Marco Bersani: “Una chiave di lettura per demistificare il pensiero unico”

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Fare i complimenti per l’uscita del numero 150 del periodico on line La Città invisibile ha per me diversi significati.

Il primo di questi è dimostrare una vicinanza umana e politica ad un’esperienza collettiva, che, pur non essendo situata nella città dove vivo, e dunque senza la possibilità di una frequenza quotidiana, sento come complice nel senso più pieno del termine, quello di stretto intreccio nella condivisione di un progetto di città e di società.

Il secondo significato riguarda la straordinaria importanza di questa esperienza di informazione indipendente e auto-organizzata dal basso. Viviamo in un’epoca nella quale la mole di notizie che quotidianamente ci investono è tale che si fa fatica a capire cosa voglia dire fare informazione.

Gli eventi e le notizie ci attraversano con l’unico scopo di catturare l’attenzione immediata, che va compulsivamente sollecitata con nuovi eventi e notizie, in un circolo vizioso che si autoalimenta e impedisce qualsiasi sedimentazione. Contemporaneamente, il mondo dell’informazione mainstream, sempre più accentrato nelle mani di pochi grandi gruppi economico-finanziari, costruisce e modella quotidianamente l’immaginario collettivo intorno ai valori dominanti del pensiero unico del mercato.

Dentro questo quadro, l’esperienza de La Città invisibile fornisce la risposta: fare informazione significa descrivere ciò che accade – in una città cosi come in ogni angolo del pianeta – con l’obiettivo della verità e gli strumenti della competenza e della documentazione; mettere in connessione gli accadimenti per suggerirne la chiave di lettura e, con questa, la sedimentazione di una diversa consapevolezza; rendere manifeste le contraddizioni di un modello di città e di società che propone alle persone l’orizzonte della solitudine competitiva, trasformando vita, beni comuni, relazioni sociali e natura in oggetti reificati dai quali estrarre valorizzazione finanziaria.

Il terzo significato riguarda la positiva eccedenza de La Città invisibile, che è molto più di una rivista di informazione indipendente. Basta consultare la pagina ‘Autori&Autrici’, per rendersi conto, non solo della quantità di persone e realtà che ruotano e collaborano attorno a questa esperienza, bensì della qualità e della diversità dei contributi che apportano alla stessa.

Non si tratta dell’importante, ma anche un po’ desueta, capacità di fare rete. Oggi che quasi tutto è rete, è forse venuto il momento di dire che non basta, perché la rete ha il pregio di mettere insieme i nodi, ma lascia aperti enormi buchi dentro i quali la gran parte dell’odierna società liquida passa senza esserne minimamente coinvolta.

Oggi le relazioni devono produrre tessuti, ovvero progettualità collettiva per un’alternativa di città e di società, in grado di rivolgersi non solo al mondo delle attiviste e degli attivisti, ma a tutte le persone che abitano un territorio. Nelle pagine e nelle inchieste prodotte da La Città invisibile si percepisce come i telai stiano lavorando a pieno ritmo.

Da ultimo, ma non per importanza, credo che l’esperienza de La Città invisibile sia una lampante dimostrazione di cosa voglia dire affermare il paradigma della cura nel suo significato più profondamente politico.

Attivarsi per un altro modello di città – e di società – significa prendere atto dell’interdipendenza fra le persone, le loro relazioni e l’ambiente naturale e sociale in cui vivono. Significa prendere atto della vulnerabilità dell’esistenza e della necessità del prendersi reciprocamente cura come dimensione collettiva per renderla degna.

In questo senso, la cura è l’opposto del mito della sicurezza (che deriva da ‘sine-cura’, senza preoccupazioni) ed è l’approdo alla curiosità (che descrive chi si cura di qualcosa). E’ proprio questa curiosità a dare la cifra del tenace lavoro collettivo de La Città invisibile, nel demistificare la città-vetrina fatta di profitti, rendite e ideologia securitaria.

Cambiare il mondo è più che mai un’urgenza. Farlo davvero richiede la lenta impazienza, una capacità fertile e contraddittoria, che chi fa parte un’esperienza collettiva come La città invisibile possiede senza ombra di di dubbio.

Marco Bersani

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Marco Bersani

Marco Bersani, laureato in filosofia, è dirigente comunale dei servizi sociali. Socio fondatore di Attac Italia, e tra i portavoce del Genoa Social Forum nel luglio 2001, è tra i principali animatori del Forum italiano dei movimenti per l’acqua che ha dato vita alla vittoriosa campagna referendaria del 2011. È fra i promotori del Forum per una nuova finanza pubblica e sociale.

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