Dal papà supereroe al gemello digitale

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Chi non vorrebbe che esistesse un papà supereroe che veglia su di lui ogni minuto, chi non vorrebbe che esistesse un gemello digitale, digital twin, con cui scambiare dati e informazioni? In questo articolo accenniamo ad un percorso che va dalle religioni tradizionali, alla religione dell'”ascolta te stesso”, alla religione dei dati, ispirato da tre libri apparentemente molto diversi l’uno dall’altro:  Il desiderio di Dio, Homo deus, Le emissioni segrete, di cui sono autori rispettivamente, il comico David Baddiel, lo storico Yuval Noah Harari e la docente universitaria Giovanna Sissa.

Le religioni tradizionali

Assicurano che c’è Dio a preoccuparsi di ogni nostro pensiero e sentimento e che ogni parola e ogni azione fa parte di un qualche grandioso piano cosmico. Scrive David Baddiel, ne Il desiderio di Dio, un libro non ateista che l’autore considera piuttosto tetro, che ha come sottotitolo, Chi non vorrebbe che esistesse:

Dio è questo: un archetipo, una superproiezione di un genitore che può essere al tempo stesso meraviglioso e terrificante. In sostanza, però, Dio ha a che fare con la morte. Le altre domande sono accessorie. […] Quello di immaginare che esista una via d’uscita – un modo per sfuggire alla morte sempre più prossima – è un bisogno che posso facilmente intuire esista nei recessi della maggior parte degli umani, e la pressione di quel desiderio ha sempre portato e sempre porterà a proiettarsi verso il divino.

La fede è nient’altro che un paraurti psicologico per proteggerci dalla dura realtà, nient’altro che un desiderio che non dovrebbe condurci all’illusione di Dio, pensano alcuni atei [che] intuiscono – correttamente – che ciò che la religione fornisce agli esseri umani è conforto, quindi, in un modo che può apparire un po’ adolescenziale, si sentono spinti a dire, in sostanza: Conforto? Roba da bambini. Il fatto è che gli esseri umani, di cui tutti gli atei costituiscono un sottoinsieme, sono bambini, anche quando diventano vecchi e intellettuali e cinici. Per quanto adulti e controllati appariamo in superficie, sotto sotto restiamo un groviglio di bisogni dolenti, impulsivi, immediati. Io sono felice di ammettere il mio infantilismo che si potrebbe spiegare con il fatto (o potrebbe spiegare il fatto) che sono un comico.

A detta di Baddiel, nell’ateismo c’è qualcosa di un po’ macho: Se siete atei potete dire: No, noi non abbiamo bisogno del conforto, della speranza, nemmeno in punto di morte. Il detto che nessuno è ateo in trincea è una balla? Chi pensa che i vivi non sono che morti in vacanza, è un masochista?

La religione dell’ascolta te stesso

Scrive lo storico Yuval Noah Harari nel libro intitolato Homo Deus: Breve storia del futuro:

Invece di aspettare che una qualche entità eterna ci dica cosa pensare, possiamo fare affidamento sui nostri sentimenti e desideri. Fin dall’infanzia siamo bombardati da slogan umanisti del tipo: “Ascolta te stesso, sii sincero con te stesso, fidati di te stesso, segui il tuo cuore, fa’ ciò che ti fa stare bene” […] Se guardo dentro me stesso, nel profondo, quell’apparente unità che davo per scontata si dissolve in una cacofonia di voci discordanti, nessuna delle quali è “il mio vero sé” [… ] “Ascolta te stesso!”-non è più così ovvio. Man mano che impariamo a modulare, silenziandolo o alzandolo, il nostro volume interiore, abbandoniamo la nostra fede nell’autenticità, perché non è più chiaro di chi sia la mano sull’interruttore. Mettere a tacere i rumori molesti dentro la mia testa sembra un’idea magnifica, ammesso che ciò mi consenta di sentire, finalmente, il mio io più profondo e autentico. Ma se non esiste un sè autentico come posso decidere quali voci silenziare e quali invece amplificare? […] 1… gli umani sono un assemblaggio di molti algoritmi differenti privi di un’unica voce interiore o di un singolo sé; 2. gli algoritmi che costituiscono un umano non sono liberi. Sono plasmati dai geni e dalle pressioni ambientali, e prendono decisioni in maniera deterministica o a caso – ma non liberamente; 3. ne consegue che un algoritmo esterno potrebbe teoricamente conoscermi meglio di quanto possa conoscermi io stesso. Un algoritmo che monitora ciascuno dei sistemi attivi nel mio corpo e nel mio cervello potrebbe sapere chi io sia realmente, come mi senta e che cosa desideri. Una volta sviluppato, un algoritmo del genere potrebbe sostituire l’elettore, il consumatore e l’osservatore. Allora l’algoritmo saprà cosa è meglio, l’algoritmo avrà sempre ragione e la bellezza risiederà nei calcoli dell’algoritmo.

 La religione dei dati

La religione dei dati ci dice che ogni parola e ogni azione è parte del grandioso flusso dei dati, che gli algoritmi ci stanno guardando costantemente e che essi si preoccupano di qualsiasi cosa facciamo e di qualsiasi sentimento proviamo, trasformandolo in dati digitali, in catene di informazioni, in impalpabili e eterei servizi in cloud (la parola cloud significa nuvola) che necessitano di data center hyperscale (che arrivano a milioni di metri quadri), per organizzare la realtà, a scapito dei quadri metafisici tradizionali (religione, mito, arte).

Per i datisti- scrive Harari –essere disconnessi dal flusso dei dati comporta il rischio di perdere il vero significato della vita. Che senso ha fare o sperimentare qualsiasi cosa se nessuno ne è al corrente, e se ciò non contribuisce in qualche maniera allo scambio globale di informazioni? I datisti credono che le esperienze siano senza valore se non sono condivise, e che non abbiamo bisogno di – in effetti non possiamo – trovare il significato in noi stessi. Abbiamo soltanto bisogno di registrare e connettere le nostre esperienze al grande flusso dei dati.

Il digitale ha un impatto ambientale? Tutto ciò che costituisce l’universo digitale contribuisce al riscaldamento globale, all’inquinamento, al depauperamento di risorse limitate, scrive Giovanna Sissa, nel libro Le emissioni segrete: L’impatto ambientale dell’universo digitale:

Il trasporto aereo è responsabile del 2,5% delle emissioni globali. Se al settore digitale si attribuisce fra il 2 e il 4% circa delle emissioni globali questo significa che lascia un’impronta di carbonio più profonda del traffico aereo, settore delle cui emissioni si parla invece molto. Il dato, al di là del margine di indeterminazione, significa che la quota di emissioni dell’ICT (Information Communication Technology) non è affatto trascurabile. […] Ci connettiamo sempre di più, da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, per attività sempre più complesse e ad alto valore aggiunto. La miniaturizzazione dei dispositivi individuali e l’«invisibilità» di Internet e dei data center le infrastrutture che fanno funzionare luniverso digitale rendono difficile immaginare quanta energia sia necessaria per consentirne costruzione, uso e smaltimento. Luniverso digitale lascia unimpronta di carbonio che non è trascurabile e influisce anchessa sul riscaldamento globale. […] La quantità globale di e-waste [quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche] generata annualmente, volendo fare un paragone visualizzabile, ha un peso equivalente a 5.000 torri Eiffel, con una media di 7-8 kg a persona.

Si smonta così la convinzione diffusa di un digitale intrinsecamente pulito e green, in quanto virtuale e apparentemente immateriale:

 Nonostante i miglioramenti tecnologici, a livello globale, nel 2022 le reti di trasmissione dati, secondo la IEA (International Energy Agency, Agenzia Internazionale per l’Energia) hanno consumato 260-360 TWh, pari all’1,1-1,5% del consumo globale di elettricità.

L’universo digitale – se fosse uno Stato, sarebbe il quarto responsabile di emissioni al mondo; dense nubi di carbonio incombono sul futuro del pianeta. Incrementare le energie rinnovabili potrebbero essere una via d’uscita?

Triplicare le rinnovabili non è l’obiettivo finale, da solo non produce alcun risultato: sarebbe come se per dimagrire introducessimo cibi dietetici in aggiunta agli altri e magari a merenda. Le rinnovabili sono un mezzo per consentire di dismettere i combustibili fossili. Vanno diminuite le emissioni di carbonio al più presto, anche nelluniverso digitale.

Scriveva su questa rivista Gil Pierazzuoli:

Siamo al punto di incrocio tra due tendenze, quella che porta alla catastrofe ambientale o atomica, con la conseguente perdita di mondo e l’implodere della realtà.”

David Baddiel, Il desiderio di Dio, Altrecose, Milano 2024, pp. 120, euro 17

Yuval Noah Harari, Homo Deus: Breve storia del futuro, Bompiani, Milano 2018, pp. 560, euro 17

Giovanna Sissa, Le emissioni segrete: L’impatto ambientale dell’universo digitale, il Mulino, Bologna 2024, pp. 176, euro 13

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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