“I signori delle città”: un’inchiesta sul potere e i segreti delle fondazioni

L’oscuro mondo delle fondazioni bancarie, finalmente, è stato posto sotto i riflettori da un’inchiesta che ne ha definito i contorni e ne ha reso visibile il potere, pervasivo e poco conosciuto.

In mezzo alla crisi del sistema economico e creditizio, il loro ruolo nella vita delle città è sempre più determinante: i presidenti gestiscono ingenti patrimoni in maniera autoreferenziale e spesso si sottraggono alle più elementari forme di controllo democratico.

Non a caso il titolo del libro che condensa i risultati di questa inchiesta è I signori delle città (autori Di Nunzio e Gandolfo) con riferimento proprio a quel club di 88 presidenti, tante sono le fondazioni italiane, “veri e propri monarchi assoluti” cui è lasciata la facoltà di gestire, spesso in maniera spregiudicata, un ingente patrimonio collettivo, valutato intorno ai 40 miliardi di euro.

Seguendo le tracce degli autori scopriamo che le fondazioni, istituite nei primi anni novanta per privatizzare le banche pubbliche, sono soggetti privati che ne hanno incamerato il patrimonio, ossia di proprietà delle popolazioni locali che lo hanno accumulato nel corso dei decenni e dei secoli tramite le casse di risparmio, i monti di pietà, i lasciti e le donazioni.

La sostanziale opacità del mondo delle fondazioni è da ricercare proprio in questa ambiguità costitutiva: beni comuni della collettività, che andrebbero preservati nel tempo, gestiti però da organismi privati che non devono rendere conto a nessuno. Cosa c’è di democratico in tutto questo? Nonostante le fondazioni fossero nate per liberare le banche pubbliche dalla stretta soffocante dei partiti, i tenaci autori della ricerca ci fanno toccare con mano la loro mutazione in cinghie di trasmissione del potere politico locale.

Questo libro ci offre un quadro complessivo delle molteplici attività delle fondazioni che, in molti casi, continuano a controllare le banche di riferimento, anche se non potrebbero più farlo, e comunque finiscono poi per essere coinvolte nei loro disastri finanziari, vedi il caso eclatante del fallimento del Monte dei Paschi di Siena, ampiamente documentato nel libro.

Sebbene la loro natura no profit le costringa a reinvestire i profitti in opere di carattere sociale nei territori in cui operano, è molto forte la tentazione di costituirsi in una sorta di “governo ombra” delle città.

In questi tempi di vacche magre le amministrazioni comunali dipendono dalle loro elargizioni, dai loro progetti di intervento nella realtà locale cui non potrebbero far fronte.

Ecco quindi il ricorso alle prebende dei presidenti, dei loro amici e congiunti, in grado di decretare il successo di un’amministrazione comunale, di una cordata politica, di un determinato gruppo di pressione più o meno radicato nella realtà locale. Certo non tutte operano in questo senso, ci sono degli esempi lodevoli, ma la tendenza autocratica sembra prevalere, visto il carattere privatistico della gestione dell’originario patrimonio collettivo. Da notare che i componenti degli organi di gestione e di controllo delle fondazioni e delle loro società strumentali, non sono eletti ma cooptati per affinità politica, lobbistica ed anche parentale.

Scopriamo che il potere di questi istituti è ovviamente in grado di influenzare la politica creditizia delle banche sottese, di indirizzare finanziamenti selezionando i settori economici da promuovere e sostenere, di determinare la politica culturale di intere regioni, al di fuori di ogni controllo se non quello molto distante del Ministero dell’Economia e Finanza (MEF).

Vi pare poco?

Come sostengono gli autori dell’inchiesta, “la gestione del credito” è potere e la ragnatela delle fondazioni bancarie ne è la manifestazione più evidente.

Al di là della retorica dominante che indugia sul carattere solidaristico delle fondazioni, l’inchiesta di Di Nunzio e Gandolfo ci pone di fronte a domande scomode puntualmente ignorate dai signori delle città: chi decide gli investimenti e i finanziamenti? Chi gestisce e controlla gli appalti? Quali sono gli intrecci tra economia e politica?

Gustosa la carrellata antropologica che ci consente di conoscere da vicino “gli imperatori del non profit”, i tanti presidenti sul ponte di comando delle fondazioni, gli abusi, gli sprechi, le speculazioni e i loro compensi da capogiro.

I due bravi giornalisti sottolineano che, vista l’inaccessibilità degli atti delle fondazioni, la loro inchiesta non sarebbe stata possibile senza i whistleblower, gli spifferatori che, dall’interno di questo impenetrabile mondo, hanno cominciato a far filtrare all’esterno notizie di cui difficilmente saremmo venuti a conoscenza. La piattaforma IrpiLeaks, da loro utilizzata in questo senso, può essere un efficace strumento da tenere presente per la condivisione di informazioni sensibili in maniera sicura e anonima.

I signori delle città è un affascinante esempio di giornalismo di inchiesta che i due redattori hanno condotto con tenacia e coraggio. Un tema noiosissimo che Di Nunzio e Gandolfo sono invece riusciti a trattare in maniera leggera e accattivante, non rinunciando per questo alla serietà della documentazione e della ricerca.

Un omaggio al desiderio di verità e di giustizia, oggi sempre più necessario.

*perUnaltracittà – laboratorio politico