Sionisti tra gli antifascisti tedeschi. Chi sono gli Antideutsch?

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Antideutsch, la corrente politica sionista e islamofobica nata nel bacino della sinistra tedesca e che ha profondamente influenzato il dibattito sulla Palestina in Germania.

Una fiumana di più di centomila persone scorreva per Berlino a fine settembre nella manifestazione nazionale in solidarietà al popolo palestinese. In mezzo alle bandiere palestinesi, ai cori e alle voci che chiedevano la fine del genocidio, sorprendeva l’allestimento di tre diversi presidi a sostegno di Israele. I partecipanti erano pochi, meno dei poliziotti intorno a loro, forse una cinquantina nei primi due punti, nemmeno una decina nel terzo. Il loro impatto visivo era tuttavia davvero forte. Chi si aspettava di trovare ai lati della strada, così vicino al passaggio del corteo, bandiere bianche con la stella blu oppure quelle delle forze militari israeliane, l’IDF? Chi si sarebbe mai immaginato di vedere accanto a queste simboli e bandiere antifasciste?

È poco noto infatti che nello spettro dell’antifascismo militante tedesco esiste una corrente che fa del sionismo la propria missione: gli Antideutsch.

Bisogna risalire all’89 per tracciare la genesi di questo particolarissimo fenomeno politico. Nella confusione di quel travagliato periodo, molti gruppi della sinistra militante dell’Ovest del paese si opponevano all’annessione dell’Est alla Repubblica Federale. Il timore dichiarato era di uno Stato forte e unitario che avrebbe potuto rianimare il nazionalismo tedesco che decenni prima aveva condotto alla Shoah. Dalle manifestazioni sotto il motto Nie Wieder Deutschland (“mai più Germania”), la destra affibbiò loro l’etichetta di ‘anti-tedeschi’. Da questo movimento composito, di matrice comunque di sinistra radicale, emerse la corrente Antideutsch propriamente detta.

Alla base vi è l’opposizione alla nazione tedesca intesa come esecutrice del genocidio degli ebrei, colpevole oltre il momento storico del nazismo, ma intrinsecamente antisemita. In questo senso, il nazifascismo si ridurrebbe a un fatto “nazionalistico” di odio contro gli ebrei, e l’antifascismo alla lotta all’antisemitismo. L’esistenza di uno Stato ebraico consisterebbe in un attacco diretto alla destra nazionalista e il sionismo è visto come il baluardo dell’antifascismo. L’appoggio incondizionato a Israele condusse a vedere gli Stati Uniti come alleati, assumendo posizioni inconcepibili nel bacino della sinistra, come l’appoggio alla Guerra del Golfo e all’invasione dell’Iraq. Talvolta, le bandiere USA erano a manifestazioni antideutsch, anche con il pretesto che, essendo tra coloro che hanno sconfitto la Germania nazista, anche queste farebbero scorno ai fascisti. Dall’altro lato, i popoli del Medio Oriente costituiscono il nemico giurato, visti alla stregua di barbari arretrati e sanguinari opposti allo Stato israeliano illuminato che detta la via del progresso. Una visione fortemente razzista, accompagnata da vari stravaganti tentativi di ricondurre i movimenti islamici o dei nazionalismi arabi all’ideologia nazista. Tratto distintivo della corrente antideutsch è proprio l’islamofobia, e già da prima dell’11 settembre o degli intensi movimenti migratori dal Nordafrica o dal Medio Oriente verso l’Europa: cioè prima ancora che diventasse una battaglia delle destre!

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Le teorie brevemente esposte rappresentano grossomodo il nucleo del pensiero antideutsch e del dibattito, molto acceso, che esisteva anni fa e che era movimentato principalmente attraverso due riviste, konkret e Bahamas. Come si può immaginare, teorie così contorte svilupparono rami ancora più intricati con idee diverse per ogni gruppo. Si parla infatti di “corrente” antideutsch, proprio perché non si produsse mai un soggetto politico coeso. Nella confusione, il dibattito teorico progressivamente si distaccò dalla base militante fino, di fatto, a morire. Anche senza definita linea ideologica, però, la forte estetica e immaginario di antifascismo militante ha permesso l’esistenza e l’attrattività di molti gruppi politici antideutsch sparsi in varie città tedesche, primariamente nell’ex-Germania Est (dove è maggiormente presente anche l’estrema destra effettivamente antisemita).

Nonostante il razzismo e l’estraneità a istanze di anti-imperialismo o di lotta di classe fossero fonte di conflitto negli ambienti radicali, gli Antideutsch in Germania sono generalmente considerati parte della sinistra, approfittando anche del fatto che quest’ultima ha sempre avuto un atteggiamento molto indulgente nei confronti di Israele.

A loro volta i gruppi antideutsch hanno condizionato le posizioni delle altre realtà politiche sul tema. Attraverso intimidazioni, azioni di propaganda o violente, hanno sempre impedito il sorgere di un’efficace movimento a favore della causa palestinese. L’agitazione da loro promossa dissuadeva attivisti o realtà politiche a entrare nel dibattito o a prendere posizione, poiché anche da “sinistra” questo sarebbe immediatamente risultato controverso, tacciato di antisemitismo. In questi termini, gli Antideutsch sono perfettamente in linea con la repressione governativa: una contraddizione già nel nome, dato che il presupposto sarebbe proprio quello di opporsi allo Stato tedesco! Data la conformità di intenti con le autorità tedesche, è poi stato facile per molti di loro poi integrarsi in ambienti più “istituzionali”. Così, nel tempo, molti dei quadri politici dei contesti militanti dei primi duemila, invecchiando, sono entrati nella Linke o in altri partiti, nel mondo dell’associazionismo, oppure assunti in università.

Con il 7 ottobre le contraddizioni sono esplose. Fino a quando la questione palestinese non era costantemente all’ordine del giorno, molti potevano ignorare o tollerare le posizioni degli Antideutsch, ma i ripetuti attacchi alle iniziative contro il genocidio hanno condotto tanti tra attivisti e militanti – anche all’interno dei loro ranghi – a scontrarsi con loro.

Salvo poche città in cui sono storicamente radicati (Lipsia tra tutte), ad oggi i gruppi di ispirazione antideutsch non sono molti, né particolarmente numerosi. Tuttavia, la loro azione nel tempo ha influenzato il panorama della sinistra tedesca invalidando l’insorgenza di un fronte a sostegno del popolo palestinese. È anche a causa del loro apporto, se le realtà politiche tradizionali in Germania si rivelano oggi completamente inadeguate, se non estranee, al movimento pro-Pal. Movimento che, soprattutto di recente, è cresciuto esponenzialmente fino alle enormi manifestazioni dell’ultimo mese, ma in una situazione del tutto atipica.

La Germania ha una fortissima presenza migratoria, che include giovani lavoratori e studenti europei, nonché persone dalla Turchia, dalla Siria o da tutto il Medio Oriente (molti dei quali cittadini tedeschi a tutti gli effetti, grazie alle politiche migratorie adottate negli ultimi quindici anni). Segmenti sociali che ovunque si distinguono per il loro coinvolgimento nel movimento in difesa del popolo palestinese e che in Germania sono in prima linea nel guidarlo. Dall’altro lato, invece, la sinistra tradizionale, radicale o istituzionale, è per lo più rimasta nell’immobilismo, spaccata, o comunque sempre troppo timida per un tema che non ha mai realmente affrontato.

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