Festival della rigenerazione urbana, o della privatizzazione della città

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Va in scena dal 28 al 30 settembre il festival della “rigenerazione urbana” promosso dalla Manifattura Tabacchi e dai suoi partner (banche e quel mix tra mondo cooperativo, realtà statali e impresa privata che è un po’ la firma del “modello toscano”). Rigenerazione urbana, ovverosia la gentrificazione dal volto gentile, quella che certo, ti privatizza spazi pubblici colonizzando – implacabilmente, pezzo dopo pezzo – quartieri popolari ma lo fa con gusto, infiocchettando il tutto con qualche aiuola ben curata, la ciclabile e i corsi di yoga all’aperto. Ipocrisia di facciata leggibile sin dagli strumenti teorici e linguistici adottati per raccontare e sostenere questo tipo di operazioni il cui scopo, tacito ma neanche più di tanto, è dimostrare quanto il progressivo, sistematico, retrocedere dello Stato a favore di soggetti privati sia non solo innocuo ma assolutamente benefico per la comunità tutta.

Si parla infatti di “sussidiarietà orizzontale”, di “secondo welfare”, gergo burocratico, in quanto tale perfettamente opaco ma che in soldoni indica una cosa sola: un’indebita commistione di interessi e attori pubblici e privati, particolarmente grave e inquietante quando – come in questo caso – si parla di urbanistica e diritto all’abitare. Finalità e scopi resi, nonostante la confezione sufficientemente “hipster friendly” da apparire innocua, più che ovvi dal programma della prima giornata, la quale vede come ospiti d’onore istituzioni locali, nella persona del sindaco Nardella e dell’assessore all’urbanistica del comune di Bologna (Laudani), realtà pubbliche a vocazione privata quali CDP Real Asset Società di Gestione del Risparmio S.p.A. (presente Giancarlo Scotti, presidente della divisione immobiliare di Cassa Depositi e Prestiti); investitori privati quali Aermont Capital LLP e HINES e palazzinari “high-tech” come COSTIM. A tal proposito sul sito di uno dei proponenti dell’iniziativa si può leggere “ player del pubblico e del privato porteranno la propria esperienza ed espliciteranno il proprio punto di vista sul tema [Sviluppo urbano tra investimenti pubblici e privati], con l’obiettivo di declinare gli “ingredienti” per una partnership pubblico-privata virtuosa, per tentare di disegnare una sorta di modello italiano che faccia tesoro del patrimonio esistente, lo valorizzi con mix funzionali che la città chiede e che il mercato riesce a sostenere, con nuovi strumenti, progetti innovativi e una visione condivisa”. Più chiaro di così!

Gru a Firenze

 

Del resto il punto di vista del sindaco e della sua giunta sul tema dello sviluppo urbano è ben noto, continuamente ribadito con la chiarezza che solo i fatti concreti possiedono. In una città con una media di 150 sfratti al mese (spesso contro cittadini anziani e invalidi come Romano, 83enne sanfredianino doc, cui solo l’affetto del vicinato ha impedito di trovarsi gettato in mezzo a una strada) e una crisi abitativa e un caro affitti tra i peggiori d’Europa (seconda dopo Lisbona per quanto riguarda i monolocali), le istituzioni locali hanno entusiasticamente avallato e messo a sistema lo sistematica svendita di beni pubblici a favore di grandi e piccole consorterie private, investendo poco nell’edilizia popolare e a sostegno degli studenti, così come in misure reali e sostanziali contro la precarietà abitativa e l’epidemia degli affitti brevi. Di questa tendenza la stessa Manifattura Tabacchi è del resto un esempio emblematico, così come lo sono i tanti “studentati” di lusso, i resort e gli ostelli a cinque stelle costruiti in stabili di interesse e proprietà pubblici (come vecchie caserme e ex USL) e – vera ciliegina sulla torta – la messa in vendita di tante case popolari (almeno in un caso – quello di Giuseppe Cazzato e delle case popolari in Via De’ Pepi – fermato solo per intervento del Consiglio di Stato). Una svendita alla miglior clientela a cui, per soprammercato, non è corrisposta alcuna azione a favore delle fasce più fragili della popolazione ma anzi l’aperto sostegno ad operazioni grettamente repressive come i recenti sgomberi contro le occupazioni storiche di Corsica e dello studentato PDM 27, avvenute senza alcun dialogo, codardamente in piena canicola agostana, col solo scopo di fare spazio e rassicurare chi, come gli ospiti di Manifattura, sta oggi investendo nella gentrificazione degli ultimi quartieri di Firenze autenticamente popolari (Rifredi e Novoli).

Fatti e misfatti contro cui ben poco possono la sanificazione verbale e il maquillage propagandistico di operazioni come quella in oggetto; fatti che parlano chiaro, raccontandoci di una città tutt’altro che “rigenerata” bensì svenduta e avvilita, negata ai suoi cittadini (progressivamente allontanati una ZTL più in là), sempre più a misura unica di consumatore.

 

2 commenti su “Festival della rigenerazione urbana, o della privatizzazione della città”

  1. Paolo Degli Antoni

    Si assiste alla programmatica sostituzione etnica dei residenti con una popolazione impermanente di persone molto mobili sul globo, non votanti, alto-spendenti, cioè ben fornite di mezzi economici e disposte a spendere per distinzione sociale, non tanto per ostentazione di ricchezza quanto piuttosto per appartenenza a élites culturali d’avanguardia, con gusti aggiornatissimi alle tendenze del momento

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