Airbnb e le mani sulla città, come la piattaforma di affitti brevi sta generando un monopolio privato gestito dai grandi gruppi immobiliari

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L’immagine di Airbnb che viene propagandata tende a descriverla come un innovativo progetto che conferisce a qualsiasi host la possibilità di fittare il proprio immobile per brevi periodi. Nata da tali intenzioni, la piattaforma pare abbia radicalmente mutato le proprie finalità. A Firenze, non a caso, gli affitti brevi di AirBnb sono diventati monopolio dei giganti del settore immobiliare.

Il portale HostAirBnb, a questo proposito, rivela dati sconcertanti: 20 soggetti (“host”) controllano 1.101 appartamenti del capoluogo toscano. Gran parte di questi si trovano nel centro storico della città. Ulteriore anomalia che merita di essere evidenziata risiede in un altro dato allarmante: solo il 33% degli host mette a disposizione un solo appartamento. Percentuale, quest’ultima, che evidenzia come le buone intenzioni di Airbnb siano fallite e mutate dalla sua nascita ad oggi e come, inoltre, i grandi gruppi immobiliari controllino ormai il mercato.

Da ciò non è difficile intuire che non si tratta soltanto di fiorentini che, guidati da uno spontaneo quanto insolito senso di ospitalità, decidono di mettere a disposizione il proprio appartamento o eventuali camere di cui dispongono. Al contrario, si tratta di multi-proprietari che controllano molteplici appartamenti e strutture s ul territorio cittadino e che, proprio per tale ragione, traggono enormi profitti da questa attività. L’inserimento di grandi gruppi immobiliari nel mercato decreta il fallimento dell’immagine “aperta” e “condivisa” che la piattaforma intende invece offrire di se stessa.

Per fare un esempio, a Firenze, ad occupare la prima posizione nella classifica degli host aventi il maggior numero di strutture è Homes in Florence (noto sul portale di affitti brevi come Edoardo e Michela) che, solo nel centro storico della città, detiene ben 169 appartamenti.

A Firenze Airbnb registra circa 11.000 strutture che fanno riferimento alla piattaforma. Di queste, la metà detengono l’etichetta di “strutture attive”, ossia affittate e fruite di frequente da parte degli utenti. Dal sito “Inside Airbnb” emergono ulteriori dati emblematici. Primo fra tutti è che la maggioranza delle strutture che aderiscono ad Airbnb sono situate nel centro storico di Firenze (l’82% del totale). In generale, il Quartiere 1 ospita il 76,3% delle strutture “attive”. Dunque, la maggioranza di tali strutture è situata nell’area UNESCO.

Al netto delle statistiche, il fenomeno degli affitti brevi non va osservato come un innocuo risvolto del turismo di massa, né tantomeno come una innovativa trovata imprenditoriale. Al contrario, inserendosi all’interno dei tessuti urbani, esso tende a creare le condizioni affinché qualsiasi logica abitativa che fuoriesca da quella degli affitti brevi venga bandita. Di conseguenza, la possibilità di trovare e mantenere affitti stabili viene neutralizzata. A risentirne sono le città, la loro identità popolare e le condizioni di vita dei residenti.

Questa situazione non è frutto di una casualità. Il primo fattore che concorre alla sua spiegazione è rappresentato dalla pandemia. Durante la crisi sanitaria, infatti, molti proprietari di piccoli immobili si sono trovati impossibilitati a mantenere le rispettive proprietà. In tale scenario, i grandi host non hanno avuto difficoltà ad intervenire, acquistando gli appartamenti e inserendoli nel mercato degli affitti brevi.

Ad aggravare ulteriormente la situazione è il turismo di massa. Quest’ultimo ha generato un’esponenziale conversione di appartamenti in residenze Airbnb: dai 7.500 a 11.000 attuali. Trattasi di numeri che non vanno osservati singolarmente. L’aumento di appartamenti e/o camere destinate al turismo di massa comporta inevitabilmente l’aumento del prezzo degli affitti in tutta la città. E da qui la conseguente impossibilità di vivere a Firenze.

Il fenomeno AirBnb palesa la natura meramente diseguale del turismo di massa. Un turismo che tende ad annichilire i luoghi che attraversa. Perché se da un lato alimenta il mercato degli affitti a vantaggio dei grandi gruppi immobiliari, dall’altro sfratta i residenti dalla propria città. Firenze diviene una vetrina, nella quale ad ottenere vantaggio sono soltanto coloro che dispongono dei capitali necessari da investire sul mercato.

 

3 commenti su “Airbnb e le mani sulla città, come la piattaforma di affitti brevi sta generando un monopolio privato gestito dai grandi gruppi immobiliari”

  1. Mi sembra un bell’articolo e molto condivisibile. Viene da chiedersi: e il Comune che fa? (la risposta cmq lav conosco già).

    1. Ornella De Zordo

      Caro Giovanni, hai ragione, la risposta la conosciamo; e tuttavia sappiamo quanto è importante che vi sia maggiore consapevolezza di quello che avviene. Perché senza consapevolezza non ci può essere una reazione alle decisioni che ci vengono imposte.
      Grazie per leggerci!

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