La logistica tra focolai di Covid e fatturati da capogiro

Da diversi giorni i casi di Covid stanno riesplodendo, siamo tornati alle mascherine all’aperto e alla demonizzazione della movida, ma i focolai nei posti di lavoro sembrano non indignare altrettanto l’opinione pubblica.

Solo due settimane fa alla GLS di Campi Bisenzio 56 su 115 addetti sono risultati positivi. La logistica è uno dei settori che più ha visto crescere il proprio fatturato durante e dopo il lockdown, ma al tempo stesso è uno dei settori con il maggior numero di casi di Covid. Prima del caso toscano se ne erano verificati altri in giro per l’Italia, a metà settembre alla GLS di Cesena, a luglio alla TNT, Bartolini e Geodis a Bologna. In tutti questi casi siamo venuti a conoscenza dei contagi solo grazie a sindacati come Sì Cobas e CGIL. Non solo, i lavoratori contagiati a Campi non sono lavoratori della GLS ma del Consorzio Elettra, una ditta appaltatrice con un organico di circa 120 persone che opera soprattutto per la GLS.
Nonostante tutto questo nei capannoni sparsi per tutta l’Italia si continua a lavorare come se niente fosse, si prendono nuovi lavoratori e si continuano le attività. La mole di lavoro è aumentata di pari passo con il fatturato e vengono assunti nuovi dipendenti, ma gli spazi in cui queste persone lavorano sono sempre gli stessi e quindi i lavoratori sempre più stipati. I sindacati denunciano da tempo inascoltati la carenza quando non l’assenza delle minime condizioni di sicurezza.

Non sorprende quindi che uno dei più grossi focolai negli Stati Uniti sia stato quello di Amazon, dove tra marzo e settembre hanno contratto il Covid 19.816 lavoratori, dato parziale visto che non sono stati contati i driver che lavorano in subappalto. Nonostante siano dati parziali sono stati resi pubblici solo perché i lavoratori si sono mobilitati e hanno ottenuto da Bezos, uno degli uomini che più ha guadagnato dalla pandemia, perlomeno queste poche informazioni.
Anche i Bezos di casa nostra cercano di guadagnare il più possibile e, pur di tenere i costi bassi, non chiudono i magazzini diventati ormai focolai, né fanno tamponi a tutti i dipendenti dei magazzini. Alla GLS di Campi sono stati lavoratori e sindacati a pretendere l’esecuzione dei tamponi.
Dalla fine del lockdown è stato fatto ben poco per la sicurezza, tanto che continuiamo a vedere che lavoratori e studenti sono costretti ad ammassarsi nei mezzi pubblici per poter andare a scuola o a lavorare. Le amministrazioni pubbliche non si sognano nemmeno di aumentare il numero dei mezzi, anzi presidenti di regione come Zaia e Bonaccini stanno già pensando di tornare alla didattica a distanza perlomeno per gli studenti medi superiori.

Siamo di fronte ad una classe politica che, senza differenze tra Lega e PD, se ne infischia dei diritti dei lavoratori e del diritto allo studio e si inchina davanti a qualsiasi richiesta degli industriali. Abbiamo letto proprio ieri con grande preoccupazione le richieste della Confindustria di Bonomi che vanno completamente in controtendenza rispetto a quello che il buon senso direbbe di fare. Dalla privatizzazione spinta delle sanità, improponibile dopo il fallimento del sistema sanitario lombardo, alla libertà di licenziare fino all’aziendalizzazione della scuola.

La logistica è il settore in cui vediamo la spregiudicatezza della razza padrona con grande chiarezza, sia perché non hanno mai smesso di lavorare sia perché è il settore con i lavoratori più poveri. Lavoratori della logistica sono nella maggior parte stranieri, vivono in case sovraffollate e lavorano in capannoni senza i minimi standard di sicurezza, sono immigrati che non scendono infetti dai barconi, come recita la vulgata salviniana, ma si ammalano lavorando a cottimo in ditte italianissime.

*Francesca Conti