Il SIN di Livorno, uno dei più compromessi in Italia da un punto di vista ambientale e sanitario, attualmente non è al centro delle necessarie politiche attive di risanamento e riconversione. Al contrario, prevale un atteggiamento di downsizing, di sottovalutazione, di ridimensionamento al ribasso dell’attenzione che una polveriera industriale ed ecologica di questa entità dovrebbe richiedere.
La recente riduzione dell’area del SIN, in pare divenuta SIR (Sito di Interesse Regionale), da 2.024 ettari (di cui 1.433 marini e 509 di terra) agli attuali 206 ettari (solo di terra) ne è una evidente conferma, e ad oggi, dopo vent’anni di istituzione del sito, nessuna bonifica è stata attuata: il dato peggiore tra i SIN toscani. E’ realmente un quadro desolante che si ritorce contro le popolazioni locali sia dal punto di vista ambientale che sanitario.
Aree oggetto di risanamento, come per incanto, risultano ora non contaminate. Miracolo della “deperimetrazione” amministrativa, voluta dalla Regione Toscana e confermata dal Ministero della Transizione ecologica, enti che sempre più si caratterizzano per una singolare interpretazione della “transizione”, opposta a quella ecologica, da noi tutti auspicata.
La nuova perimetrazione del SIN comprende quindi solo due fonti di inquinamento: la raffineria ENI e l’ex Centrale ENEL. Il Porto, industriale e civile, e le altre aree, comprese quelle a mare, sono state derubricate.
Degli impatti della raffineria ci occuperemo in una scheda apposita, vista l’entità dell’impianto, i problemi legati alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e della popolazione insediata. In particolare la condizione degli abitanti di Stagno, a ridosso dell’ENI, è insostenibile, paragonabile a quanto avviene nel quartiere Tamburi di Taranto, uno dei più inquinati d’Europa: incidenti, incendi, presenza di discariche abusive, rischio sanitario, mortalità prematura e sul lavoro, sono l’ordinario repertorio e corollario di una impressionante condizione residenziale.
In realtà, le fonti di inquinamento e rischio che concorrono a offuscare il quadro livornese sono numerose. Spicca su tutte l’inceneritore, che da oltre 35 anni brucia rifiuti indifferenziati in mezzo ai quartieri nord di Livorno. Sono trattate circa 70 mila tonnellate/anno di rifiuti, dei quali la maggior parte proviene da fuori provincia e Ambito di riferimento. Nonostante la prossima scadenza dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e la conseguente chiusura, anche perché si tratta di un vecchio impianto che non soddisfa le minime condizioni di sicurezza ambientale, la Regione Toscana vorrebbe posticiparne la chiusura. Non sono note le motivazioni e le garanzie che accompagnerebbero questo avventato ripensamento.
Nell’area portuale sono insediati gli impianti produttivi della Rhodia Italia (Solvay dal 2011), con le sue massicce emissioni di polveri e ossidi di azoto, la Novaol – Masol per la produzione di carburanti da olio di palma (il fantomatico biodiesel), inserita nell’elenco delle industrie a rischio incidente rilevante, la Trinseo (produzione di gomma sintetica, ex Dow Chemical) acquistata nel 2016 dal gruppo Sintemar/Grimaldi.
Gli impianti di stoccaggio sono numerosi, per la pericolosità delle sostanze trattate si segnalano: Toscopetrol s.p.a.; Livorno LNG Terminal S.p.A, che dovrebbe realizzare nell’area portuale un deposito di GNL (metano), che ha già sollevato numerose critiche e preoccupazioni visto che non è possibile escludere del tutto il rischio di esplosione del deposito di metano, pericolosamente a ridosso dei quartieri San Marco e Venezia; Laviosa Maritime, Chimica Mineraria, depositi costieri di acido solforico (12.200 ton. nel 2020) e idrocarburi alchilici (940 tonn. nel 2020) pericolosamente trasportati su ferrovia e autostrade.
Nell’area portuale si concentrano alcune aziende di stoccaggio di prodotti petroliferi altamente infiammabili ed esplosivi, non a caso inserite nell’elenco degli impianti a “rischio incidente elevato” (Direttiva Seveso): Costieri D’Alesio, Neri Depositi Costieri spa, dove nel 2018 è esploso un serbatoio provocando la morte di due operai (una recente visita ispettiva ha dichiarato non conformi alcuni impianti che dovranno essere adeguati); Costiero Gas Livorno che gestisce uno dei più grandi depositi di GPL d’Italia; Depositi Costieri del Tirreno (Gruppo Neri).
Come se non bastasse, questi impianti sono continuamente sorvolati, a bassa quota, dai numerosi aerei civili e militari che ogni giorno atterrano all’aeroporto di Pisa, distante solo pochi chilometri. I voli sono in costante aumento e il rischio di incidente aereo è molto concreto. Non vogliamo immaginare quali conseguenze spaventose potrebbe comportare. La richiesta da parte di associazioni del divieto di sorvolo ovviamente non è stata neanche presa in considerazione. Non dimentichiamo che i sorvoli riguardano sia i depositi top secret di Camp Darby che i 900 metri cubi di depositi radioattivi del Reattore Nucleare, ormai spento, di San Piero a Grado sul litorale pisano.
Nella zona nord di Livorno, insistono anche due aziende che trattano rifiuti speciali, Lonzi s.r.l. e RA.RI., da anni al centro di indagini della Magistratura per gravi illeciti ambientali, e non solo. Leggiamo sul sito di Potere al Popolo di Livorno: “i vertici della Ra.Ri. sono indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze nell’inchiesta Dangerous Trash per vari reati, tra i quali spicca l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, ricordiamo tutti la terribile telefonata in cui si diceva che poco importava se sarebbero morti dei bambini”.
Numerose perplessità, non del tutto diradate, ha suscitato l’acquisto della Ra.Ri. da parte della IREOS spa, citata nella Relazione del 2016 della Direzione Nazionale Antimafia, cui è stato garantito il rinnovo delle autorizzazioni amministrative della precedente gestione. Da segnalare i frequenti incendi, più o meno accidentali, che hanno accompagnato le attività di queste aziende.
A 22 km dalla costa incombe la presenza del rigassificatore OLT di GNL (Gas Naturale Liquefatto – Metano), che costa allo Stato, ogni anno, circa 100 milioni di euro di incentivi. Attualmente scarica all’incirca una nave a settimana, in arrivo, con il beneplacito della Regione, l’aumento a 122 navi metaniere. Inascoltate le denunce relative alla intrinseca pericolosità di questi impianti, addirittura ora se ne vuole aggiungere un altro a Piombino. Regione Toscana e Governo centrale, condizionati dalle pressioni delle lobby petrolifere, sono accecati da questa folle corsa al GNL, che non risolverà niente e che invece è solo fonte di ingenti extraprofitti delle compagnie petrolifere, di impoverimento di tante famiglie e attività economiche, di colpevole ritardo nell’abbandono delle fonti energetiche fossili.
Le ricadute ambientali e sanitarie delle attività industriali e portuali coinvolgono tutta la città, se non tutta l’area del litorale pisano/livornese. L’intero ecosistema è in sofferenza, tutte le matrici ambientali sono inquinate ben oltre la soglia di tolleranza, peraltro di per sé discutibile visto che non prevede l’analisi della sovrapposizione degli effetti degli agenti inquinanti.
La politica locale e centrale si distinguono per l’inerzia, per l’ignavia, per l’adeguamento agli interessi delle compagnie petrolifere e di navigazione mentre la condizione dell’intero ecosistema si incancrenisce sempre di più.
I quartieri in grande sofferenza sono proprio quelli a ridosso del coacervo industriale/portuale, un arco residenziale che dal Quartiere Venezia/Centro si estende ai quartieri più popolari a nord della città, quali San Marco, Shangay, Corea, Le Sorgenti e Stagno (Collesalvetti), per un totale di circa 30.000 residenti (al 2017).
Le bonifiche non possono più essere procrastinate, la riconversione del modello energetico fossile, che non ha futuro, anzi letteralmente lo brucia, non può più attendere.
Non è un caso che in questi anni la popolazione locale e i lavoratori sperimentino nuove forme di organizzazione, di lotta, di denuncia dei tanti rinvii, delle innumerevoli omissioni, delle colpevoli inadempienze sia delle autorità politiche che delle imprese.
Si mobilitano affinché non siano più minacciati da sconsiderate politiche industriali e urbane, affinché sia rispettato il loro diritto alla salute e alla sicurezza, affinché Livorno non sia più la cloaca dei veleni della Toscana.
(continua)
Maurizio Marchi – Medicina Democratica Livorno
Antonio Fiorentino – perUnaltracittà Firenze
Qui gli articoli precedenti:
# 1 – IL S.I.N. DI LIVORNO BOMBA ECOLOGICA DELL’ALTO TIRRENO (1)
# 2 – A LIVORNO ABITANTI E LAVORATORI SI BATTONO PER UN PORTO PULITO E SICURO (2)
Mi da fastidio sentire parlare tutte le volte di inquinamento dei quartieri nord della città. E’ Livorno e provincia ad essere inquinate perché quando “spurghi! i fumi dei tuoi lavorati con ciminiere alte decine di metri è chiaro che questi prodotti inquinanti cadono molto lontani dalle ciminiere (Vi siete mai domandati come mai un’azienda ha bisogno di fare costose ciminiere, cosi alte, per spurgare i propri scarti di lavorazione?). Come ho già detto altre volte, non potendo fare altro, io sto sotto le ciminiere a distanza stateci voi insieme ai fumi delle navi del porto e quelli si che sono tutti di chi ci abita. Il mio sospetto è che a qualcuno interessi dire cosi! Per esempio se avessi da vendere delle case in zone comunque inquinate mi farebbe comodo che questo messaggio passi arrecando anche un danno economico ai quartieri in questione!! Dipendesse da me farei un’associazione di residenti e vi chiederei anche i danni con le motivazioni sopra esposte!
Rudi Giuli, i pregiudizi accecano e non fanno capire che la denuncia della pericolosa condizione dell’intera zona e dei quartieri più esposti al rischio sanitario, può e deve aprire la strada per migliorare la vita dei residenti e, guarda caso, anche dei suoi figli e nipoti. Non farlo sarebbe suicida. Si rimbocchi le maniche e cominci a far valere i diritti suoi e di quelli che vivono attorno a lei.
Caro signor Giuli, se lei abita sotto le ciminiere forse (forse, eh!) si difende dai fumi di queste, ma l’articolo mi pare denunci una situazione generale piuttosto diffusa. Sinceramente, pensare di denunciare chi denuncia invece di chi inquina mi pare una posizione suicida. Io le consiglierei di contattare i gruppi che cercano di difendersi dal male, invece di nascondere i sintomi.
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