Il 6, 7 e 8 Settembre 2024 si è svolta la tre giorni “RigenerAzione” al LUMEN, la casa-base dell’Associazione di Promozione Sociale Icchè Ci Vah Ci Vole. L’obiettivo di queste giornate è stato quello di condividere esperienze di rigenerazione urbana, evidenziandone nodi e soluzioni al fine di diffondere la pratica della valorizzazione del patrimonio pubblico abbandonato attraverso una base culturale e sociale.
Nell’arco dei tre appuntamenti sono state affrontate tematiche relative alla rigenerazione degli spazi urbani con operatori del settore, tecnici, erogatori, associazioni e istituzioni. Come si legge sul programma illustrato online, al termine di questo ciclo di incontri sarà avviato «un percorso con i Comuni della Città Metropolitana per identificare gli immobili e gli spazi pubblici inutilizzati ed avviare un processo che preveda il loro affidamento a soggetti del Terzo Settore». Attendendo Ottobre per i primi passi del suddetto percorso, prima di tentare il racconto di alcuni tra gli interventi occorsi durante “RigenerAzione” ritengo opportuno spendere un paio di parole su cos’è LUMEN.
Il Laboratorio Urbano MENsola (da cui LUMEN) si articola come un progetto di riqualificazione a fini culturali di uno stabile e di un terreno di proprietà pubblica, con l’intento di rappresentare un polo di sperimentazione attorno cui far gravitare nuove associazioni e realtà del territorio fiorentino. LUMEN è situato in Via del Guarlone 25 a Firenze, al centro del Parco del Mensola tra Settignano e Rovezzano, ed è lo spazio che l’Associazione ICVCV ha ottenuto in concessione gratuita dal Comune di Firenze in cambio della manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile e del terreno. Come si apprende dal sito web, «Al momento l’Associazione ha una concessione transitoria, propedeutica a un accordo trentennale che potrà stringere con il Comune dopo la firma del nuovo Piano Operativo». Il Piano Operativo è un importante strumento di pianificazione urbanistica, e la sua nuova elaborazione avrà ricadute molto importanti anche su LUMEN, considerando che disterà solo dieci minuti a piedi dal futuro capolinea della nuova Linea 3.2.2 della tramvia – la stazione di Rovezzano.
Nato nell’estate del 2021, LUMEN è il frutto di una graduale maturazione; muovendosi per grandi salti, vale la pena ricordare che antecedentemente all’ingresso nell’elenco dei Beni immobili di proprietà comunale nel 1950, l’immobile era la vecchia colonica della famiglia Bracci, una famiglia di mercanti originaria di Vinci trasferitasi a Firenze nel corso del XIII° secolo; nel 1988 venne fondata la Cooperativa Il Guarlone, che gestì l’area fino al 1997 come centro diurno indirizzato al supporto di soggetti ex tossicodipendenti (SERT). Per chi è già stato al LUMEN è curioso sapere che le serre che tutt’ora caratterizzano lo spazio furono realizzate da Il Guarlone. A seguito della chiusura del servizio per le tossicodipendenze, l’edificio rimase vuoto, divenendo – per beffardo paradosso – un rifugio per il consumo e lo spaccio di stupefacenti. Dal 2000 in poi si susseguirono diverse occupazioni, di cui la più significativa è probabilmente quella che ha preso il nome de “Il Rovo”: così fu battezzata l’esperienza di autogestione agricola di alcuni membri-abitanti del fondo comunista delle “case minime” (il quartiere di edilizia residenziale pubblica di Via Rocca Tedalda). L’occupazione durò dal 2015 fino al momento dello sgombero nel 2019.
Negli stessi anni si iniziano ad intessere le trame di questo complesso intreccio: il riferimento è alle prime edizioni del festival “Icché Ci Vah Ci Vole” al Parco della Carraia (la prima nel 2011, la seconda nel 2015) a cura delle associazioni No Dump (il cui presidente è l’attuale presidente dell’APS ICVCV) e Riot Van, che confluiranno, insieme ad altre dinamiche collettive, nell’odierna Icché Ci Vah Ci Vole, fondata nel 2017. Anno significativo il 2017, visto che alla fine di quella primavera fu promulgato il Regolamento sui Beni Immobili del Comune di Firenze. Ci torneremo a breve. A seguito di nuove edizioni del Festival (2016, 2017, e nel 2018 con un nome differente: “Copula Mundi”) a Villa Favard e al Parco delle Cascine (risale al 2019 la seconda edizione del “Copula Mundi”), il Parco del Mensola sarebbe dovuto essere il teatro dell’edizione del 2020. Il condizionale è necessario, tenuto conto che l’impatto del Covid19 ne impedì lo svolgimento. Ciononostante, le relazioni e i contatti costruiti con il Quartiere 2 al fine dell’ottimizzazione dell’organizzazione del Festival portarono “l’Associazione di Associazioni” ICVCV a scorgere del potenziale (inespresso) nelle aree limitrofe al torrente Mensola, fino a scoprire, su prezioso suggerimento del Presidente del Consiglio di Quartiere, proprio lo spazio di Via del Guarlone.
L’ultimo tassello di questo puzzle è il rinvenimento dell’esistenza dell’Articolo 20 del sopraccitato Regolamento sui Beni Immobili: l’articolo esprime la possibilità secondo cui, in casi eccezionali, i beni immobili di proprietà dell’Amministrazione Comunale appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile possono essere assegnati in concessione gratuita sulla base di un progetto che evidenzi utilità per la collettività. Avendo trovato molta disponibilità da parte dell’allora Assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Firenze, nel 2021 fu trovata la complicata quadra per l’assegnazione diretta dell’immobile e del terreno di Via del Guarlone 25 a Icché Ci Vah Ci Vole, che avviò immediatamente un percorso con le comunità locali (da subito fortemente coinvolte) per ideare insieme le funzioni del nascente LUMEN. Il “Copula Mundi” di Settembre 2021 rappresentò dunque la festa d’inizio dell’esperienza LUMEN. E da quell’anno, nonostante diverse difficoltà, il “Copula Mundi” si è sempre svolto al LUMEN. Proprio come l’Edizione del 2024, che ha ospitato al suo interno “RigenerAzione”. A mio avviso, l’importanza di questa specifica kermesse si rintraccia nella constatazione secondo cui «Promuovere la pratica della trasformazione generativa degli spazi pubblici dismessi è una sfida che gli enti pubblici possono affrontare solo insieme a soggetti terzi, capaci di stimolare in maniera genuina il coinvolgimento proattivo del territorio».
Se ci si presta attenzione, è evidente che l’esperienza di LUMEN e di quelle ospitate alla tre giorni di “RigenerAzione” si configurino come disegni di rigenerazione umana, oltre che urbana, considerato il contributo alla costruzione di coesione sociale, cittadinanza attiva e comunità vitali. Il caso de iMorticelli ci racconta come, nel centro storico di Salerno, un’ex chiesa del XVI° secolo in disuso dal 1980 sia potuta diventare il primo centro di produzione culturale a vocazione sociale. Ideato, curato e portato avanti dal Collettivo Blam, il progetto de iMorticelli dimostra che le comunità possono diventare centrali nei processi che determinano il riuso degli spazi delle città. Realizzare nuovi futuri per tali spazi, preservandone i valori storici senza il timore di costituirne di nuovi è l’atteggiamento intellettuale che ha caratterizzato l’operato di Blam; il primo Punto di Comunità di Salerno, infatti, è sorto dalle molecole che già gravitavano intorno alla ex chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti, le quali hanno solamente necessitato di una scossa per scoprire nuove possibili configurazioni aggregative. Ma cosa si intende esattamente per “Punto di Comunità”? Lo si legge proprio nel Manifesto del Punto di Comunità: è casa, contaminazione, bene comune, innovazione, valore, collaborazione e appartenenza. Si tratta in sostanza di uno spazio «aperto, permeabile, intersezionale […] dove i bi-sogni personali trovano risposta nell’interesse collettivo», «un luogo della quotidianità che permette (anche a chi viaggia) di sentirsi a casa» in cui si coltiva «un fertile conflitto in cui la differenza non tramuta mai in diffidenza». Altra esperienza particolarmente interessante è quella dei Giardini Luzzati, uno degli spazi aperti più grandi del centro storico di Genova (nel sestiere del Molo) che, intorno agli anni ’10 del 2000, era in stato di abbandono e frequentato dalla microcriminalità. Il lungo percorso di rigenerazione del bene comune dei Giardini Luzzati fonda le sue radici nell’Associazione Il Ce.Sto (Cooperativa Sociale dal 2015), una delle realtà operanti sul territorio che si faceva – e si fa tutt’ora – carico delle persone in difficoltà. L’intuizione brillante degli operatori sociali che animavano l’Associazione fu quella di pensare intersecabili il processo di accoglienza dettato dalla cosiddetta “emergenza Nord-Africa” (nel 2012 migliaia di migranti raggiunsero Genova, e centinaia trovarono alloggio negli appartamenti sfitti del centro storico) e un progetto di rigenerazione dell’area Giardini Luzzati. Come se la rivitalizzazione dei Giardini Luzzati potesse rappresentare un atto di restituzione alla cittadinanza per l’impegno preso nel trovare sistemazione a centinaia di migranti. Il risultato? Un modello a cui ispirarsi quando si affrontano le problematiche poste in essere da un quartiere complesso che, prima dell’operato de Il Ce.Sto, nel caso di Genova si caratterizzava attraverso la dicotomia “periferia in centro”; in altre parole, il caso dei Giardini Luzzati rappresenta un ottimo esempio di intervento rigenerante a livello urbano e umano rispetto ai processi di gentrificazione e desertificazione dovuta al disagio sociale. Un esempio che nel 2019 trovò addirittura il sostegno del cardinale Angelo Bagnasco, oltre all’appoggio di quasi diecimila cittadini, durante le difficili fasi del rinnovo della concessione in scadenza.
Tornando al Sud Italia, la storia dell’Ex OPG – Je So’ Pazzo rappresenta un’ulteriore declinazione del concetto di rigenerazione. Anche se in questo caso è forse più opportuno parlare di “riapertura”, termine che in senso figurato indica un nuovo inizio di un’attività particolarmente rivolta alla gente. Ed è proprio il caso dell’ospedale psichiatrico giudiziario Sant’Eframo di Napoli; chiuso definitivamente nel 2008, a Marzo 2015 un gruppo di studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori, abitanti del quartiere e militanti del CAU Napoli occupò lo spazio, sottraendolo all’abbandono e restituendolo così alla città. L’opera di restituzione vide immediatamente il coinvolgimento degli abitanti del rione Materdei al fine di comprendere quei bisogni che non incontravano le risorse per essere soddisfatti. Il legame stabilito tra attivisti e abitanti del quartiere fu così forte tanto che nel 2016 l’Amministrazione Comunale incluse l’Ex Opg tra «quegli spazi ritenuti capaci di generare capitale sociale, di promuovere comportamenti di cittadinanza attiva, di fare aggregazione, di generare sistemi di autogoverno ispirati alla libertà di accesso e rispondenti a quel sistema di valori sanciti e tutelati dalla Costituzione della Repubblica Italiana». A dimostrazione di ciò, numerose iniziative sono state messe a punto negli anni: oltre alla costituzione dell’Associazione di Promozione Sociale Je So’ Pazzo, hanno preso forma l’ambulatorio e la farmacia popolare, lo sportello legale, la camera popolare del lavoro, la cassa di resistenza e numerosi corsi di attività ludico-ricreativo-sportive calendarizzate semestralmente. Dove prima c’era prigione, adesso c’è libertà.
In conclusione, mi sono soffermato su alcune esperienze rispetto a tutte quelle presentate al LUMEN (una menzione particolare all’Organizzazione No-Profit belga Communa) perché ritengo che evidenzino in modo peculiare la caratteristica necessaria per determinare la riuscita di pratiche di rigenerazione urbana: la costruzione di un legame umano con le comunità su cui insiste lo spazio da rigenerare, o da riaprire che dir si voglia. Se l’obiettivo della rigenerazione urbana è realmente quello di contribuire al rinnovamento della qualità della vita delle città, allora l’edificazione di rapporti di forza sul territorio è assai più decisivo rispetto all’eventuale promulgazione di leggi in materia.