Questioni di sangue di Anna Vera Viva

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Napoli ed il quartiere Sanità, un connubio che si presta al noir in modo decisamente adatto a chi sa scriverci attraendo l’attenzione dei potenziali lettori. Un quartiere che fa del sospetto e della preoccupazione verso le forze dell’ordine un modo di vivere, perché le forze dell’ordine sono detestate a prescindere; un quartiere con i panni stesi da un lato all’altro della strada, che non è altro che l’estensione della casa, della casa nei bassi, di quei bassi con le porte spalancate, i vicoli stretti con i terrazzini, ovviamente abusivi; con il boss che controlla prostituzione, azzardo, pizzo e tutto il resto; con il prete “di strada” e l’assistente sociale.

Dicevamo del quartiere Sanità dove i poveri non possono permettersi nemmeno una degna sepoltura e la camorra impera su tutto con un effetto collaterale: o ti metti al servizio della camorra, che è portatrice di una decina di morti all’anno e di un falso riscatto sociale, o scegli la povertà, vista l’inefficienza dello stato, che è una vera e propria piaga. La Sanità con il suo mercatino, le bancherelle colorate, l’odore del pesce e la gente a passeggio, gli ambulanti abusivi che pagano il pizzo alla camorra.

Figure importanti in questo noir sono di sicuro la perpetua Assuntina, impicciosa cuoca niente male, nata per farsi i fatti altrui; ed il poliziotto cravattaro e violento, in particolare verso le donne, con il piacere di umiliare il  “sospettato”, un piacere che di fatto è una vera e propria perversione che si concretizza in una violenza cieca, improvvisa ed imprevedibile, una cattiveria mascherata da pazzia. Ma ancora di più Don Raffaele, il prete di frontiera, da inserire tra gli appartenenti alla Teologia della Liberazione, tanto in auge in America Latina negli anni ‘70/80, turbato dagli incubi delle notti inquiete, e dai dubbi, che organizza corsi di approfondimento nel tentativo di dare una alternativa alla vita di strada a giovani che crescono nel solco dell’illegalità, con il mito dell’eroe negativo, di modelli malavitosi e in un disagio sociale ed economico sempre più diffuso. Un Don Raffaele, con i dubbi su se stesso, infastidito da istituzioni, sempre e sempre assenti, con una tunica che nessuno mette più, che per scaricare la rabbia che gli cresce dentro cammina a passo veloce, diviso tra sogni ed incubi spaventosi, un prete investigatore. Il quartiere Sanità viene descritto attraverso le trasformazioni imprenditoriali che anche la criminalità subisce ed assume, stando attenta ai tempi che cambiano: dal contrabbando di sigarette, antico e leggendario, si arriva al terribile e letale traffico di droga. E’ un quartiere problematico che vive in un equilibrio instabile, tanto che ritrovarsi da una parte o dall’altra è talmente facile che basta un niente; un quartiere i cui abitanti, attraverso il Napoli Calcio che unisce, si giocano le schedine per potersi pagare le bollette, o in alternativa il lotto con i numeri che tutta Napoli gioca per cercare quella fortuna che potrebbe aiutare per una “sistemazione”.

Tra ricette di prelibatezze culinarie (riso al forno, melanzane e provola) e canzoni di Peppino di Capri, è il rapporto amico/nemico tra un prete ed un camorrista che tiene il filo dell’attenzione, su cosa unisce e cosa divide, su cosa sono e su cosa si basano logiche di vita contrastanti. Non c’è il Saviano di turno che ci spiega, c’è Anna Vera Viva a dirci che c’è una “bassa camorra” che produce denaro attraverso racket, droga e prostituzione ed una “camorra alta” che è nelle università più prestigiose, nei CdA delle banche, nelle leve del potere e che investe nel ricavato prodotto dalla “bassa camorra”. Ed ovviamente, il carcere, il non luogo in cui c’è un innocente da restituire alla libertà.

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Edoardo Todaro

Oltre a svolger la propria militanza tra realtà autogestite (CPA) e sindacali (delegato RSU Cobas presso Poste spa) è appassionato di letture, noir in particolare. È tra i collaboratori, con le proprie recensioni, del blog Thriller Pages

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