Crolla una trave di cemento nel cantiere dell’Esselunga di Via Mariti a Firenze. Al momento il bilancio è di tre morti, tre feriti, alcuni dispersi.
Non serve attendere gli accertamenti, sacrosanti, del caso specifico, per capire che in Italia abbiamo un problema e che non è un problema nè risolto, né risolvibile con la proliferazione di ulteriori norme in materia di sicurezza sul lavoro. Né tanto meno valgono fantomatici discorsi sulla “cultura della sicurezza” che soffocano ormai inutilmente da anni il dibattito pubblico.
Ne abbiamo tantissime, di norme, di protocolli, di obblighi.
Mancano i controlli, gli ispettorati sono depotenziati? Si, vero.
Ma due sono i nodi che non si vogliono sciogliere, che non si affrontano a viso aperto e che invece costituiscono il nocciolo della questione: contratti precari, catene di appalti e lavoro in somministrazione, strumenti di un mercato moderno e dinamico si dice, strumenti del capitale.
In un mondo del lavoro precarizzato e parcellizzato, non c’è forza contrattuale, non c’è ribellione, non c’è opposizione, non c’è controllo, non c’è rispetto, non c’è conoscienza dei processi, non c’è solidarietà, manca totalmente la possibilità anche e solo astratta dei lavoratori di farsi classe.
Non c’è quel conflitto che serve a progredire.
Possiamo batterci per l’intrdoduzione dell’omicidio sul lavoro (io sono scettica), possiamo aggiungere oneri, costi, procedure, controlli e nonostante tutto questo, se non tocchiamo i contratti a termine, gli appalti, le somministrazioni e i contratti a chiamata, avremo solo aggiunto carta a coprire i morti e i feriti che continuano a indignarci, tutti i giorni, sempre che la cosa ci indigni per davvero.

Silvia Ventura

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