno ma c’è un numero di contratti d’affitto altissimo, quindi il rischio c’è, ma è un rischio calcolato. Diciamoci la verità, sono molti di più gli affitti a nero, illegali. La soluzione è affittare a un prezzo accettabile e comunque oggi nel giro di 9 mesi si rientra in possesso della casa. Per esperienza dico che è una percentuale minima, meno del 4% dei contratti stipulati.
Il rischio per chi stipula affitti a lungo termine è una scusa; la verità è che convengono di più gli affitti brevi e che non interessa il valore sociale della casa.
Ormai la situazione abitativa a Firenze sembra del tutto fuori controllo, secondo te è ancora possibile trovare delle soluzioni?
Per me il primo nodo è l’edilizia pubblica, ci vorrebbe una pianificazione ordinata e ragionata. Prima di tutto dovrebbe partire una politica di recupero immediato degli alloggi sfitti: a Firenze sono 800, nell’area metropolitana 1400. Vi è un rilascio altissimo, perché stanno morendo molti inquilini che sono entrati nelle case popolari negli anni ’80. Non conosco il dato ufficiale ma siamo intorno ai 200-250 rilasci l’anno, che vuol dire altrettante case vuote anno dopo anno senza le risorse per ristrutturarle, soprattutto se si sta ad aspettare che arrivino dallo Stato. Nel 2023 non sono stati previsti nemmeno dalla Regione, stiamo cercando di capire il perché. Quando arrivò Giani, nel 2020, fece un piano triennale: 10 milioni l’anno per le ristrutturazioni, è scaduto a dicembre 2022, ma ad oggi non è stato rinnovato. Non ci risulta che abbiano reiterato questo fondo.
Le liste d’attesa a Firenze sono 2200 circa con tante persone che ormai non fanno nemmeno domanda. Il Comune di Firenze continua a ribadire di aver messo nelle case popolari 2 milioni di euro, ovvero hanno ristrutturato 300 alloggi. 2 milioni di euro nella situazione attuale non bastano, ne servono perlomeno 6 dal Comune più 2 dalla Regione. A quel punto con 8 milioni di euro ogni si riuscirebbe a ripristinare un turnover decente e decoroso di alloggi pubblici che si liberano e che devono essere raffittati. Ma non solo per l’emergenza. Firenze è uno dei luoghi dove nell’edilizia pubblica c’è ancora un buon tessuto sociale e un buon livello di manutenzione, in generale un contesto ancora accettabile. In pochi altri luoghi è così, forse in Emilia Romagna a Bologna.
Se si esce da questo territorio gli alloggi pubblici sono una disgrazia e c’è da chiedersi come potrà essere il futuro dell’edilizia pubblica. Basta andare nell’Empolese Val d’Elsa dove c’è un altro ente gestore e la situazione è tutt’altra: manutenzioni non fatte e risorse mancanti, si sta lasciando andare tutto. Oppure pensiamo a Roma o a Milano, la sensazione è che ormai non sia più possibile ribaltare la situazione, perché è stata trascurata per troppo tempo. Qui siamo ancora a un livello accettabile, ma siamo sul crinale e si rischia di scendere. E, come sappiamo, la discesa è molto più veloce della risalita.
Bisognerebbe stare attenti ad assegnare gli alloggi di edilizia popolare a quel mix sociale di lavoratori e di casi sociali. Questo è importante perché dal punto di vista sociale dobbiamo cercare di tenere tutto insieme, altrimenti l’edilizia pubblica diviene esclusivamente il luogo dei casi sociali, ma l’autonomia abitativa non coincide per queste persone con la risoluzione dei loro problemi. Se mettiamo dentro gli alloggi popolare tutti i casi psichiatrici e casi sociali che poi non vengono più seguiti, ci si ritrova in un contesto difficile. È importante avere invece un mix all’interno delle case popolari, perché questo permette di mantenere un contesto di aiuto tra le persone. Per esempio grazie nelle autogestioni si sono formate reti sociali, ma entro i prossimi 5 anni si dovrebbe dare una mano alle autogestioni, perché le nuove immissioni portano con sé problemi diversi rispetto a quelli che c’erano vent’anni fa. C’è bisogno anche di un’idea diversa per farle vivere e per aiutare chi ci abita dentro.
Secondo me gli alloggi pubblici, le case popolari sono la risposta migliore ai problemi abitativi. Poi se vogliamo fare del social housing nei cosiddetti contenitori vuoti, facciamolo però pensiamo a chi deve andarci a vivere, se faccio un social housing a 650 euro di affitto al mese più 130 euro di condominio, una famiglia con 9.000 euro di Isee non ce la fa a pagare 780 euro al mese per la casa.
Ma nei contenitori vuoti non si potrebbero fare alloggi di edilizia popolare?
Certo, dovremmo farci edilizia popolare, per esempio ai Lupi di Toscana ci sarebbe tanto spazio per fare degli alloggi sociali ERS o ERP. Penso a quello che si poteva fare, ormai non più, alla Manifattura Tabacchi. Penso a quello che si potrebbe fare e forse ancora siamo in tempo, alle Officine Grandi Riparazioni, luoghi dove c’è tanto spazio per ERS ed ERP. I 40 alloggi ERS del Meccanotessile e i 16 di Santa Maria Novella sono numeri piccoli rispetto a quello di cui ci sarebbe bisogno. Dopodiché si possono fare alloggi sociali, ma il grande problema è calmierare il prezzo degli affitti: ci sarebbe da intervenire sulla legge nazionale sia per regolamentare gli affitti brevi, sia, in questo momento storico, per dare una stretta al prezzo degli affitti. Mai tante persone si sono rivolte a noi come in questo periodo, quello che cercano è una casa, un luogo per vivere. Quello che è difficile è organizzarli per una protesta. Le persone si sentono isolate, ormai la casa si porta via una buona parte del reddito, le persone devono spendere più del 50% del loro reddito per l’abitare, ma c’è una difficoltà non solo nostra a convogliare la rabbia. Ormai è divenuto normale, ma per me non lo è. Queste famiglie potrebbero investire i soldi in altro: per far studiare i figli, per andare al teatro o al cinema. Ci sono cose belle nella vita e si dovrebbe poter scegliere di investire i soldi in maniera diversa. Il problema è la politica.
La sensazione è che ci sia un rimpallo di responsabilità: la giunta aspetta il governo, il governo sta fermo. Poi c’è la Regione che ha le deleghe alle politiche abitative. Qual è la tua idea, non si interviene o si interviene non adeguatamente, perché non ci sono gli strumenti oppure manca la volontà?
Secondo me c’è stata una disabitudine della politica ad occuparsi di questi temi, per anni si è pensato che il tema della casa fosse legato solo ai senza casa, con l’idea che l’Italia fosse ormai un paese di proprietari. Il problema della casa era percepito come residuale anche a livello nazionale. Sono state fatte politiche soltanto per l’acquisto, la politica non ci ha messo la testa, né la voglia, i partiti adesso si trovano con questo problema sociale in mano. Gli studenti mettono le tende e scoppia il caso, ma il problema c’era già e i politici lo sapevano. Il sindaco di Firenze invece di decidersi a costruire un certo numero di alloggi ha dato alla Ministra Bernini una lista di dieci luoghi dove si possono fare studentati, ma questa non è una risposta al problema. La situazione a Firenze è talmente compromessa che ormai non si trova casa in tutta l’area metropolitana se non a prezzi altissimi. Noi avevamo proposto di intervenire sul testo dell’urbanistica per individuare due sottocategorie residenziali e non residenziali perché i comuni potessero dare facoltà di passare da residenziale a ricettivo, ma ci è stato risposto che non si poteva fare. I comuni dove c’è da intervenire con alloggi sociali non lo fanno. Si è pensato agli studentati per gli studenti stranieri, ma il problema principale in questa città sono le famiglie, i lavoratori.
Per concludere un altro tema importante che ora sta emergendo è che dopo la pandemia ci sono stati tanti pignoramenti immobiliari, la Toscana è la seconda regione come numero di pignoramenti. Tanti proprietari stanno perdendo la propria casa, questo perché sono state costretti a comprarsi casa visto che non trovavano un affitto. Hanno acceso dei mutui spalmandoli su trent’anni perché veniva una rata più bassa del dell’affitto. Chi subisce un pignoramento immobiliare finisce fuori casa, ma non è che queste persone finiscono tutte in mezzo a una strada perché alla fine magari trovano una soluzione, li aiutano i genitori o i familiari, ma sono comunque fallimenti pesanti per chi li subisce.
Se io fossi un politico mi preoccuperei della vita dei cittadini, mi preoccuperei che possano avere una vita degna di essere vissuta e trovare una soluzione abitativa decorosa per i redditi medio bassi sarebbe un passo fondamentale in questa direzione. Lo ripeto, si dovrebbe intervenire sul mercato degli affitti, ma è chiaro che non succederà mai con questo governo. È questa destra che ha fatto fallire la riforma del catasto, quella era una questione di giustizia che ci sta chiedendo anche l’Europa. Ma se questo governo non farà mai niente di simile mi piacerebbe che ci fosse una parte politica che si fa carico di tutti i problemi di questa fascia di popolazioni. Ad oggi queste persone non si sentono più rappresentate da nessuno.
Francesca Conti
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