Umbria, il futuro immondezzaio del Centro Italia. Con il beneplacito di Renzi

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Inaugurata nel 1995 come discarica a servizio dei comuni del Trasimeno, Borgogiglione si amplia progressivamente fino a divenire la discarica del Perugino. Ora con le sue 130.000 tonnellate di rifiuti all’anno (mentre la pianificazione regionale ne prevedeva 35.000!) è uno degli impianti “strategici” per il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Umbria.

La discarica è, per metà, destinata alla digestione anaerobica dei rifiuti organici (il cosiddetto “bioreattore”). Si tratta di un’attività “sperimentale”, ormai diventata la norma perché resa indispensabile dal sistema altamente inefficiente di gestione dell’umido nel Perugino (qui l’impianto di “compostaggio” di Pietramelina produce uno scarto solido che arriva al 70% e che viene conferito in discarica). Il “biogas” prodotto (2,5-3 milioni di mc all’anno) viene poi bruciato in loco per rivendere l’energia (incasso annuo dichiarato: 300-400.000 €).

20140915_intrashwetrustPertanto gli impatti di Borgogiglione hanno una triplice natura: effetti da discarica, da impianto a biomasse e da impianto di combustione. Esattamente la concentrazione di effetti considerata deleteria dal “position paper” dell’ISDE sul trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (febbraio 2015). Ma, malgrado le evidenti ricadute negative sull’ambiente, il controllore (ovvero il gestore) e gli amministratori (imbeccati dal gestore) assicurano che tutto va bene.

Ma chi determina la politica dei rifiuti in Umbria, regione in cui le tariffe sono tra le più alte d’Italia? Per quanto riguarda il Perugino, negli ultimi decenni il personaggio chiave è Manlio Cerroni. Il “re di Malagrotta” controlla l’azienda guida nei servizi rifiuti dell’ambito perugino, la GESENU Spa, società a proprietà mista pubblico/privato, di cui il 55% delle quote societarie è in mano a privati (il 45% di Cerroni e il 10% al suo amico Carlo Noto La Diega).

Ciò che succedeva a Malagrotta succede ora nelle discariche dell’Umbria: umido mescolato ad altri materiali, plastiche e vetro differenziati portati in discarica, rifiuti speciali smaltiti impropriamente etc. Con il consueto corredo di presunte infiltrazioni mafiose che ha portato varie Prefetture d’Italia a porre l’interdittiva alle aziende del gruppo GESENU Spa (29 dipendenti dell’azienda in Sicilia sono pregiudicati per reati quali: associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti).

Quanto da anni denunciato dai comitati sembra essere ora confermato dalle indagini degli ultimi mesi della Direzione Distrettuale Antimafia e dall’attività della Commissione Parlamentare d’inchiesta sui reati legati al ciclo dei rifiuti.

L’Umbria del PD è perciò un’appendice del sistema romano. Alla GESENU, attiva nel Perugino, si aggiunge – nel Ternano – ACEA Spa che possiede il maggiore dei due inceneritori attualmente in funzione. La stessa ACEA possiede il 40% delle quote societarie di Umbra Acque Spa, gestore del servizio idrico integrato.

In Umbria vengono prodotte (e smaltite) annualmente circa 100.000 tonnellate di rifiuti organici. Gli ultimi progetti di ampliamento degli impianti dedicati portano ad una capacità complessiva che supera abbondantemente le 300.000 tonnellate annue. Risulta evidente che il disegno politico è di consentire alti profitti alle solite aziende smaltendo l’umido proveniente da fuori Regione. E in particolare da Roma.

Il decreto Sblocca Italia del governo Renzi impone infatti all’Umbria di bruciare annualmente 130.000 tonnellate di rifiuti urbani. Poiché nella regione non esistono impianti che possano soddisfare la richiesta (quelli di Terni attualmente bruciano rifiuti speciali come il “pulper”), la giunta Marini prevede lo scambio di rifiuti tra Regioni. In particolare, l’Umbria importerà l’umido che dalla Toscana non riesce a smaltire; e la Toscana importerà dall’Umbria il CSS (“combustibile solido secondario”, ovvero rifiuti bruciabili) per alimentare i propri inceneritori.

Questa linea di indirizzi si è progressivamente consolidata con le politiche promosse dalle giunte regionali prima DS poi PD – Maria Rita Lorenzetti (2000-2010) e Catiuscia Marini (dal 2010) – che ora, sia con lo Sblocca Italia sia con l’accordo per la produzione di tabacco, ricevono il pieno sostegno del governo Renzi.

*Maurizio Fratta e Michele Panico membri del direttivo dell’Osservatorio Borgogiglione

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