Imprenditori, mafiosi e politici: l’indagine su chi tradisce e inquina la Toscana

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Ci sono anche esponenti politici e dirigenti di enti pubblici in Toscana  fra i 19 soggetti al momento indagati nell’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Firenze che ha messo sotto scacco l’infiltrazione della ‘ndrangheta calabrese nella gestione dei reflui e dei fanghi industriali del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno. Tra gli indagati, il capo di gabinetto della Regione Toscana Ledo Gori per corruzione e il dirigente della Direzione Ambiente della Regione Toscana Edo Bernini. Indagata anche la sindaca di Santa Croce Giulia DeiddaLa procura ha prove che coinvolgono i vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno, definiti il fulcro decisionale di tutto l’apparato sotto indagine.

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Da quanto apprendiamo dalla conferenza stampa del Procuratore fiorentino Giuseppe Creazzo, sono contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, sub-appalto irregolare ed altro, nonché associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, il tutto aggravato sia dal metodo mafioso che dall’avere agevolato la cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro). L’inchiesta si chiama Keu, nome dell’inerte derivante dal trattamento dei fanghi degli scarti della concia delle pelli, e ha portato a 6 misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari), 7 interdizioni dall’attività di impresa, due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti ed oltre 60 perquisizioni. Sono stati sequestrati 20 milioni di euro.

Per gli inquirenti gli esponenti indagati al vertice dell’Associazione Conciatori sono riferimento di un sistema che agisce con le modalità “di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo vari consorzi” in un comparto industriale – la concia delle pelli – a particolare rischio ambientale per i rifiuti, “la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione” delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni, dell’ambiente, del suolo laddove gli scarichi industriali vengano smaltiti illecitamente o a seguito di procedure insufficienti”.

Lo scandalo della discarica conciaria nel Mugello, online il video “Paterno. La Terra dei fuochi toscana”

E’ stato inoltre verificato, spiegano Dda e Arma dei carabinieri, che “il peso economico del comparto, consente ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali con i vertici politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati“. Le indagini dei Carabinieri Forestali hanno evidenziato che anziché esserci un riciclo praticamente totale dei rifiuti conciari, con conferimento in discarica residuale, le ceneri derivate dai fanghi hanno concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati in attività edilizie di riempimento di rilevati (tipo stradali) o ripristini ambientali. Invece, erano inviati ad un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, con pericolo di contaminazione del suolo e delle falde. Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque depurate trattate dal depuratore “Aquarno” che versa nel canale Usciana acque non adeguatamente depurate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo rifiuto.

L’inchiesta ha anche un secondo filone filone, relativo all’ingente approvvigionamento di cocaina da parte della cosca calabrese e la successiva distribuzione in Toscana, nel cui ambito è stato arrestato un importante latitante della ‘Ndrangheta, Francesco Riitano. 

L’indagine ha accertato che gli indagati controllavano il mercato del movimento terra (estorsioni e illecita concorrenza) in diverse province toscane, mediante attività estorsive e illecita concorrenza con violenza/minaccia, posto in essere da soggetti di vertice della storica impresa di settore Cantini Marino srl di Vicchio del Mugello (Firenze) per il tramite dell’impresario Graziano Cantini e del suo principale collaboratore Nicola Verdiglione, i quali – secondo gli inquirenti “direttamente collegati a soggetti organici” al clan Gallace (Domenico Vitale e Nicola Chiefari) – hanno “scientemente sfruttato la forza della consorteria mafiosa per imporsi sul mercato del movimento terra/fornitura inerti a discapito di aziende concorrenti, ‘infiltrandosi’ di fatto in importanti commesse pubbliche in Toscana”.

Queste condotte illecite, ha spiegato il procuratore Creazzo, sono state poste in essere a carico di diversi imprenditori/tecnici di settore in relazione alla fornitura di materiale per i lavori da eseguire in un importante cantiere relativo ad un appalto milionario nella zona di Castelfiorentino/Empoli, le opere di completamento della variante alla strada regionale 429 di Val d’Elsa, nel tratto Empoli-Castelfiorentino (lotti V – IV). Allo stesso tempo sono stati riscontrati legami di comodo con la Pubblica Amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti investigativi.

Scrive il giudice nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari: “il rilevante compendio probatorio raccolto nel procedimento evidenzia, al di là degli episodi clamorosi di intimidazione, un sodalizio tra gli indagati finalizzato ad acquisire il monopolio di attività economiche del settore cui opera la Cantini Marino srl, strettamente collegata alla Figlinese Inerti srl, nonché (in maniera meno ‘scoperta’, dato lo spessore criminale dei suoi componenti) la Idrogeo srl (con la precisazione che rispetto a quest’ultima il quadro probatorio non può ritenersi esaustivo)”.

“L’acquisizione di questo monopolio di fatto è resa possibile dalla presenza di due grossi esponenti della criminalità calabrese, operanti in Toscana nel Valdarno da epoca risalente, che non si limitano a dare il proprio benestare – sottolinea il gip – ma altresì influiscono, con la forza intimidatrice della organizzazione criminale di appartenenza, in modo da determinare equilibri che fuoriescono da quelli normali del libero mercato, secondo una logica non concorrenziale bensì impositiva e di assoggettamento”. La sinergia tra i carabinieri di Livorno e Cagliari ha portato al sequestro, lo scorso luglio a Cagliari, di un imponente quantitativo di armi ed esplosivo destinato agli assalti. Nel corso dell’odierna operazione, oltre agli arresti, sono state eseguite numerose perquisizioni anche a carico delle società del settore edile interessate a lucrare dalle condotte mafiose del gruppo smantellato in Toscana.

Sull’inchiesta è intervenuto anche il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: “Conoscevo bene la famiglia criminale dei Gallace di Guardavalle già dagli anni 90 quando ero a Locri perché l’avevamo implicata nell’indagine Stilaro. Tuttavia ci ha sorpreso non poco vederla in questa proiezione internazionale e con enorme evoluzione tecnologica. La sapevamo agganciata nel Lazio, in particolare a Nettuno – ha aggiunto il capo della Distrettuale antimafia – ma ora l’abbiamo trovata attiva in Costarica, dove tutte le polizie del mondo siamo andate a verificare perché questo piccolo paese è tanto prediletto dai cartelli mondiali della coca. Siamo stati anche fortunati a poter entrare nel server dedicato che questi soggetti sfruttavano perché altrimenti sapevamo delle attività illegali ma senza riuscire a capire mittenti dei messaggi, contenuti e destinatari. Ma evidentemente siamo anche bravi – ha aggiunto Gratteri – perché a livello mondiale la credibilità degli investigatori italiani è molto alta”.

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