La città sotto l’albero

Alcuni dei più grandi scrittori del secolo passato hanno provato a immaginare case e città sugli alberi, cito tra tutti Chesterton e Calvino. C’è chi si offre di vivere questa utopia e sale sugli alberi per impedirne il taglio, come in america e a Firenze. Nel Galles c’è addirittura una comunità di squatter che collegando i tronchi con ponti andini e tibetai si è trasferita a vivere tra le fronde, appellandosi ad un’antica consuetudine secondo cui chi sta su un albero è intangibile.

La vita sugli alberi dunque è un’alternativa che alcuni provano a realizzare, con scarso successo pratico ma larga eco mediatica perché da tempi immemorabili ciò che viene dagli alberi sembra avere una forza straordinaria: quante apparizioni, quante illuminazioni e quanti presagi sotto gli alberi!

Elenco brevemente ciò che tutti sanno ma che non tutti hanno ripassato in questo ordine: Eva il serpente e il frutto, Buddha, il roveto ardente, Newton e la mela, fichi olivi e sicomori nei vangeli, l’albero delle teste che predisse la morte ad Alessandro, nelle saghe nordiche l’albero nella cui corteccia si intagliavano le rune e il frassino che sorregge il mondo, i vari alberi delle streghe, le cuccagne e gli alberi della Libertà, e poi la fiaba, il fantasy… Erano alberi a cui ci si accostava, o da cui bisognava tenersi alla larga, non paletti fronzuti da infilare lungo i marciapiedi.

Senza voler tornare lacrimosamente indietro e ricordando bene che sotto quegli alberi c’erano anche resti umani, squallide maledizioni e tracce di abusi sessuali e di assassinii, si potrebbe immaginare una città che gira intorno gli alberi invece che immergerli direttamente nel cemento e disfarsene appena crescono un po’? Tempo fa un sindaco a cui piaceva apparire si fece fotografare mentre abbatteva la pensilina davanti a una bella stazione razionalista.

Tutti dovemmo ammettere che male non faceva, anche chi deprecava quei modi desunti con poca fantasia dall’estetica di Gabriele D’Annunzio e di Fiorello Laguardia, un populista di New York che inventò l’immagine del sindaco-sceriffo. La pensilina era orrenda e copriva alcuni pini bellissimi, che l’architetto aveva trovato lì da prima e si sposavano perfettamente con la stazione che era un fiore all’occhiello dell’arcihtettura fascista.

Apro una parentesi: chi dice che i fascisti hanno fatto solo palazzi brutti è un cattivo antifascista, spieghi invece perché anche quelle bellissime realizzazioni covano e diffondono il germe dell’autoritarismo e dica chiaro e forte perchè oggi è sbagliato e sospetto ispirarsi a quei modelli, come troppo spesso accade.

L’architetto aveva pensato bene di inglobare i pini marittimi nel nuovo progetto senza tenere conto delle sonore scoppole che la natura ha assestato negli anni al suo ispiratore, Lloyd Wright, i cui edifici vacillavano appena la natura che idolatrava si allargava un attimo. Il successore del Mazzolatore, che sarà di qui in avanti nomato il Mazzolatorino, ha decretato che si abbattano i pini per paura di dover pagare i danni a chi ci rimane sotto se crollano.

Una lezione per tutti, mazzolatori, mazzolatorini, archistar e archistelline: d’ora in avanti chiediamo il permesso agli alberi prima di costruirci qualcosa sopra sotto do fianco o intorno. Se passa questo principio, avremo un argine “naturale” allo strapotere del capitale finanziario che inghiotte un po’ per volta quanto abbiamo di più caro, come il Nulla della Storia Infinita.

Massimo De Micco