Maurizio Marchi – Medicina Democratica
Antonio Fiorentino – perUnaltracittà
L’area industriale/portuale di Livorno e Collesalvetti è una delle più inquinate d’Italia se non del Mediterraneo e da tempo è stata inserita tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN), ossia porzioni del territorio nazionale di particolare pregio ambientale, caratterizzati da “elevato rischio sanitario ed ecologico in ragione della densità della popolazione o dell’estensione del sito stesso” e da sottoporre quindi a bonifica integrale.
A partire dal 1998 sono stati individuati ben 42 SIN, tra cui quelli di Taranto, Gela, Piombino, Priolo, Sulcis Iglesiente, e tanti altri ancora, tali da configurare una preoccupante mappa dei veleni d’Italia, sempre più diffusi, letali ma sempre più trascurati dalle autorità governative e locali.
Non è un caso che la superficie del SIN di Livorno, da sottoporre a bonifica sia passata dagli iniziali 2.024 ettari (di cui 1.433 marini e 509 di terra) agli attuali 206 ettari (solo di terra). È molto grave che l’intera area portuale sia rimasta al di fuori della perimetrazione.
E’ una contrazione che si commenta da sola e che invece la Regione Toscana sbandiera come “nuove opportunità” per i territori coinvolti, come quello relativo alla Piattaforma Logistica Integrata Toscana (Darsena Europa), reso possibile quindi dalla semplificazione amministrativa e dalla minore attenzione alle condizioni ambientali e sanitarie dell’area livornese.
Non è un caso che le aree marine del SIN siano state sottratte al controllo ministeriale e derubricate in SIR (Siti di Interesse Regionale) sotto il diretto controllo della Regione Toscana, non per questo più sicuro ed efficace di quello ministeriale.
È proprio in quelle aree marine che si celebra in questi mesi il gigantismo infrastrutturale della Darsena Europa e dei relativi collegamenti ferroviari con l’Alta Velocità nazionale e addirittura con i Corridoi infrastrutturali europei, da più parti contestato visto l’ingente impatto ambientale e finanziario delle stesse opere previste.
Ancora una volta siamo di fronte ad opportunità di risanamento ambientale e di riduzione del danno sanitario completamente disattese in nome di una perversa logica dello sviluppo “costi quel che costi”, cui gli amministratori locali non si sottraggono, inebriati da faraonici progetti ormai vecchi, obsoleti, antistorici, che le nuove condizioni climatico/ambientali stanno dimostrando del tutto improponibili e altamente distruttivi.
E’ comunque il caso di ricordare, sottolineare e denunciare che nonostante la riduzione del SIN, solo il 5% della sua superficie (pocopiù di 10 ettari) è compreso in un progetto di sicurezza/bonifica dei terreni approvato, mentre neanche un solo metro quadro ha visto la conclusione del procedimento. Analoga è la situazione per quanto riguarda la bonifica delle acque di falda!
Insomma, a distanza di vent’anni dalla sua istituzione, stiamo assistendo da un lato allo smantellamento degli ambiti di intervento delle bonifiche (area portuale compresa) mentre, dall’altro, dobbiamo constatare che, tradendo gli assunti iniziali (1998) di istituzione dei SIN, nessuna operazione di bonifica sia mai stata condotta o portata a termine! Le condizioni sanitarie quindi peggiorano, la popolazione locale si ammala, contrae, come vedremo, patologie tumorali al di sopra della media regionale mentre i decisori politici e amministrativi stanno a guardare.
Nella totale assenza di iniziative concrete questi si trastullano nella definizione di bozze di accordi che dovranno essere poi esaminati, valutati, approvati, verificati, variati e nuovamente valutati, e così via fino all’infinito, nella totale e colpevole inconsistenza dell’azione amministrativa a tutela della salute pubblica e delle condizioni di lavoro, pericolose e nocive. Naturalmente, secondo loro, i cittadini non potranno non essere informati: in realtà prevale la reticenza sui dati epidemiologici, non divulgati e difficilmente reperibili, mentre, guarda caso, il confronto è preferibilmente aperto con le associazioni di categoria, “in particolare con Confindustria”.
(continua)
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