Lotta in difesa dell’ambiente e del lavoro, con quale sindacato?

Capita spesso, e tanto più nelle realtà di economie occidentali di decrescita industriale, che ci si attacchi al bene del lavoro “qualunque sia”, a come ci viene prospettato da chi lo propone a suo esclusivo interesse.

Capita quindi che emerga la contraddizione tra chi lotta per la giustizia ambientale e sociale e il mondo del lavoro che vive nelle Grandi Opere Inutili. Ma è vera contraddizione? O questo serve come ultimo alibi, con un esercito ricattato e inviato a far le veci dei propugnatori originari ormai discreditati per pretendere la continuazione di un progetto che non ha più altra ragione di plausibilità?

Il progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze vive a tale proposito, in questi mesi, un’ esperienza esemplare.

Un minimo di storia: il progetto di due tunnel e una stazione sotterranea langue da decenni con cantieri molto rallentati (tra assurdità progettuali, sequestri della magistratura, impedimenti tecnici paradossali, etc). L’unico momento di fervida attività è stato alla fine del 2016 quando pareva che le FS volessero chiudere con il progetto. Nelle ultime settimane sta venendo fuori la profonda crisi del costruttore, Condotte SpA, che è sull’orlo del fallimento; i lavoratori del cantiere non ricevono lo stipendio da due mesi, gli impiegati da ancora più tempo. Ovvio che chi vive di questa condizione sia preoccupato per il suo futuro, giusto che lotti per avere un salario sicuro e un lavoro continuativo.

Il comitato No Tunnel TAV di Firenze, che si oppone da oltre un decennio a questo progetto inutile e sbagliato, ha provato a portare la propria solidarietà ai lavoratori in lotta scrivendo un comunicato in cui si auspicava di dare loro un futuro sicuro abbandonando un progetto che ha bruciato già troppe risorse e impegnando queste maestranze nella realizzazione di progetti utili alla collettività.

Una strada realisticamente possibile, praticata da altre parti, solo che gli attori della vicenda (principalmente decisori politici) fossero indotti ad imboccare questa strada di utilità pubblica anziché perseguire la difesa dei profitti delle grandi imprese di costruzioni.

Un primo incontro informale con i lavoratori ha consentito un inizio di dialogo: alcuni cittadini del comitato hanno incontrato casualmente i lavoratori in presidio all’ingresso dei cantieri e hanno  iniziato a confrontarsi; questo ha incoraggiato a partecipare ad un loro successivo presidio durante uno sciopero. Qui però non è stato possibile né un dialogo né un confronto, ma nemmeno avvicinarsi per l’intervento di rappresentanti dei sindacati confederali scortati da agenti della Digos. La presenza di una delegazione del comitato No Tunnel TAV era considerata una provocazione. A nulla sono valsi i tentativi di spiegare che così non era: i sindacalisti non ci volevano lì e anche i lavoratori non hanno accettato alcun contatto.

Eccoci apparecchiata davanti la contrapposizione tra chi cerca di sopravvivere con lavoro e chi vuol salvaguardare la città e l’ambiente.

Nei momenti che hanno visto di fronte ambientalisti e lavoratori mancavano però un paio di soggetti: la politica istituzionale e l’impresa costruttrice, cioè i rappresentanti del sistema economico che sono il vero problema per lavoro e ambiente. Erano ben nascosti, davanti c’erano le truppe “sindacali”. Ancora una volta è stata rappresentata la solita guerra tra poveri con i veri responsabili sullo sfondo.

Il dato più importante che ci sembra di poter rilevare da questa vicenda è il ritardo con cui la sinistra ancora affronta questo problema. Ancora l’ambientalismo e la questione sociale sono indotti ad essere percepiti come antitetici.

Per fortuna esistono ormai movimenti che hanno chiaro che la contraddizione non è tra lavoro e ambiente, ma tra il pensiero unico del profitto e la realtà esistente, cioè l’intera biosfera: per esempio in val di Susa, nelle vicende sull’amianto, intorno alle applicazioni del TU sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a Taranto, si sono sviluppate lotte in cui i lavoratori assieme ai cittadini hanno compreso che non si doveva sottostare al ricatto, non si doveva barattare salute con uno straccio di lavoro e che era possibile coniugare i due termini per un assetto sociale complessivamente migliore.

Il ritardo di tanta parte del mondo del lavoro è probabilmente dovuto al fatto che buona parte della cosiddetta “sinistra”, quella che dovrebbe avere nella sua ragion d’essere la difesa del mondo del lavoro, ha sposato il pensiero unico neoliberale, ha introiettato valori -o meglio disvalori- come la competitività, la meritocrazia, il primato dell’“impresa”.

Il sindacato che difende l’esistente rinuncia ad una progettazione sociale complessiva, rinuncia ad intervenire culturalmente sulla politica, finisce per amministrare gli spazi concessi, di fatto si riduce a fare da guardiano di interessi che non sono dei lavoratori o almeno lo sono in un senso residuale di appendice degli interessi industriali. C’è infatti da chiedersi quale sia la sua funzione se si limita alla difesa dei singoli posti di lavoro in maniera acritica, senza valutare le conseguenze di certe scelte economicamente disastrose per i lavoratori e suicide ambientalmente.

Soprattutto c’è da chiedersi come sia possibile che non si decifrino le scelte del capitalismo finanziarizzato del XXI secolo; questo ha in odio la piena occupazione e cerca unicamente livelli elevati di profitti, è ormai totalmente alieno dalla realtà concreta degli esseri umani e del pianeta in cui vivono.

Per rimanere nel concreto delle Grandi Opere Inutili c’è da chiedersi come si fa a non accorgersi che con le risorse investite si creano proporzionalmente pochissimi posti di lavoro, mentre si garantiscono profitti enormi e si accentua la tendenza –per ora irreversibile– alla disuguaglianza sociale.

Assistendo allo spettacolo che abbiamo visto davanti ai cantieri TAV di Firenze ci si deve domandare a cosa (e a chi) servono sindacati come quelli che il comitato No Tunnel TAV ha incontrato.

*Comitato No Tunnel TAV Firenze