Tecnomagia, Estasi, totem e incantesimi nella cultura digitale di Vincenzo Susca

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Con il gentile permesso della casa editrice pubblichiamo prefazione e introduzione dal libro: Vincenzo Susca, Tecnomagia, Estasi, totem e incantesimi nella cultura digitale, Mimesis, Milano 2022, pp. 268, € 15.00

La tecnomagia ordita da streamertiktokermemer influencer – tra le pieghe e le piaghe del capitalismo neo-liberale – ci strega, costringe e vampirizza, al contempo assembrando corpi, calamitando emozioni, risvegliando passioni arcaiche e innescando visioni futuriste.
All’apice della sua storia, ogni tecnica assume sempre una risonanza magica dai tratti stupefacenti e spaventevoli, accompagnati dall’obsolescenza di ciò che essa si lascia dietro. Nell’epoca attuale tale processo investe l’essere umano, divenuto l’oggetto, e non il soggetto, di una metamorfosi che trascende e supera le sue qualità razionali, biologiche e sociali. (si apre in una nuova sched
La panoplia di emojitrollfake worldstorycreepypastachallengenude avatar nei flussi del Web, così come la proliferazione di vecchi e nuovi feticci nella vita quotidiana, rivelano una verità insorgente nel nostro tempo: la tecnologia cessa di essere l’arte del logos e non si manifesta più come una mera serie di strumenti grazie ai quali risolvere problemi, svolgere compiti e agire sul mondo. Essa si trasforma – su Instagram, Tik Tok, Twitch o OnlyFans – in una tecnomagia atta a favorire la comunione di comunità, macchine, forme organiche e inorganiche intorno a passioni, icone e totem, nell’ambito di catene senza fili di cui l’individuo non è più l’attore principale. La tecnomagia è una danza sulle rovine, l’estasi nel cuore della distopia. (Dalla quarta di copertina).

PREFAZIONE
TECNOGRAZIA E MUTAZIONI

La bellezza convulsiva sarà erotico-velata, esplosivo-fissa, magico-circostanziale o non sarà.

André Breton, L’amour fou

 

Le luci del nostro tempo brillano di oscurità. Durante tutta la modernità, abbiamo accarezzato il mito secondo il quale il progresso ci avrebbe donato, nel solco di un piano razionale, l’emanci­pazione da ogni schiavitù, il benessere e la felicità. Secoli di forsennata produzione, accumulazione e consumi ci hanno invece gettati in un presente tenebroso ove, impigliati nelle maglie delle reti digitali, sopraffatti dal sistema degli oggetti e travolti dalle crisi sanitarie, dalle catastrofi ambientali e da inedite ed efferate guerre, regnano sovrane l’alie­nazione e la depressione, donde il corollario sono i fuochi fatui del successo e i simulacri del diverti­mento.

Eccoci volontariamente costretti in catene senza fili che non possiamo e non vogliamo più distruggere. Non si tratta meramente della nostra indulgenza, se non sottomissione, nei confronti delle strategie seduttive del neo-capitalismo, e ne­anche della compiacenza più o meno diretta verso i nuovi totalitarismi che attraversano, con diversi gradi di sincerità e di violenza, le forme di potere contemporanee, ma del prepotente ritorno di una logica della dipendenza che inferisce un colpo letale all’individuo autonomo e razionale sorto a partire dal Rinascimento.

In uno scenario del genere, un passo in là oltre l’Umanesimo, la tecnica non è più un sistema a disposizione della ragione umana teso ad agire sul mondo al fine di modificarlo o a risolvere proble­mi in direzione del progresso, ma è il mondo che abitiamo, fine a se stesso, dove le cose, gli algorit­mi, le macchine e i sistemi informatici permeano e dominano i nostri corpi fino a renderli una parte integrante del regno delle merci, degli spettacoli e delle informazioni. Tuttavia, nel momento stesso in cui sembra risuonare ovunque, con le più fo­sche note, il tintinnio dell’ultima ora, sotto forma di incidenti di ogni genere, terrorismi, guerre e violenze, qualcosa resiste ed altre germogliando da­gli interstizi del quotidiano alle scene urbane, dai margini della strada alle campagne aperte, dalle scene danzanti ai flussi audiovisivi.

Persino nei momenti più lugubri della recente pandemia, anche allorché la sorveglianza e la paura sembravano mortificare sul nascere ogni sussulto del corpo sociale, abbiamo assistito all’emergenza di tumulti dalle sfumature festive e sovente carnevalesche come la musica dai balconi, gli aperitivi su Zoom, i live infiniti di Facebook, i trend e le challenge di Tik Tok, gli stream di Twitch, le story e i reel di Instagram, i send nude di Tinder e Grindr e altri riti atti ad esorcizzare la morte, se non a metabolizzarla. I piaceri, i sorrisi e le vibrazioni strappate da un contesto tanto tetro segnalano la presenza e la vitalità, nel cuore della tragedia, di persone e gruppi che, in una sorta di tecnograzia, riescono a danzare in estasi tra le catene, raschiando il piacere e la libertà anche nelle prigioni dell’intrattenimento come Netflix, Twitch, Minecraft, Fortnite, Tinder, Only Fans o Grindr.

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All’apice della sua storia, ogni tecnica assume sempre una risonanza magica dai tratti al contempo stupefacenti e tremendi. Il suo apogeo è costantemente accompagnato dall’odore dell’obsolescenza di ciò che essa si lascia dietro. L’umanità è oggi l’oggetto, più che il soggetto, di una metamorfosi che trascende e polverizza le sue qualità biologiche e sociali, tradizionali e morali. Stiamo esperendo, con tutti i brividi del caso, i limiti e gli eccessi della nostra condizione, in un contesto dove la tecnologia smette bruscamente di essere il dispositivo del lògos nel senso filosofico della ragione o del pensiero, divenendo tecnomagia, ovvero sistema di nuovi e vecchi totem, riti e miti attorno ai quali il soggetto si perde e si confonde. In una siffatta rete di dipendenze, una sorta di danza macabra, dove siamo posseduti dagli oggetti che crediamo di pos­sedere e agiti laddove siamo convinti di agire, le persone coinvolte esperiscono una sorta di trance, che è al tempo stesso pura vibrazione nell’ambien­te dove sono immerse e fuga dall’io verso ciò che lo precede ed eccede, tra remoti arcaismi e visioni futuristiche, al di là delle utopie e delle distopie.

Preda di una spirale contagiosa, l’umano si fa, al contempo, cosa, informazione, spettacolo, merce, opera d’arte e artista, spogliandosi della propria identità per dissolversi nell’alterità e ritrovarsi, come sotto l’effetto di sostanze psicotrope, altro da sé. Eccoci pertanto come altrettanti tecno-maghi e cavie volontarie di una sperimentazione totaliz­zante, in tempo reale e oltre lo spazio fisico, sulla vita a venire.

Se l’ultimo secolo è stato istruttivo nello svelare le contraddizioni abissali dell’umanesimo, è giunto forse, oggi, il momento di riconoscere cosa sta nascendo, al di là del bene e del male, dalle rovine dell’Occidente e della modernità. La marcia trionfale del soggetto impostosi come centro dell’uni­verso, padrone della natura e del proprio destino per mezzo di estensioni tecnologiche di volta in volta più esorbitanti rispetto alla natura umana, ha condotto non solo e non tanto, seguendo le intu­izioni di Martin Heidegger, alla devastazione del mondo, quanto all’annichilimento degli umani.

Immagine creata da una AI (Intelligenza Artificiale) su questa mia indicazione: “the mechanical magician of the tarot”

Il libro tra le vostre mani esplora e interroga le mutazioni culturali, sociali e antropologiche in opera ai giorni nostri, dopo tutte le catastrofi degli ultimi decenni, con particolare riferimento all’im­maginario e alle forme di comunione, comunità e anche comunicrazia che saldano tra loro, nuo­vamente e in modalità sperimentali, i frammenti fragili e scomposti del nostro mondo, sviluppando forme di esistenza ibride e ricombinate, secondo inedite parentele, nel solco di logiche inclusive. Il paradigma della connessione che contrassegna la nostra cultura, in tutte le sue declinazioni media­tiche e fisiche, naturali e sociali, potrebbe dunque rinviare a una rinnovata forma di partecipazione magica tramite cui, dopo secoli di separazione, gli esseri umani riscoprono il loro accordo profondo, la loro interdipendenza, se non la stretta dipenden­za nei confronti di ciò che li circonda. Nel bel mez­zo di violenze e alienazioni che evocano i sortilegi, i malefici e gli incantesimi narrati dalle leggende popolari di ogni tempo, insorgono pratiche e im­maginari tecnomagici che, nel mentre decentrano l’essere umano rispetto al sistema degli oggetti, alle macchine, alle reti e alla biosfera, stanno prefi­gurando la nuova carne a venire. Carne elettronica. Forme elementari del post-umanesimo.[1]

INTRODUZIONE
LO SCENARIO

L’elettronica e l’antropologia: lontane parenti che la recente modernità ha avvicinato fino a unirle in matrimonio.

Ian McEwan, Macchine come me

I riti, le cerimonie e le effervescenze tipiche del sacro si manifestano nell’alveo delle culture digitali non soltanto attraverso la proliferazione di nuovi culti e l’attualizzazione on line di forme religiose tradizionali, ma soprattutto elevando spiritualmente gli oggetti[2] le pratiche[3].o le immagini effimere, ludiche e oniriche[4]. Nella maggior parte dei casi sono in campo figure che evocano il vissuto nella sua natura più sensibile e allo stesso tempo immateriale: la sua carne[5] e il suo immaginario[6]. Si tratta dell’ultima espressione di ciò che Émile Durkheim nomina il “divino sociale”[7], donde si irradiano una moltitudine di piccole chiese caratterizzate da un debole grado di istituzionalizzazione e una densità simbolica ed emotiva elevata[8]. In questo senso, la socialità digitale acquista un valore determinante per trasfigurare la vita ordinaria, il dominio del profano, in una forma di esperienza mitica e mistica, sfiorando il sacro nel suo aspetto selvaggio[9]. In effetti, le relazioni sorte dai paesaggi mediatici, fisici e simbolici contemporanei rivelano una capacità di associare ciò che è separato nel tempo e nello spazio fino a tempi recenti riservata soprattutto agli ordini spirituali, esoterici o mistici[10]. È così che la cultura della connessione[11], della condivisione e dell’always on diffonde verso sfere profane un insieme di esperienze simboliche che richiamano i misteri religiosi[12]. Tale immaginario comporta l’alterazione del rapporto moderno tra la tecnica e la società secondo un paradigma che definiremo nel corso delle pagine a venire tecnomagico[13].

Le comunioni dalle sfumature pagane[14] celebrate attraverso i nuovi riti dei media e della socialità contemporanea sostanziano una forma di credenza basata sulla condivisione di segreti[15], di emozioni[16] e stili di stampo comunitario, fondati sulla dimensione del “comune”[17]. Al di là delle caratteristiche dei miti che occupano uno spazio privilegiato all’interno dei flussi della comunicazione, è sempre il corpo sociale e il corpo tout court, in accordo con il sistema degli oggetti e dei segni, con il regno vivente e non-vivente, ad essere glorificato attraverso delle liturgie digitali, sprigionando i bagliori di un corpo glorioso. Sono gli stessi dati della vita mondana[18], ben oltre la secolarizzazione e il disincanto, a ritrovarsi dunque sacralizzati: la carne e la sua voluttà[19], la materia nella sua essenza sensibile e senziente[20]. In questo scenario, i media diventano i nuovi totem dell’essere-insieme. In effetti, allorché i mezzi della riproducibilità tecnica estirpano l’aura dall’opera d’arte[21], il pubblico ne diventa gradualmente – in relazione con tutta la sua alterità – l’oggetto e il soggetto, rivelandosi come protagonista di un processo di estetizzazione[22] che forma un tutt’uno con la sua sacralizzazione.

Il culto di Internet[23], con tutta l’ideologia che lo impregna[24], risveglia nuove forme di feticismo, utopie, leggende ed idolatrie. Esse dimostrano fino a che punto i dispositivi in questione non costituiscono mere tecnologie al servizio di un progetto politico-economico di tipo razionale e funzionale, ponendosi invece come territori esistenziali atti a canalizzare e ad accogliere una sorta di “vita improduttiva”[25], ovvero desideri, sensibilità e impulsi irriducibili all’idea del progresso e delle grandi narrazioni tradizionali. Nel solco di un siffatto immaginario collettivo, ci proponiamo di verificare in che misura e secondo quale forma l’opinione pubblica sulla quale si fonda la cultura occidentale e moderna[26] lasci spazio a un’emozione pubblica per cui la ragione non dirige più i sensi, ma dove i sensi orientano il pensiero. Constatiamo ivi uno slittamento da un paradigma basato sull’individuo e l’astrazione a un altro radicato sul noi e l’empatia[27], o meglio la tele-empatia, nel quale il modello spazio-temporale dell’ubiquità, della prossimità e della sincronia diventa essenziale.

La differenza fondamentale qui perlustrata concerne le inedite prospettive degli immaginari attorno ai quali si saldano i legami contemporanei: le effervescenze, le adesioni e le credenze collettive zampillanti tra le strade e i mediascape non proiettano più, come è stato il caso fino agli anni Settanta del Novecento, il corpo sociale verso l’altrove – la società perfetta, la salvezza, il paradiso celeste o terrestre. Esse, al contrario, sono avvolte da un’aura sacra nella misura in cui consentono agli individui di connettersi, confondersi e vibrare all’unisono nel presente, immergendosi nel mondo nella maniera più intensa e incarnata possibile. Ciò avviene, con tutti i paradossi che ne conseguono, anche laddove queste esperienze siano indissolubilmente legate alla dimensione del consumo[28] e all’effimero[29]. In una simile condizione, la fede non è più orientata verso il futuro. Non si fonda su concetti e figure astratte. Al contrario, diventa un’esperienza radicata nell’hic et nunc[30], nella vita quotidiana e in rete[31], votata da un lato alle dimensioni materiali e sensibili, da un altro a un universo immateriale vicino alla fantasia e al sogno. Per comprendere questo passaggio, è ne­cessario descrivere e interpretare il cambiamento di paradigma tra la tecnologia che è stata conce­pita dal Rinascimento alla metà del XX secolo[32] e la tecnomagia contemporanea, fonte di nuovi incantesimi, trance, possessioni, feticci, fantasie e derive emotive, senza dimenticare la preziosa indicazione fornita da Marshall H. McLuhan: “Il misticismo non è altro che la scienza del domani sognata oggi”[33] .

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  1. Questo libro ha una storia curiosa. L’ho scritto in francese tra il 2019 e il 2021 per poi affidarne la traduzione in italiano a Michelle Grillo. Ricevuto il testo, ho avvertito il bisogno e il desiderio di integrarlo alla luce delle mie re­centi riflessioni, tanto da presentarne, di fatto, una versione quasi completamente diversa dalla prima bozza, decidendo altresì di sospendere la sua pubblicazione in francese in attesa di modificarlo alla luce di ciò che nel frattempo è dive­nuto. Ringrazio Michelle Grillo e Gabriele Forte della loro preziosa collaborazione alla cura della presente edizione; Claudia Attimonelli per il sostegno, l’ispirazione e i fiumi di ore trascorsi insieme a discutere di mediologia; Stefano Raimondi per la pazienza e la fiducia; Christian, Emiliano, Guido, Ian e Vincent di aggiornarmi costantemente rispetto alle novità tecnosociali.
  2. D. Houtman, B. Meyer, Things: religion and the question of materiality, New York, Fordham University Press, 2012.,
  3. H. Carolyn, The multimediates rhetoric of the Internet: digital fusion, New York, Routledge, 2014
  4. V. Susca, Les Affinités connectives. Sociologie de la culture numérique, Parigi, Cerf, 2016.
  5. R. Esposito, Bìos. Biopolitica e filosofia, Torino, Einaudi, 2004; M. Henry, Incarnation. Une philosophie de la chair, Parigi, Seuil, 2000.
  6. G. Durand (1963), Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari, Dedalo, 1993.
  7. É. Durkheim (1912), Le forme elementari della vita religiosa, Torino, Bollati Boringhieri, 2020.
  8. M. Maffesoli (2020), La nostalgia del sacro, Roma, Arman­do Editore, 2022.
  9. R. Bastide (1975), Il sacro selvaggio, Milano, Jaca Book, 2010.
  10. E. Davis (1998), Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, Napoli, Ipermedium, 2001.
  11. A. Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, Milano, Guerini & Associati, 2004.
  12. H. Campbell, Digital religion, New York, Routledge, 2012.
  13. Il neologismo è stato proposto dall’autore nei libri Ricrea­zioni, Milano-Roma, Bevivino, 2008; Gioia Tragica, Mila­no, Lupetti, 2010; nel numero Technomagie della rivista Les Cahiers européens de l’imaginaire, 2009, CNRS éditions, Parigi, di cui M. Dandrieux et V. Susca sono i direttori edi­toriali, Ndc (nota dei curatori).
  14. D. E. Cowan, Cyberhenge. Modern Pagans on the Internet, Londra, Routledge, 2005.
  15. G. Simmel, La religione, a cura di A. M. Curcio, Roma, Bulzoni, 1994.
  16. M. Weber, Economia e Società, Roma, Donzelli, 2005.
  17. P. Virno, Grammatica della moltitudine, Roma, DeriveApprodi, 2014.
  18. V. W. Turner, The ritual process, New York, Penguin Books, 1974.
  19. C. Attimonelli, V. Susca, Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne, Milano, Mimesis, 2016.
  20. M. Perniola, Il sex appeal dell’inorganico, Torino, Einaudi, 1994.
  21. W. Benjamin (1936), L’opera d’arte al tempo della ripro­ducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 2011.
  22. 21 G. Lipovetsky, J. Serroy, L’esthétisation du monde. Vivre à l’âge du capitalisme artiste, Parigi, Gallimard, 2013.
  23. Ph. Breton, Le culte de l’Internet. Une menace pour le lien social?, Parigi, Éditions La Découverte, 2000.
  24. P. Musso (2003), Ideologia delle reti, Milano, Apogeo, 2007.
  25. G. Bataille (1967), La parte maledetta preceduto da La nozione di dépense, Torino, Bollati Boringhieri, 2015; Ph. Joron (2010), La vita improduttiva e l’eterologia sociologica, Roma, Rogas, 2022.
  26. J. Habermas (1962), Storia e critica dell’opinione pubblica, Bari-Roma, Laterza, 1995.
  27. M. McLuhan (1964), Capire i media. Gli strumenti del co­municare, Milano, Il Saggiatore, 2015.
  28. L. Obadia, La marchandisation de Dieu. L’économie reli­gieuse, Parigi, CNRS éditions, 2013.
  29. E. Pace, “Les cyber-religions entre dématérialisation du sacré et réenchantement du monde”, Sociétés, La dématé­rialisation du sacré, N. 139, Bruxelles, De Boeck, 2018.
  30. P. Haynes, Immanent transcendence. Reconfiguring material­ism in continental philosophy, New York, Continuum, 2012.
  31. M. Castells (1996), La nascita della società in rete, Milano, Università Bocconi Editore, 2014.
  32. G. Simondon (1983), Sulla tecnica, Nocera Inferiore, Orthotes, 2017.
  33. M. McLuhan (1969), Intervista a Playboy. Un dialogo diretto con il gran sacerdote della cultura pop e il metafisico dei media, Milano, Franco Angeli .
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