Morti sul lavoro: quando il profitto di pochi divora la vita

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Satnam Singh. Si chiamava in questo modo l’ennesimo lavoratore vittima di un sistema che mira esclusivamente al profitto, tralasciando la dignità delle persone in quanto tali.

Secondo l‘Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Bologna, da quando è iniziato il 2024 il numero dei morti sul lavoro ha già raggiunto quota 523 che diventano 735 se si considerano i deceduti in itinere, con uno spaventoso aumento del 15,5% rispetto ai primi 6 mesi del 2023. Soltanto nel 2023 nel nostro Paese il dato in questa materia parla di 1485 morti. Numero che si traduce in una media pari a 4 decessi al giorno. Si tratta di dati allarmanti che si inseriscono all’interno di un panorama in costante peggioramento.

I dati elaborati dall’Inail sono parziali, perché riguardano solo gli assicurati. Secondo l’Istituto le denunce di infortunio mortale nei primi 5 mesi del 2024 sono state 369, registrando un aumento pari al 3,1% rispetto al medesimo arco temporale dell’anno precedente. All’interno di tale tendenza va inoltre menzionato l’aumento delle patologie di origine professionale che ammontano ad un totale di 38.868 denunce (segnando un aumento del +24%).

Le denunce relative agli infortuni nel quinto mese del 2024 ammontano a 251.132. I numeri menzionati palesano una realtà costituita da un drammatico aumento delle conseguenze degenerative di un mercato del lavoro che conferisce priorità al profitto piuttosto che alla vita umana.

L’Inail ha rilevato che in Italia le denunce relative agli infortuni sul lavoro sono state circa 641.000, ma quelli realmente riconosciuti come tali dall’Inail sono invece stati 417.000, il 19% di essi sono avvenuti “fuori azienda” (termine con il quale si indicano prestazioni che comportano mezzi di trasporto, consegne o trasferte).

USDA Photo by Lance Cheung. Original public domain image from Flickr

Dietro questi numeri si nascondono storie, speranze e sogni di milioni di persone. Vite spezzate a causa di un’economia che riduce la vita umana a mera merce da svendere sull’altare del profitto.

È sbagliato e tremendamente fuorviante parlare di incidenti davanti a certe situazioni, si tratta di veri e propri omicidi. Il significato politico risiede nel sistema stesso, che è strutturato in modo da favorire esclusivamente la ricchezza dei pochi a discapito dei molti. Si passa tutta la vita a lavorare, sperando nel dopo chiamato pensione, ma dati alla mano, alcuni neanche ci arrivano, e la cosa che spaventa di più è che questi “alcuni” non sono così pochi. Abbiamo creato una società in cui l’indifferenza e il benessere personale regnano sovrani, in cui persone come Satnam Singh, a malapena vengono ricordate. È diventato talmente normale morire mentre si lavora che le persone vengono trattate come semplici numeri.

Non si tratta di casi isolati: la sicurezza sul posto di lavoro è un problema sistematico. Nel 2023, a seguito di 81 mila ispezioni, il 70% delle aziende è risultato irregolare, queste irregolarità derivano da evasione fiscale, mancata sicurezza sul lavoro e contratti in nero.

Tali dati dovrebbero portare ad una riflessione, non solo da parte dell’opinione pubblica, ma anche da parte della classe dirigente. La stessa classe dirigente, che poco tempo fa ha eliminato il reddito di cittadinanza, una delle principali misure a sostegno della povertà e della disoccupazione, aumentando ancor di più contratti con salari da fame e con zero tutele.

Questo ha aggravato ancor di più la situazione di chi già si trovava in condizioni precarie, costringendo molte persone a lavorare in ambienti non sicuri e senza garanzie, pur di sopravvivere. È un sistema che alimenta le disuguaglianze, in cui la vita e la dignità dei lavoratori vengono sacrificate sull’altare del profitto.

Satnam Singh era un bracciante che lavorava nell’ambiente dell’agricoltura in provincia di Latina, anche se parlare di lavoro sembra alquanto eccessivo, si trattava di un vero e proprio sfruttamento, quasi al limite della schiavitù. Durante il proprio turno Satnam Singh perde il braccio a causa di un attrezzo e il titolare lo abbandona in strada, al posto che portarlo in ospedale per le dovute cure mediche. Due giorni dopo l’accaduto Satnam Singh si spegne all’ospedale San Camillo di Roma. Renzo Lovato, datore di lavoro del bracciante indiano, era già accusato da cinque anni per reato di caporalato. La realtà del caporalato viene collegata molte volte alle campagne più sperdute del Sud Italia, ma non è sempre così, il caporalato, come dimostra anche questa tragedia, è un sistema di sfruttamento presente in tutto il nostro paese.

Lo scontro politico, che ormai da anni domina il dibattito pubblico, riguarda l’immigrazione. Le posizioni che si scontrano sotto questo punto di vista sono quella portata avanti dal centro sinistra, che vorrebbe un sistema d’accoglienza a maniche larghe, senza però colpevolizzare i datori di lavoro o le grandi aziende che sfruttano tale sistema per i propri interessi, e il centro destra, attuale coalizione di governo, che porta da anni avanti politiche discriminatorie nei confronti degli strati sociali più bassi della società, composti anche dalle persone straniere.
La soluzione non risiede in queste due posizioni, entrambe le posizioni rivestono all’interno del dibattito pubblico, un ruolo altamente denigratorio. La retorica dell’ “accogliamoli perché fanno lavori che gli italiani non vorrebbero fare più” è totalmente discriminatoria.

Il trattare le persone che cercano un futuro migliore nel nostro paese come semplici mezzi, significa ignorare la loro umanità e ridurle a meri strumenti di produzione. Questo atteggiamento non solo è disumano, ma anche controproducente per la società nel suo insieme. Le persone non sono numeri né ingranaggi sostituibili in una macchina economica; sono individui con aspirazioni, bisogni e soprattutto diritti. Il diritto più importante di tutti è quello alla dignità umana, che va riconosciuto a tutte le persone e non solo ai cittadini di uno stato. Il sistema stesso, però, rende tale diritto impraticabile, costruendo continuamente barriere e discriminazioni che negano alle persone la possibilità di vivere una vita dignitosa.

Le politiche economiche e sociali, focalizzate esclusivamente sul profitto e sul vantaggio di pochi, ignorano i bisogni fondamentali della maggioranza e in questo contesto, il lavoro, anziché essere uno strumento di realizzazione personale e di crescita, diventa una fonte di sfruttamento e di precarietà, svuotando di significato il concetto stesso di dignità umana.

Il sistema produttivo contemporaneo, incentrato sulla massimizzazione del profitto e sulla competitività globale, spesso tratta la sicurezza dei lavoratori come un costo aggiuntivo piuttosto che come un imperativo morale e legale. Le pressioni per incrementare la produttività possono tradursi in ritmi di lavoro estenuanti e in condizioni ambientali pericolose, dove le misure di sicurezza vengono trascurate o ignorate. Le aziende, concentrate sul taglio dei costi e sulla massimizzazione dei margini di profitto, evitano di investire in manutenzione adeguata delle attrezzature o nella formazione continua dei lavoratori e ciò comporta un aumento dei rischi per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro. I lavoratori, in particolare quelli con contratti precari o in settori ad alta intensità di lavoro, sono i più vulnerabili a incidenti fatali. La mancanza di tutele adeguate e di rappresentanza sindacale può rendere difficile per i lavoratori segnalare condizioni pericolose o rifiutarsi di lavorare in situazioni non sicure, per paura di perdere il lavoro o di essere penalizzati.

Inoltre, la regolamentazione della sicurezza sul lavoro può essere inefficace o insufficiente, consentendo a pratiche rischiose di persistere senza essere corrette o sanzionate. Questo crea un circolo vizioso in cui gli incidenti mortali continuano a verificarsi, con conseguenze devastanti per le famiglie delle vittime e per la comunità nel suo insieme.

Per cambiare realmente le cose, è necessario un profondo ripensamento del sistema, mettendo al centro la persona e i suoi diritti fondamentali. È essenziale ridefinire le priorità, promuovendo politiche che garantiscano condizioni di lavoro sicure, salari equi e tutele adeguate a tutti, indipendentemente dalla loro provenienza. Solo così si potrà costruire una società più giusta e inclusiva, dove la dignità umana sia realmente rispettata e valorizzata.

Per fare ciò, risulta fondamentale ribaltare la narrativa predominante che considera le persone come semplici strumenti economici, è essenziale riaffermare che ogni individuo possiede un valore intrinseco, che non dipende esclusivamente dalla sua capacità produttiva, ogni persona ha diritto a essere riconosciuta e rispettata per la propria umanità, indipendentemente dalla sua utilità economica o produttiva. Questo cambio di prospettiva non riguarda solo il rispetto dei diritti fondamentali, ma anche la creazione di un ambiente sociale ed economico più equo e inclusivo, in cui tutti possano contribuire e beneficiare in modo significativo.

Solo in questo modo, si potrà costruire un futuro in cui gli interessi della maggioranza siano veramente portati avanti sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista sociale.

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Andrea Lombardi Lorenzo Villani

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1 commento su “Morti sul lavoro: quando il profitto di pochi divora la vita”

  1. Roberto Renzoni

    Cari amici, permettetemi di chiamarvi così, per far sì che ciò che è accaduto a Satnam Singh ed a tutti quanti hanno a che fare con il mondo del lavoro, occorrono due cose molto difficili e vedo che nessuno ne parla: una organizzazione politica che nulla abbia a che fare con quanto esiste, dunque da fondare o rifondare, e una organizzazione sindacale vasta e potente e qui siamo ad un inizio per quanto concerne i sindacati non confederali. Che ciò che non appartiene a CGIL-CISL-UIL si rafforzi è essenziale. Per l’altro aspetto c’è da cominciare un lavoro lento, paziente, ma ideologicamente forte, che sappia coinvolgere chi esiste nei fatti ma non come persona, italiano o straniero che sia e uomo o donna. Poi sarà quel sarà, non mi diffondo oltre….. a buon intenditor….

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