Ma il progetto più pericoloso è la costituzione di una società pubblico-privata (Società casa) pensata per valorizzare – cioè svendere – una parte delle migliaia di alloggi sfitti del Comune attraverso la creazione di un fondo per il 30% Invimit, e con il ricavato ripararne altri, da trasformare parzialmente in housing sociale. Al ritmo di centinaia di alloggi che si liberano ogni anno questo meccanismo innescherebbe una spirale di erosione accelerata dell’edilizia pubblica, mentre la forbice delle disuguaglianze aumenta e la precarietà dilaga. Un’ipotesi che, se si concretizzasse, costituirebbe un punto di non ritorno per il diritto all’abitare, perché quando sfumano le distinzioni tra pubblico e privato diventa molto più difficile individuare responsabilità e reclamare diritti. La complessità delle istituzioni miste sembra fatta apposta per offuscare la già carente trasparenza e la logica della redditività prevale inesorabile.Ma se vale per chi governa, il detto vale anche per chi è governato. Si può e si deve sfruttare questo momento per contrastare la produzione così rapida di leggi nefaste, e imprimere una svolta politica e legislativa che potrebbe dare un segnale importante anche alle altre città che imitano stoltamente le pratiche milanesi, come nella Parabola dei ciechi di Pieter Brueghel il Vecchio. La distruzione delle norme urbanistiche, la resa del pubblico al privato, la deresponsabilizzazione mascherata da sussidiarietà non portano bene, rappresentano un modello autodistruttivo non solo nel lungo, ma anche nel medio periodo. Milano docet.

Articolo pubblicato sul blog de Il fatto quotidiano