Le scarpe made in Italy affondano il tacco nel traffico illecito di fanghi inquinanti

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La produzione del cuoio made in Italy è uno dei settori di punta del sistema moda: senza il cuoio non si potrebbero fare le scarpe italiane vendute in tutto il mondo (o le cinture, le borse, le giacche…).

La lavorazione del cuoio richiede un processo industriale dall’altissimo impatto ambientale: si utilizza un enorme quantità di acqua che viene poi rilasciata nei depuratori carica di sostanze tossiche. Il distretto della concia di Santa Croce, oltre agli altri prodotti della pelle, fornisce tutto (o quasi) il cuoio per suole prodotto in Italia. Qui ogni anno vengono utilizzati 6 milioni di metri cubi d’acqua per il processo di concia.

Campagna Abiti puliti

Buona parte di queste acque sono gestite dal Consorzio Aquarno, emanazione delle aziende conciarie, oggi al centro di una indagine della DDA di Firenze. Gli investigatori sostengono che il Consorzio pagava politici per evitare l’obbligo di sottoporsi ai controlli ambientali e che i vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce avrebbero sostenuto da anni un sistema di smaltimento illegale dei residui inquinanti che prevedeva il loro utilizzo come materiale per i cantieri stradali, attraverso imprese gestite da clan della ‘ndrangheta.

Nel 2015 il Centro Nuovo Modello di Sviluppo con la Campagna Abiti Puliti ha pubblicato un rapporto sull’industria della concia nel distretto di Santa Croce dal titolo “Una dura storia di cuoio“, in cui portavamo alla luce i dati sull’impatto ambientale del settore. In particolare denunciavamo l’opacità delle informazioni fornite dai soggetti responsabili dello smaltimento dei rifiuti: «le autorità pubbliche – scrivevamo allora – si sono mostrate poco collaborative come se la gestione dei rifiuti fosse un fatto privato che possono gestire nel segreto delle stanze».

Negli anni scorsi non sono mancati episodi di illeciti legati allo scarico abusivo dei prodotti inquinanti della concia. Nel maggio 2018 un’altra indagine della stessa DDA aveva svelato l’esistenza di rapporti di affari illeciti tra clan camorristici e imprenditori del settore del cuoio, per riciclare il denaro sporco.

Sotto il mondo scintillante del lusso e delle scarpe di cuoio si nascondono traffici criminali, corruzione e l’inquinamento illegale del territorio, oltre allo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto immigrati.

Una nota ancora dolente da ricordare e che oggi risuona oltremodo profetica: quando quel rapporto fu pubblicato, gli estensori subirono una campagna di pressione senza precedenti da parte del finanziatore (Commissione Europea) perché esso fosse ritirato dalla circolazione a causa di presunte e mai dimostrate inesattezze e falsità denunciate dalle associazioni industriali dei conciatori italiana ed europee.

Quel rapporto accurato e basato su evidenze pubbliche non è mai stato rimosso ma anzi ripubblicato, rinunciando al finanziamento europeo, con una prefazione che dettaglia quella triste e durissima storia di pressione e pericolosa interferenza delle lobby industriali nella vita democratica delle istituzioni europee.

Oggi più che mai vale la pena rileggerlo. Seppure datato, quel rapporto conserva la freschezza di un quadro attualissimo e fosco. La Campagna Abiti Puliti esprime massima solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici del distretto conciario, auspicando legalità e tutela dei loro diritti.

Campagna Abiti Puliti

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