Mancano le autorizzazioni per volare, la grottesca verità sull’aeroporto di Firenze

Quando è uscita la sentenza del Consiglio di Stato con cui in modo netto, chiaro ed esemplare è stato bocciato il progetto del nuovo aeroporto di Firenze ho percepito, nelle parole di coloro che hanno in questi anni attivamente e con interesse seguito le complesse e spesso controverse vicende inerenti l’iter autorizzativo dell’infrastruttura, la consapevolezza di aver compreso tutto di quella iniziativa; che tutto fosse oramai esplicito e palese; che non vi fossero più punti oscuri in una vicenda che, a guardar bene, non è stata certo “trasparente” fin dalle sue origini.

C’è anche da considerare che forse, dopo 5 anni di un difficile percorso partecipato, fatto di manifestazioni pubbliche, di assemblee, di interventi attraverso la stampa, di ricorsi alla giustizia, chiunque avrebbe potuto ipotizzare che la travagliata storia dell’aeroporto di Peretola fosse finalmente arrivata al capolinea.

Tutti costoro, o almeno molti di essi, però non potevano sapere che invece c’è dell’altro; che la maggiore criticità di questo aeroporto non è negli atti contestati, ma incredibilmente (e qui diventa veramente difficile trovare le parole più adatte per definire una situazione così surreale) nella sua stessa attuale funzionalità.

Approfondendo la tematica relativa alle procedure autorizzative legate a questa infrastruttura, siamo partiti dagli esiti della VIA del 2003, con cui l’allora Ministro Matteoli decretò la compatibilità ambientale dell’attuale aeroporto di Firenze approvando la cosiddetta pista di rullaggio (mai realizzata) e le modalità di decollo ed atterraggio degli aerei allora in esercizio, il tutto subordinato al rispetto di una serie di prescrizioni imposte proprio al fine di garantire, ai sorvolati di Peretola, Brozzi e Quaracchi, la necessaria ed ineludibile tutela sanitaria ed ambientale rispetto ai limiti delle emissioni sonore, limiti ampiamente superati per colpa degli aerei in quelle zone densamente abitate.

Partendo dal fatto che queste stringenti prescrizioni (delocalizzazione delle abitazioni per le quali non era possibile trovare ristoro agli impatti conclamati, e messa in opera, per tutte le altre abitazioni poste in zona di rischio, di doppi vetri ed impianti di condizionamento), non sono mai state attuate, abbiamo avviato un intenso carteggio verso tutte le Istituzioni e gli organismi a vario titolo interessati all’opera chiedendo conto di tale inottemperanza.

In queste occasioni abbiamo anche richiesto copia delle autorizzazioni di cui l’infrastruttura deve avvalersi per gestire, come tale, lo scalo aeroportuale, autorizzazioni che nello specifico riguardano: la compatibilità urbanistica ai sensi del DPR 383/1994; la compatibilità ambientale; l’operatività per l’aeromobile Airbus A 319.

Se con riferimento alle prescrizioni impartite dal Ministro dell’Ambiente (per le quali è addirittura intervenuto il Presidente della Repubblica confermandone la natura precettiva e quindi imponendone la realizzazione) ancora non è dato sapere chi le realizzerà effettivamente e quando, riguardo le autorizzazioni di cui abbiamo chiesto copia siamo in una situazione paradossale: dalle risposte ottenute (siamo in attesa di conferma) appare plausibile che le autorizzazioni non siano mai state rilasciate, e che quindi le strutture aeroportuali di Firenze non possano continuare ad esercitare la propria attività come hanno fatto fino ad oggi.

Senza dilungarmi nello squallido rimpallo di responsabilità tra soggetti pubblici che ha caratterizzato questa vicenda negli ultimo due anni (e in particolare le inevase riposte alle reiterate richieste di copia delle autorizzazioni di cui sopra, richieste che hanno visto l’interesse anche della Prefettura di Firenze), la conferma che questa incredibile ipotesi potrebbe essere fondata è tutta in una lettera inviata dal Responsabile delle Prevenzione della Corruzione del Ministero delle Infrastrutture datata 19 novembre 2020 con cui, in riferimento all’aeroporto di Firenze, “si chiede di essere aggiornati in modo tempestivo riguardo alla mancata compatibilità urbanistica ai sensi del DPR 383/1994, […] e mancata compatibilità ambientale ed operatività per l’aeromobile Airbus A 319”.

A tale nota risponde il 23 novembre 2020 la Direzione Generale per gli Aeroporti ed il Trasporto Aereo del MIT, confermando che in merito alle “urgenti verifiche” richieste ha già inoltrato ad ENAC nota con cui chiede di “relazionare con ogni consentita urgenza”.

La missiva, che contiene un chiaro aut aut al soggetto individuato quale responsabile dei procedimenti autorizzativi (ENAC), chiude il cerchio intorno ad un deplorevole ed inammissibile comportamento delle Istituzioni pubbliche che, ben oltre il limite della decenza, per troppo tempo hanno risposto sempre in modo evasivo alle richieste presentate.

Qualora tale negligenza fosse confermata, oltre a pretendere la immediata chiusura dell’aeroporto, c’è da stabilire, fino in fondo, le responsabilità di tale impensabile e ingiustificabile comportamento che si trascina da oltre venti anni, senza che a nessuno, tra coloro che ne avevano facoltà e responsabilità, sia mai venuto in mente di avviare la necessaria verifica amministrativa.

Questa incredibile storia, se i fatti confermano le ipotesi espresse, renderebbe oltre mai grottesco il fatto che viaggiando alla guida delle nostre autovetture non potremmo esimerci dal possedere patente e libretto di circolazione, mentre un aereo in decollo da Firenze, non avrebbe necessità di altra autorizzazione, se non quella rilasciata dalla torre di controllo.

*Fabio Zita