La crisi avanza, il governo annaspa e i manganelli tornano a colpire.

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La crisi avanza, il governo annaspa e non a caso i manganelli tornano a colpire. Oggi a Torino, un corteo di studenti che contestava la presenza della premier Giorgia Meloni è stato oggetto di forti cariche della polizia e – una volta dispersi – di una vera e propria caccia all’uomo, con botte inflitte ai singoli (giovanissimi) manifestanti, isolati e indifesi. Un fatto grave, seppur certo non sorprendente, che bene illumina la fase che ci troviamo ad attraversare e le sue contraddizioni.

Studenti Torino

Nell’Italia fanalino di coda in UE per numero di laureati, con l’inflazione che segna un disastroso +5,3% su base annua, a ruota drammatico calo dei salari reali (il più grave tra i 38 paesi Ocse, -7,5% rispetto ai dati pre pandemia) e conseguente crollo del potere d’acquisto dei cittadini, nel pieno di una crisi da caro affitti che ha ormai raggiunto livelli insopportabili (con un aumento generale del 40% rispetto al 2019), il governo risponde alle richieste di una piena e reale attuazione del diritto allo studio secondo due direttrici: da un lato favori e le prebende ai rentier e ai palazzinari degli studentati di lusso; dall’altro botte e offese (e di pochi giorni fa un’esternazione del ministro Salvini il quale alle richieste di quelli che definiva “attendati nullafacenti” contrapponeva un “piano casa per la borghesia”) agli studenti organizzati.

Si sostanzia così, in piena e perfetta chiarezza, la natura di cane da guardia della borghesia (ovvia ricorsività della storia) di questo governo; natura che informa la sua azione con più veemenza proprio in quelle contraddizioni in cui con più forza si palesa la natura mendace della propaganda governativa (il populismo di facciata del governo sedicente dalla parte della gente comune contro i poteri forti) e certo ancor di più se vi nascono e si sviluppano movimenti di contrasto e opposizione capaci – è questo il caso delle proteste contro il caro affitti e il caro studi – di metterla in luce. In questo senso è chiaro, il governo del “prima gli italiani” non ha tra i suoi interessi il futuro del paese e dei suoi giovani ma solo quello dei potentati economici a cui appartiene e per conto dei quali opera.

Il governo di Giorgia Meloni che di fronte alle manganellate contro gli e le studenti fa spallucce e si dice “dalla parte giusta della storia” spende un miliardo di euro in aiuti militari allo “sforzo bellico” ucraino ma non vuole il salario minimo che pur – spiegano dall’Ocse – contiene l’inflazione, aiuta speculatori e palazzinari interessati a lucrare sul bisogno di casa ma si volta dall’altra parte quando si tratta di arginare l’emergenza abitativa, ebbene, questo governo non vuole giovani preparati e istruiti. Li vuole invece senza strumenti, inconsapevoli dei propri diritti, disperati, dunque più facilmente vittima dei ricatti dei piccoli e grandi padroncini; finalmente disposti ad accettare quei posti pagati da fame per i quali tanti sedicenti imprenditori – ne leggiamo ogni giorno sulle pagine dei giornali – dicono, disperati, di non trovare nessuno. Al cervello di Gramsci – uomo che fu pericoloso proprio in quanto istruito – un pubblico ministero, rappresentante di quel regime da cui la principale forza di governo discende, voleva impedire di funzionare per almeno vent’anni. Ecco, le manganellate di oggi e ancora più l’azione di governo di questi mesi, ci ricordano quel sinistro auspicio ed è per questo che oggi più che mai è fondamentale pretendere il diritto allo studio e ai mezzi necessari per esercitarlo.

 

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