Siamo giunti al terzo appuntamento del premio attribuito a Lorenzo. Non è solo un modo per ricordarlo, non solo un modo per sentirlo vivo e presente, impegnato e partecipe nelle battaglie e nelle lotte che affrontava quotidianamente, spendendosi totalmente, senza riserve, nella ricerca di soluzioni per i più deboli, per i senza voce, per i senza tetto. È anche un modo per promuovere quelle stesse lotte attraverso la ricerca, lo studio, la riflessione sulle situazioni più delicate e complesse.
Le tesi che sono pervenute sono tutte di alto livello ed è stato estremamente complesso per la commissione giungere a una deliberazione finale, conclusiva, che – riconoscendo il merito delle tesi premiate – accordasse il dovuto valore a tutti quei lavori – moltissimi – che non potevano essere premiati per immaginabili ragioni di bilancio. La lettura di questi testi è stata appassionante e ci ha fornito costantemente informazioni rigorose, punti di vista originali, conoscenze preziose, anche quando gli argomenti esulavano in qualche misura dai criteri che ci eravamo dati.
I lavori che la Commissione ha visionato ci hanno ricordato molti degli aspetti della vita e della personalità di Lorenzo e ci pare di poter dire che quelle che hanno vinto o hanno ricevuto menzioni non sono necessariamente le ‘migliori’ sulla base di uno standard accademico o per la mole di studio, di ricerca e di lavoro, ma perché – stante il rigore scientifico – in qualche misura (e in molti modi) riflettono quello che è stato l’impegno sociale e politico di Lorenzo.
Fra le tante cose che mi sono venute in mente in questi anni, dopo la sua morte, c’è un passo famoso di Primo Levi che parla di un altro Lorenzo: “Io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi e non tanto per il suo aiuto materiale , quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza , con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura; qualcosa di assai mal definibile, una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi. I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanità é sepolta, o essi stessi l’hanno sepolta, sotto l’ offesa subita o inflitta altrui. Le SS malvagie e stolide, i Kapos, i politici , i criminali, i prominenti grandi e piccoli, fino agli Haftlinge indifferenziati e schiavi, tutti i gradini della insana gerarchia voluta di tedeschi, sono paradossalmente accomunati in una unitaria desolazione interna. Ma Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi é accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo” (da Se questo è un uomo).
Ecco, la prima cosa che mi viene in mente parlando di mio fratello è la sua straordinaria umanità, quel suo essere naturalmente incline fin da ragazzo ad aiutare e a condividere. È un dono che ha sempre avuto, qualcosa che si trova in tutta la sua biografia. Anche nei momenti più difficili, anche quando soffriva intensamente riusciva comunque ad occuparsi degli altri. Occuparsi degli altri riduceva e alleviava le sue stesse sofferenze.
La seconda cosa che ai miei occhi lo rendeva profondamente umano stava proprio nel suo essere capace di soffrire intensamente e per così dire “dolorosamente” riconoscendo e accettando tutte le sue debolezze ed essendo ben consapevole di quelle degli altri. Sapeva bene che anche i suoi fratelli o compagni possono essere molto fragili e molto egoisti. Anche quando avrebbe voluto ritirarsi e rinunciare al suo impegno sociale, non riusciva a decidersi e credo che non potesse immaginare un mondo diverso da quello che gli era cresciuto accanto e intorno.
La terza cosa che trovavo in mio fratello era la sua assenza di vanità. Non si gloriava, non pensava di essere diverso o migliore, non si attribuiva capacità o meriti. Ha vissuto il suo impegno più spesso come una necessità accettandone il peso come una condizione della sua esistenza. Nel suo atteggiamento c’era qualcosa di stoico. Il destino gli aveva assegnato un compito e lui doveva semplicemente accoglierlo e farsene carico. Infine c’era in Lorenzo un primato che i politici o i tecnocrati ignorano e su cui solo pochi hanno costruito l’intera esistenza: il primato della coscienza. Davanti allo sbandierato vessillo della legalità Lorenzo ha sempre ribadito il valore della coscienza. Da qui scaturiva il suo senso morale, da qui discendeva la sua vocazione a combattere per gli “ultimi”, per i meno fortunati, cercando di ottenere il riconoscimento dei loro diritti fondamentali.
Inutile ripetere che lui era un esponente della famiglia Bargellini. Lui aveva una sola vera famiglia e con quella famiglia è cresciuto, diventato uomo, e infine anche morto. Questa famiglia è fatta di persone con grande spessore e altrettanta umanità. Si chiamano Vanessa, Monica, Sabrina, Massimo, Majid, Adrian, Cristian, Alexandra, Adriano, Marco, Maurizio, Marius, Stefanino, Lidia, Maria Rosa, Brahim, Mina, Fatna, Flavio e tantissimi altri. Ripeto persone, non categorie sociali, persone con storie e dignità. Persone che gli devono molto ma da cui lui pure ha attinto moltissimo. Lì stavano i suoi maestri e i suoi “familiari”.
Le tesi che hanno vinto si sono trovate ad incrociare in molti modi questi aspetti del suo essere e del suo impegno sociale e con questi hanno fatto i conti. La tesi che a cui si è dato il Premio quest’anno, di Silvia La Torre, possiede una grande capacità narrativa e un ritmo che la rendono estremamente intrigante e coinvolgente. Già l’argomento ha sollecitato tutti noi: il modo in cui si legge e opera socialmente e politicamente la varietà del bianco della pelle, e come lo si è declinato in una realtà complessa e multiforme come quella torinese di porta palazzo. L’autrice è sempre chiaramente “posizionata”, consapevolmente collocata e non manca di far vivere il vasto tessuto sociale che ha indagato e in cui si è profondamente inserita.
La whiteness è una categoria sociale dominante, che si pone come metro di paragone verso ciò che non è considerato “bianco” ed è una categoria invisibile, in virtù del fatto che viene percepita come “normale”. Le gradazioni di ‘bianco’ si declinano sulla base dell’identità sociale, del potere politico ed economico e vengono costruendo una piramide di valori che riflette e rimanda ad una strutturazione del potere finalizzato alla produzione e riproduzione di un complesso sistema capitalistico. La commissione ha voluto premiare, assieme agli argomenti trattati, il modo in cui la ricerca è stata portata avanti ed è stata “narrata”, nella convinzione che Lorenzo ci si sarebbe ritrovato bene, in mezzo a porta palazzo…e alle lotte per la dignità di ogni suo abitante e frequentatore.
Donato Bargellini
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