Recentemente sono uscite pubblicazioni su siti istituzionali e su media diversi a proposito del consumo di suolo a Firenze nell’ultimo quindicennio. I dati sono ricavati da telerilevamento satellitare, con i limiti del caso, dovuti in parte alla modesta risoluzione dei rilievi, in parte alla fedeltà dell’interpretazione, garantita all’85% e in gran parte basata sull’intelligenza artificiale; gli errori interpretativi possono essere importanti, per esempio secondo ISPRA l’ex ippodromo Le Mulina sarebbe una superficie interamente artificiale dal 2016, in realtà i terreni abbandonati si stanno progressivamente rinaturalizzando, colonizzati da pioppi.
Le principali fonti di riferimento sono ArcGis ISPRA e Corine Land Cover, entrambi strumenti utili a scala regionale e provinciale, con importanti limitazioni a scala comunale, alla quale è più appropriato il Geoscopio della Regione Toscana, tematismo Uso e Copertura del Suolo (CorineLC livello 4) e simili strumenti di altre Regioni. Di una certa utilità è anche la lettura del documento Piano di Forestazione urbana ed extraurbana del PNRR.
In ciascuno dei casi non vengono registrate piccole trasformazioni, come l’impermeabilizzazione di una corte privata che da giardino diventa parcheggio, che invece potrebbero nel loro complesso avere un impatto significativo sul microclima e soprattutto sulla regimazione delle acque meteoriche. ArcGis ISPRA si basa su pixel quadrati di 10m di lato, il che permette l’individuazione della viabilità urbana, mentre CorineLC livello 3 individua poligoni estesi almeno 25 ettari (5 ettari l’unità trasformata minima), ma non registra usi lineari del suolo larghi meno di 100m.
La perdita di suolo vivo è valutabile abbastanza facilmente in caso di conversione da ecosistemi naturali o agro-pastorali a edificato o infrastrutture. Tuttavia all’interno della città si assiste a numerose trasformazioni di destinazione d’uso tra classi artificiali diverse.
Nel quindicennio 2006-2021 secondo ISPRA si registrerebbe la perdita di 41 ettari, piccola percentuale rispetto ai 102 Km2 del territorio comunale, ma Corine Land Cover ci mostra come il quindicennio in esame sia stato preceduto da un periodo 1990-2006 caratterizzato da perdite di suolo assai più importanti connesse a urbanizzazione residenziale e infrastrutturazione su terreno vergine. Le maggiori nuove urbanizzazioni hanno interessato Mantignano, Ugnano, Galluzzo, Ponte a Greve e Rovezzano.
Tra il 1954 e il 2019 la superficie boschiva è cresciuta, come attestato da Geoscopio regionale, insediandosi su terreni agricoli abbandonati, cave di ghiaia e fabbriche dismesse.
Prendiamo in esame cinque casi paradigmatici in sequenza da ovest a est:
1) cava di ghiaia abbandonata in località Le Piagge;
2) terreno agricolo abbandonato da decenni in attesa di edificazione, soggetto a un lungo contenzioso che ha visto vincente la proprietà;
3) albereta spontanea insediatasi su parte dell’area ex FIAT di Novoli;
4) bosco collinare di latifoglie parzialmente intaccato da abusi edilizi con deturpamento di bellezze naturali, oggetto di processo penale;
5) arbusteto postcolturale in evoluzione rimesso a coltura due volte dopo due periodi di abbandono, parzialmente convertito in parcheggio.
Le sorte di queste aree, in attesa del Piano Operativo Comunale, si poteva immaginare dalla consultazione contestuale del Piano strutturale e del Regolamento urbanistico:
1) ATa 09-08 Campania – realizzazione di nuova edificazione all’interno dell’area di concentrazione individuata con reperimento della quota del 20% da destinare ad edilizia convenzionata, progettazione e realizzazione di nuova viabilità di collegamento e di due aree di parcheggio, parco pubblico nella porzione centrale dell’area di trasformazione;
2) AT 09-02 Carraia-Gemignani – previsto un imponente intervento edilizio, avverso il quale la cittadinanza attiva aveva presentato osservazioni, respinte;
3) AT 10-04 Guidoni – l’albereta spontanea è stata soppressa per far posto a un imponente intervento edilizio;
4) sub-sistema della collina coltivata – il parcheggio inghiaiato è ritenuto evidentemente compatibile;
5) aree per servizi pubblici e privati di uso pubblico; la maggior parte del bosco si è salvata grazie a all’intervento della polizia giudiziaria concluso con condanna penale, abuso edilizio sanato con prescrizioni.
In quattro casi su cinque la perdita di suolo è legittimata dallo strumento urbanistico, in un solo caso si è trattato di un abuso.
I lavori preparatori del Piano operativo comunale sono stati condotti sotto stretto riserbo, salvo qualche comunicato stampa dell’Assessore competente e qualche anticipazione generale in conferenze di settore. In particolare l’Accademia italiana di Scienze forestali ha pubblicato nel 2021 “Il ruolo ambientale degli alberi della foresta urbana a Firenze” comprendente la “Carta della foresta urbana del Comune di Firenze”, sviluppo aggiornato e approfondito di un contributo del secondo congresso internazionale di selvicoltura, che descrive tra l’altro le aree di saggio succitate come segue:
1) misto conifere e latifoglie decidue;
2 e 5) latifoglie decidue;
le aree 3 e 4 non erano più boschive al momento del rilievo.
È stato eseguito anche un censimento degli spazi aperti del territorio comunale, peraltro individuando un’intrigante categoria “terzo paesaggio”, ma al momento non è dato averne una cartografia leggibile. L’annuncio più sorprendente e deludente è stato quello dell’Assessore Cecilia Del Re in data 17/11/2021 che lasciava ai cittadini la speranza di potersi esprimere scegliendo un’area per Quartiere da destinare a nuovo verde pubblico tra dieci individuate dal Comune; la consultazione online non ha avuto luogo.
Una qualche utilità potrebbero avere anche piccole strisce di terreno permeabile non cartografabili, con funzione di regimazione delle acque meteoriche (rain garden), ma solamente grandi superfici permeabili alberate, da misurarsi in ettari, riescono a mitigare significativamente gli estremi climatici e a depurare l’aria.
Nelle aree industriali dismesse si ricorre abbastanza spesso alla demineralizzazione, seguita dalla bonifica dagli inquinanti accumulati, come metalli pesanti e oli minerali. Un suolo impermeabilizzato da decenni perde le sue caratteristiche biologiche, idrologiche e strutturali e una volta riportato alla luce si rivela ostile per la vegetazione che vi si pianta, che difficilmente prospera; la sostituzione del terreno con materiale di scavo ben selezionato pare irrinunciabile prerequisito. Diverso è il caso delle massicciate ferroviarie abbandonate, precocemente colonizzate da vegetazione spontanea, anche legnosa (in pianura soprattutto pioppi); da decenni si registra la conversione di reti ferroviarie dismesse in parchi (es. Berlino, Edimburgo) particolarmente apprezzati dalle popolazioni; anche l’area ex OGR di Firenze è suscettibile di un simile sviluppo, purché si rinunci alla massimizzazione della rendita immobiliare e alla nuova viabilità di scorrimento veloce.
Le intenzioni della Giunta comunale saranno presto rivelate con la pubblicazione ai fini dell’avvio del procedimento del Piano operativo, che sarà discusso dal Consiglio e rispetto al quale i cittadini potranno inviare osservazioni. Un’anticipazione delle aree privilegiate dal Comune per l’azione di incremento e miglioramento delle aree verdi di competenza è data dal PON Metro React in risposta alla pandemia di Covid-19; un comunicato stampa individua le categorie di interventi finanziati, alcuni di verde artificiale fuori terra inutile i fini della difesa del suolo, ma non la lista completa dei siti; alcune aree drammaticamente carenti di verde pubblico, come il rione Leopolda-Puccini-San Jacopino, potrebbero ancora una volta rimanere escluse da interventi incrementali e migliorativi. I finanziamenti con fondi comunitari a breve scadenza non sono molto utili all’ottimizzazione dell’uso del suolo e alla massimizzazione del verde in piena terra, finalità perseguibili solo con programmazione a media-lunga scadenza, che si concretizzerà nell’atteso Piano del Verde.
Paolo Degli Antoni
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