Nel presentare il progetto di “rigenerazione urbana” dell’area ex Officine Grandi Riparazioni il sindaco di Firenze Dario Nardella e l’amministratore di FS Sistemi urbani hanno usato un termine che richiamava la sigla OGR, definendo l’operazione “Rinascimento”, chiarendo già nel nome la riproposta di una città fossilizzata e poco viva. L’operazione si concretizzerebbe in cementificazione ulteriore, saturazione con edifici dell’ultimo “spazio vuoto”, senza prevedere, come sarebbe auspicabile, la Restituzione alla cittadinanza di uno spazio da dedicare alla rigenerazione urbana reale, con restituzione alla vita naturale del suolo e conseguenti spazi verdi messi a disposizione della libera fruizione per un’attività sia fisica che culturale. Ne ha parlato diffusamente Roberto Budini Gattai nell’articolo Ex Scali ferroviari, anche a Firenze l’interesse pubblico è vinto dalla speculazione, e più di recente in Area Officine Grandi Riparazioni: “lamento” per il funerale che verrà.
Su queste prospettive i comitati e le associazioni della zona compresa fra viale Belfiore, il Mugnone e il Canale Macinante, riuniti sotto la sigla “4 Luoghi”, hanno da anni fatto proposte e hanno presentato di recente (il 29 settembre 2020) alla Direzione Urbanistica del Comune di Firenze un “Contributo alla formazione del Piano operativo del Comune di Firenze”. La proposta prevede come elemento principale il recupero di aree in dismissione con lo scopo minimo di raggiungere la quantità di aree verdi spettanti per legge alla popolazione lì residente, oggi disponibili solo per il 50% del dovuto. Su questo si vedano Dal rione di San Jacopino-Porta a Prato, a Firenze, Cosa c’è di nuovo a San Jacopino, Fiorenza, che al quartiere San Jacopino volta le spalle.
L’aspetto fondamentale che la parola Rinascimento dichiara è una costante di Firenze da decenni: la fossilizzazione in un’immagine della città rimasta a quel tempo, a fini meramente turistici, che può quindi permettersi di espungere tutto quello che ha invece formato la città fino ad ora. Cosi nel frattempo è quasi del tutto scomparsa la Firenze degli ultimi due secoli, i luoghi che hanno segnato lo sviluppo industriale e le lotte di donne e uomini per una migliore condizione di vita. Tuttalpiù la memoria di questi avvenimenti viene delegata ai privati che su quelle aree e quegli avvenimenti costruiscono non una memoria scientificamente accertata, ma finalizzata all’uso commerciale dell’operazione che deriva dall’acquisto di quei luoghi. La Manifattura Tabacchi ne è un esempio lampante, ma sicuramente l’ex Fiat e la Galileo ci permettono di leggere ancor meglio questi processi di interazione fra pubblico e privato nell’eliminazione sia della fisicità che della mancata valorizzazione del genius loci di questi insediamenti industriali.
L’ex area Fiat ha salvato solo la torre dell’ex centrale, per la quale si discute ora di come renderla contemporanea, auguriamoci che ciò avvenga almeno con il contributo anche di qualche scienziato della memoria storica che possa recuperare la storia dell’area e di chi ci ha vissuto.
Almeno l’area della Galileo, per la sua lunga storia di industria meccanica di precisione, poteva essere salvata e presa a simbolo sia delle capacità imprenditoriali che della manovalanza specializzata che ha permesso a questa azienda di essere una delle più importanti nel campo; ma è stata, nell’area fiorentina, anche l’azienda simbolo delle lotte operaie, del radicamento e identificazione molto spesso fra partiti della sinistra e sindacati che hanno caratterizzato il secolo scorso. Il momento finale di questa storia più che centenaria di specializzazione e alta qualità sia produttiva che di mestiere, unita a una presenza nella vita civile di molta parte della popolazione operaia, rappresenta in maniera plastica quello che è successo a molti dei luoghi che, invece di diventare luoghi di documentazione di quella storia, attraverso il salvataggio e la riconversione ad aree museali moderne, sono state distrutti, sacrificati alla ricostruzione di una città cresciuta senza alcun rispetto per il passato, soprattutto di quello prossimo. Così oggi la Galileo, fabbrica in mano a capitale straniero ha ricostruito un museo all’interno della nuova sede nell’area metropolitana, ma, naturalmente, valorizzando solo i “prodotti” di eccellenza sfornati in più di un secolo di storia, da quelle maestranze cancellate dalla logica della mondializzazione.
Nell’area ex OGR si presenta ora l’opportunità di un Risarcimento alla popolazione non solo in termini di area verde ma anche di risarcimento per la distruzione di manufatti del processo di industrializzazione dell’area fiorentina e della memoria storica dei lavoratori e delle loro lotte. La storia delle ferrovie e dei ferrovieri che in quest’area hanno avuto momenti importanti di realizzazione sparirebbe del tutto se il progetto di Rinascimento avesse esito positivo. Auguriamoci che anche quest’asta, al massimo ribasso, con l’Amministrazione Comunale completamente disponibile per gli interessi della proprietà, vada deserta e si possa avviare una nuova stagione per il futuro di Firenze.
In quel caso il Comune potrebbe esercitare il diritto di prelazione e, sempre nella logica del risarcimento ai cittadini, farne un progetto di rigenerazione naturalistica e culturale pilota. Potrebbe essere utile mettere gli occhi sui bandi europei Horizon Europe 2021-27, che hanno come obiettivi prioritari: salute e ambiente, rigenerazione culturale, integrazione; ci potrebbero essere molte possibilità di concorrere ai bandi e ottenere i soldi necessari per progetti che potrebbero generare un vero Rinascimento per come la parte più sana della popolazione mondiale intende ormai questo termine: rigenerazione delle società dove la popolazione sia al centro delle politiche di valorizzazione dell’ambiente, della qualità di vita, dell’eliminazione delle disuguaglianze in tutti i campi, a partire da quello economico.
Il recupero, o meglio la restituzione all’uso pubblico, dell’area ex OGR potrebbe divenire l’occasione per realizzare uno spazio dedicato alla storia della ferrovia Leopolda, delle Officine Grandi Riparazioni e dei ferrovieri dell’area fiorentina e toscana. Il luogo si presterebbe alla realizzazione di un museo che ricostruisca la storia di una delle prime ferrovie italiane, la Leopolda, che, iniziata a Livorno nel 1844, raggiunse Firenze nel 1848, proprio nel luogo dove ancora insiste una piccola parte della stazione Leopolda. Utilizzando i manufatti che non possono essere abbattuti, ma anche carri ferroviari e altro materiale già presente in loco, potrebbe nascere un percorso museale attraverso materiale ferroviario, video, foto, ricostruzioni, ecc. per visite delle scolaresche e della cittadinanza.
Collegato alla storia della ferrovia Leopolda esiste a Firenze un palazzo di pregio dell’Università, Palazzo Fenzi (con affreschi notevoli e locali di pregio notificati alla Sovrintendenza e oggetto di tour culturali), in via Sangallo 10. Ebbene, lo stemma sulla facciata del palazzo è proprio una locomotiva, visti i forti investimenti che la famiglia Fenzi mise nell’opera della Leopolda. Si potrebbe realizzare anche un progetto di tour turistico/culturale, unendo una visita al Casone dei ferrovieri e alle altre strutture (abitative e sportive) esistenti in zona Porta a Prato – Cascine dove dovrebbe nascere la struttura museale centrale.
Il 2021 sarà il centenario dell’uccisione per mano fascista di Spartaco Lavagnini, il segretario regionale toscano del Sindacato Ferrovieri, un’occasione per ricordare in maniera adeguata il contributo dei ferrovieri alle lotte per l’emancipazione e contro lo sfruttamento dei lavoratori per tutto il Novecento, ma soprattutto il contributo dei ferrovieri fiorentini nella lotta antifascista durante il ventennio e il periodo della Resistenza. Il ruolo del nodo ferroviario fiorentino e della ferrovia che conservò a lungo il tracciato della Leopolda fu importante per la lunga resistenza al fascismo, per l’espatrio di chi rischiava non solo il carcere e il confino, ma di essere ucciso per mano fascista. Anche il trasferimento di molti antifascisti verso la Spagna durante il periodo 1936-39 vide Firenze come stazione importante di passaggio proprio per la possibilità sia di imbarchi clandestini a Livorno che per raggiungere in ferrovia la frontiera con la Francia.
Firenze, con Bologna, fu sempre un nodo centrale della rete ferroviaria e quindi dei collegamenti Nord/Sud, prima della creazione dell’autostrada del Sole. Sarebbe meritevole che questo ruolo fosse valorizzato con un percorso museale nell’area ex OGR che fu il luogo della prima stazione ferroviaria di Firenze, un luogo che, fra altro, potrebbe trasmettere alle nuove generazioni il senso di un passato che non può continuare ad essere rimosso, sia in senso fisico che della memoria viva.
*Adriana Dadà
Adriana Dadà
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