Nardella cambia rotta o cambia lavoro?

  • Tempo di lettura:4minuti
image_pdfimage_print

Le dichiarazioni del sindaco di Firenze Dario Nardella sugli aeroporti toscani, cui sono seguiti i commenti dei sindaci di altre città toscane, forse segnano un piccolo cambiamento di rotta nella politica regionale; cambiamento piccolo, diremmo minimo, perché i fondamenti della non-politica dei trasporti restano gli stessi: mancanza di ogni pianificazione e sudditanza agli interessi del business.

La prospettiva di lasciare Pisa come aeroporto principale della regione potrebbe essere finalmente una resa all’evidenza dei teoremi della geometria euclidea che hanno dimostrato che un aeroporto nella Piana non c’entra nemmeno a pigiarlo, nemmeno con le semplificazioni legislative elucubrate da Toscana Aeroporti SpA e PD; ma forse il cambiamento di rotta è dovuto anche a calcoli di alta politica politicata.

Il terzo mandato come sindaco di Firenze si fa un po’ difficile e allora bisogna guardare a cosa offre il futuro: il posto di Eugenio Giani quando avrà finito il suo mandato? O forse un posto in Parlamento? O qualche sottosegretariato ministeriale? Il curriculum che può vantare il sindaco è di spessore, per come ha contribuito a governare una città come Firenze, preda di interessi speculativi e finanziari, di come sta contribuendo alla privatizzazione di ogni servizio in vista di un monopolio privato che chiamano multi-utility.

Al di là della mera cronaca di dichiarazioni e controdichiarazioni a suon di luoghi comuni dei vari soggetti (tutti vogliono la TAV, ci vogliono grandi opere per rilanciare, infrastrutture per la ripresa…) la prospettiva è sempre la stessa:

• la totale mancanza di pianificazione di ogni intervento, tanto che si vogliono altri binari accanto a binari esistenti come una tranvia da Peretola a Prato, mentre la parallela linea ferroviaria a 4 binari è desolatamente sottoutilizzata (capacità oltre 500 treni/giorno); una linea AV o almeno una mezza linea nuova per l’aeroporto di Pisa tacendo vergognosamente sul disastro infrastrutturale, trasportistico ed economico di quel trabiccolo a fune chiamato Pisa mover che ha creato debiti per il Comune di Pisa e una inutile rottura di carico; la ri-ri-conferma – ci mancherebbe! – della “strategica necessità” di un sottoattraversamento a Firenze anche se le inchieste su questo hanno smascherato il verminaio che spesso promuove le grandi opere inutili.
• Le infrastrutture definite necessarie sono quelle che vuole il sistema cementificatore-industriale i cui interessi non sono quelli di produrre beni di pubblica utilità, ma di inventarsi infrastrutture che garantiscano il massimo di profitti facili e duraturi: i pacchi di cemento. Il sottoattraversamento AV fiorentino dovrebbe costare 1,6 miliardi (ma ci sono già 500 milioni di extracosti nascosti nei passaggi delle imprese costruttrici), cui si somma un sistema di tranvie costosissime che supererà abbondantemente il miliardo di euro e tempi di realizzazione pluridecennali. Non è un esercizio difficile immaginare quante e quali cose si sarebbero potute realizzare con tante risorse e in tempi velocissimi; perché non è vero che il problema dei lavori in Italia sia la burocrazia – questa assilla soprattutto i semplici cittadini, le grandi imprese godono di canali legislativi privilegiati – ma la pessima progettazione spesso piegata ad interessi particolari che confliggono col buon senso, talvolta tesa a rendere lunghissimi i tempi di realizzazione, costringere a modifiche del progetto e a far schizzare alle stelle i costi, cioè i profitti delle grandi imprese.

Il disastro, non sappiamo come altrimenti chiamarlo, che abbiamo davanti non è solo politico, sociale ed economico, è anche culturale: ormai il mondo di questa politica che frequenta solo salotti buoni e consigli di amministrazione non riesce più nemmeno a capire che ci potrebbe essere un modo diverso di gestire scelte, ormai vive di miti autoincensati per poter credere di essere il sale della terra.

Un esempio chiaro di questo è la proposta di Nardella, col suo collega bolognese Matteo Lepore, di una “card museale” riservata alle città servite dall’alta velocità. La TAV ormai è un mito nella testa di tanti politici e subordinare la fruizione di arte e musei alla linea di alta velocità esistente non è solo ridicolo, ma ignora totalmente la ricchezza dei territori italiani che vanno ben oltre i cinque capoluoghi. E così si ripete ancora l’errore di dimenticare che siamo nella penisola delle 100 città, e si guarda solo a quella élite metropolitana che si è costruita una specie di tranvia nazionale dimenticando il paese reale.

The following two tabs change content below.

Tiziano Cardosi

Obiettore di coscienza negli anni ‘70, attivista contro le guerre, già capostazione delle FS, oggi si occupa soprattutto di mobilità e del fenomeno delle “grandi opere inutili”, tra I fondatori del comitato No Tunnel TAV di Firenze. Attivista di perUnaltracittà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *