E fu sera e fu mattina…
Non pioveva sulla città da dieci notti.
L’ultima volta le auto si erano accese al mattino velate ad uno strato di argilla o sabbia.
Qualcuna era stata ripulita alla buona dove occorreva visibilità (parabrezza anteriore sinistro, posteriore destro, specchietti…
Altre erano rimaste lì, mercedes alla mercè degli invidiosi che appena ne beccano una sporca vi incidono con il dito “Lavala!”, sperando che la sabbia graffi un poco il vetro sottostante, eventualità imponderabile come il galleggiamento di un pezzo di ghiaccio: acqua contro acqua, silicio contro silicio, scontri alla pari che non sapiamo come andranno a finire.
Un vecchietto che aveva combattuto ad Orano, guardando le auto su cui era piovuta sabbia diceva che il vento che l’aveva portata non era scirocco, come comunemente si crede, ma il Gran Samun che spira dal deserto e lì porta via la pelle e se non ci si scava una buca in terra a tempo debito.
Era uno di quei pensionati che passavano i giorni feriali a lavare la macchina e le domeniche a passarci la cera.
I vecchietti del suo calibro sono morti quasi tutti, i pensionati di oggi hanno altre preoccupazioni, come quella di spiare giù in strada per segnalare gli immigrati alle forze dell’ordine o di “inventare” i soldi alla sala corse.
I pensionati di domani non esistono: presto nessuno riceverà più una pensione statale e quanto accantonato dalle assicurazioni private sarà volatilizzato dalle forze distruttive della finanza e della guerra che operano, come sempre, congiunte.
Tutto questo stava scritto su quelle auto sporche.
Se a distanza di dieci giorni avevano ancora la polvere, significa che i soldi per portarle all’autolavaggio scarseggiano, quaranta anni fa si sarebbero viste le code ai self-service il giorno dopo e i più ligi avrebbero imboccato l’autostrada alla volta del casello dove l’autoavaggio era di prima qualità.
I più poveri si attrezzavano con secchi di plastica e detergenti del supermercato, allagavano i vialetti isolati e sversavano nelle fogne la schiuma dei giorni, felici di cooperare alla bellezza dell’universo creato da Pininfarina.
Mai nessuno avrebbe lasciato il mezzo in queste condizioni, se non apparteneva a una categoria sociale che si fa vanto di non rientrare nei canoni o che proprio non riesce a starci.
Il conformismo di oggi però è molto più pervasivo, non tollera né drogati né capelloni, sopporta a malapena gli immigrati che fanno i salti mortali per essere i primi consumatori, perciò una via piena di macchine ricoperti di terra mi spaventa.
Mi fa pensare che il ceto mediobasso abbia perso, oltre al potere d’acquisto, anche la primogenitura antropologica, quella pretesa un po’ realistica e un po’ assurda di porsi a metà tra l’inciviltà e la decadenza.
Né in limousine a scolare champagne dai tacchi a spillo, né a piedi con i sacchi in spalla, ma in utilitaria con la famigliola.
Né con il papa né con Lefebvre, né con lo stato né con le br, né chiusi in casa né nelle piazze, ma in coda al casello autostradale, all’ombra del portapacchi stracarico.
L’Itlalia di Manfredi e Sordi, la Seconda Italietta o la Terza Germania, non c’è più.
Per Pasolini quell’Italia era il risultato di un genocidio.
Ecco, ora che hanno ammazzato anche lei, mi chiedo che fine faranno tutte quelle auto.
In un paese che vuole diventare un balocco per turisti ci sarà posto per maggiolini, tandem e sidecar, opportunamente sabbiati, ripitturati e tenuti come gioiellini, ma le auto sporche dovranno scomparire insieme ai caravan dei migranti e dei turisti meno spendaccioni.
Forse se ne occuperanno corpi appositamente creati, penso a qualcosa come le polizie del vizio in uso in oriente: lì guardie armate di lunghi bastoni vanno a dar noia agli innamorati, qui ti sfasceranno la macchina se non è uno specchio e ti faranno saltare in aria il camper se ci abiti.
*Massimo De Micco
Massimo De Micco
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In via de’ Cerretani il lunedì pomeriggio successivo alla spolverata c’erano ancora auto di residenti parcheggiate e impolverate anche sul parabrezza: non le avevano ancora usate; quei proprietari evidentemente usano poco l’auto, potrebbero probabilmente farne a meno, invece non ci rinunciano; non avendo un’autorimessa, usano come tale una delle strade storiche principali della città, deturpandola