I tesori degli Uffizi nascosti e salvati durante la guerra.

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Recensione a L’archivio di Cesare Fasola e Giusta Nicco Fasola (1860-1965). Inventario, a cura di Rossella Santolamazza, Edizioni della Soprintendenza archivistica dell’Umbria e delle Marche, 2015.

Alimentato da romanzi e da film, il tema delle opere d’arte trafugate in Europa nel corso della seconda guerra mondiale continua ad appassionare. Il film Il treno – diretto nel 1964 da John Frankenheimer e tratto dal romanzo Le front de l’art di Rose Valland – sulla lotta dei ferrovieri francesi contro i piani dei tedeschi, o The Monuments men (2014) con il plotone dell’esercito americano sulle tracce dei capolavori trafugati dai nazisti ed ispirato all’omonimo romanzo di Robert Edsel. Oppure Woman in Gold, film di Simon Curtis uscito di recente nelle sale italiane.

download (1)In Woman in Gold si narra come Maria Altmann rientra in possesso del celeberrimo ritratto di Adele Bloch Bauer che Gustav Klimt aveva realizzato nel 1907 al termine della sua fase dorata. Una storia da intrigo internazionale con una causa intentata contro l’Austria che custodiva la “Monna Lisa austriaca”, sottratta dai nazisti alla famiglia Altmann ai tempi dell’Anschluss, poi esposta nella Galleria del Belvedere a Vienna ed infine, dopo un lungo e complesso procedimento giudiziario, ritornata nelle mani della legittima proprietaria e ceduta per la cifra di 137 milioni di dollari al patron dei cosmetici Ronald Lauder ed esposta alla Neue Galerie a New York.

Tutte storie più o meno vere, utili ad esaltare, spesso con toni puramente propagandistici, le imprese degli Alleati. Molto meno note, per non dire sconosciute, quelle legate ad uomini e donne che realmente contribuirono a tutelare e salvaguardare gli inestimabili capolavori del nostro patrimonio artistico. Facendolo sempre con estrema dignità.

Una tra le figure la cui importanza è inversamente proporzionale alla notorietà di cui gode è quella di Cesare Fasola che negli anni della guerra riuscì a salvare i tesori degli Uffizi opponendosi anche alle razzie dei beni artistici appartenenti alla comunità ebraica di Firenze.

E si deve all’intuito di una giornalista, Rita Boini, e al lavoro di una funzionaria della Soprintendenza archivistica dell’Umbria e delle Marche, Rossella Santolamazza, se nuova luce è stata gettata sulla storia e sulla vita di Cesare Fasola e di sua moglie Giusta Nicco, a conferma – se ce ne fosse ancora bisogno – di quanto sia decisiva per la storia dell’arte la ricerca d’archivio.

Lettere, scritti, fotografie finiti in valigie e bauli “dimenticati” in una soffitta dell’azienda agricola della famiglia Fasola a Torrecolombaia, nei pressi di Perugia, documenti che testimoniano del grande contributo di pensiero e di azione dei due storici dell’arte, membri attivi del CLN
di Fiesole, che proprio in nome dell’arte seppero resistere.

Ne dà notizia il volume L’archivio di Cesare Fasola e Giusta Nicco Fasola (1860-1965). Inventario, a cura di Rossella Santolamazza, presentato il 4 febbraio presso la Galleria degli Uffizi a Firenze e il 18 marzo a Perugia alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Un lavoro prezioso su persone che, come Cesare Fasola, rischiarono la vita per difendere i capolavori artistici nel periodo più buio della storia recente, raccontate anche in un altro bel libro: Resistere per l’arte di Alessia Cecconi.

Capolavori salvati tra i quali va ricordata un’altra icona della femminilità e della bellezza universalmente nota come la Primavera di Sandro Botticelli, l’opera più densa di significati allegorici del nostro Rinascimento, prelevata dagli Uffizi, con la Vergine in trono dello stesso Botticelli e la Morte di Adone di Sebastiano del Piombo, nel giugno del 1940 a pochi giorni dallo scoppio della guerra, per essere trasferita nella residenza medicea di Poggio a Caiano.

Sono gli anni nei quali Cesare Fasola non risparmierà energie pur di proteggere i dipinti, soprattutto quando il 18 novembre del ’42, con l’infuriare della guerra, le tre opere saranno trasferite con un camion nel castello di Montegufoni dove saranno scaricati centinaia di dipinti tra i quali la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, le Maestà di Giotto e Cimabue, la Madonna Rucellai di Duccio Boninsegna, quella del Baldacchino di Raffaello e i dipinti del Beato Angelico.

Sotto i bombardamenti il funzionario della Soprintendenza parte alla volta del castello per vegliare su quei tesori cercando di proteggerli prima dall’occupazione dei soldati tedeschi e poi dall’acquartieramento delle truppe alleate con il compito di agganciare i partigiani del luogo.
“Mia cara Giusta – scrive alla moglie in quei frangenti – così eccomi qui, dove passano la loro misteriosa ora di destino i tesori più preziosi della nostra Galleria ; e non solo. Penso alle migliaia di custodi, ispettori, direttori, di studiosi che sempre vigilarono la minima di queste cose, giorno e notte, e io non posso fare altro che camminare per queste sale devastate aperte a tutti”.

Un tema di riflessione, non solo per i circa due milioni di visitatori che ogni anno fanno la coda per visitare gli Uffizi, ma per tutti coloro che si trovano impegnati nelle polemiche sulla “valorizzazione” del patrimonio culturale e museale.

*Maurizio Fratta

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Maurizio Fratta

Maurizio Fratta, metalmeccanico per quasi metà della vita, ha scritto e scrive per “Micropolis” (inserto umbro de “il manifesto”), “Primapagina” di Chiusi e “l’altrapagina” di Città di Castello. Referente umbro per la ReTe dei comitati per la difesa del territorio è tra i fondatori dell’Associazione Borgoglione.

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