Da Vicofaro/Pistoia il progetto di una città nuova, solidale e inclusiva

L’attuale emergenza sanitaria da Covid-19 sta facendo emergere tutte le contraddizioni di una cattiva politica sia a livello centrale che locale. Sanità pubblica devastata da tagli e cattivi investimenti, per esempio quello del nuovo ospedale di Pistoia, diritto ad una abitazione e ad un lavoro dignitoso e garantito calpestati da norme fin troppo punitive e ingiuste, diritto all’accoglienza e all’integrazione di coloro che sono in fuga dalle guerre e dalla fame violentato da egoismi e vergognosi nazionalismi.

Questo è il quadro della situazione: ignorare l’attenzione verso quelli che, loro malgrado, sono i più deboli, i più indifesi, senza distinzione alcuna, espone la società tutta sia ad un imbarbarimento delle relazioni sociali che ad un peggioramento delle condizioni di vita, a tutto vantaggio di speculatori e arraffoni di tutte le risme.

L’esperienza di accoglienza dei migranti e dei senza casa a Vicofaro/Pistoia, è fatalmente esposta alle difficoltà della situazione attuale. Inutile ribadire e denunciare la colpevole indifferenza delle istituzioni civili e religiose che, puntando al “tanto peggio tanto meglio”, vorrebbero trasformare una significativa esperienza umanitaria in una questione di ordine pubblico.

Da sottolineare che Vicofaro non è quella “bomba socio-sanitaria” che si vorrebbe far credere perché il virus non alligna tra i suoi ospiti: sulla base dei test sierologici effettuati dall’ASL e da MEDU solo un ospite su centinaia è risultato positivo agli anticorpi in generale, si dovrà aspettare l’esito del tampone per stabilire l’eventuale presenza del virus, che apprendiamo essere NEGATIVO. Da un punto di vista sanitario la comunità di Vicofaro è molto più sicura di tante realtà cittadine! 

Abbiamo sempre sostenuto che si tratta di un primo momento, di una prima estesa occasione di ospitalità cui avrebbe dovuto far seguito un ricco e articolato percorso di accoglienza e integrazione che nessun don Biancalani, anche se miracolosamente assistito, potrebbe sostenere. Il problema non è Vicofaro, il problema non è don Biancalani che non può fare altro che aprire la comunità parrocchiale agli ultimi degli ultimi, cosa che in tanti avrebbero dovuto fare.

Il problema è che finora nessuna autorità civile o religiosa si è fatta carico della definizione e della attuazione di un vero progetto di accoglienza, che a tutt’oggi è latitante. Non abbiamo bisogno di fumo negli occhi come il “Muro della solidarietà” o il “Tavolo delle consultazioni” naufragato nelle nebbie di una tacita indifferenza e latitanza da parte del Comune.

Vogliamo ribadire che le risorse non mancano. A Pistoia è disponibile un ingente patrimonio immobiliare di proprietà pubblica inutilizzato che immancabilmente le varie amministrazioni comunali, che in questi anni si sono succedute, hanno pensato bene di inserire in un “Piano delle alienazioni”, ossia un piano di svendite delle proprietà collettive il cui valore viene messo a bilancio per tappare i buchi di un’amministrazione che dovrebbe essere più accorta.

La situazione aggiornata a fine 2018, indica la presenza di ben 25 tra interi edifici, alloggi e fondi commerciali di proprietà del comune, oltre a numerose aree ad uso agricolo e ad uso industriale, per lo più nell’area di S. Agostino, da poter utilizzare per progetti di integrazione lavorativa, cantieri sperimentali di nuove forme di agroecologia, di attività artigianali a servizio del territorio. A questi si devono aggiungere le programmate vendite di edifici del centro storico quali Villa Benti (p.zza S. Lorenzo), il complesso delle ex Crocifissine e il fabbricato delle ex Leopoldine, oltre a un intero edificio in Via Desideri.

Non dimentichiamo la disponibilità dei padiglioni dell’ex Ospedale del Ceppo, area devastata dai recenti accordi di programma delle giunte di centro sinistra e di centro destra con l’ASL. Alcuni (sale operatorie funzionanti, ecc.) purtroppo sono stati già demoliti quando invece sarebbero stati preziosi in questa contingenza. Il Padiglione Lazzereschi, l’ex Convento di Santa Maria delle Grazie, il Padiglione Nuove Degenze su Viale Matteotti (di cui purtroppo è prevista la demolizione per far posto a residenze speculative e/o centro commerciale), sono di proprietà dell’ASL, cioè della Regione Toscana. Come pure in vendita per farci un albergo di lusso è lo splendido e prezioso, per la collettività, complesso delle Ville Sbertoli, già struttura sanitaria da anni lasciata colpevolmente marcire. L’ex caserma Gavinana in Via Baroni e l’albergo mai utilizzato dell’area Ex Breda est, completano il quadro di un cospicuo serbatoio di BENI COMUNI che non devono essere alienati e sulla cui disponibilità si deve puntare per dar vita a un Piano delle residenze accoglienti. 

Certo non tutti gli immobili sono in condizioni ottimali, altri invece si potrebbero utilizzare sin da subito. A partire proprio da questi si deve individuare un reale Progetto di inclusione sociale e di definizione di nuove residenze pubbliche, di spazi e di aree da cui ripartire per ripensare la città del dopo-covid, che ponga al centro il benessere e la salubrità diffusa. Progetto che coinvolga non solo gli ospiti di Vicofaro, ma tutti coloro che ne hanno bisogno, i vecchi e i nuovi abitanti della città, i senza casa, i senza fissa dimora, i lavoratori precari, i senza lavoro, insomma tutti coloro della cui esistenza la società pistoiese si è dovuta rendere conto proprio in questa situazione di generale difficoltà.

Per esempio, già un primo nucleo di venti ragazzi di Vicofaro è stato accolto in una struttura di Spazzavento, sono assistiti da operatori sociali ai quali, in questo modo, viene riconosciuto un lavoro e un reddito. Molto generiche le ultime dichiarazioni della Curia sullo spostamento di circa 130 ospiti della comunità migrante. Non è ben chiaro dove e per fare cosa; inoltre questa decisione è stata presa senza la necessaria interlocuzione con don Biancalani e con gli stessi ragazzi che dovrebbero essere trasferiti.

Abbiamo bisogno di nuova progettualità, di coraggio, di solidarietà attiva e ci rivolgiamo al variegato mondo della cittadinanza attiva, alle istituzioni, ai sindacati di base e non, affinché si dia corpo e sostanza a questo progetto di integrazione attiva che può diventare il principio motore di una città nuova, solidale e inclusiva.

*Antonio Fiorentino