Le immagini in politica: idee senza parole, le definiva Furio Jesi, assegnandole senza ripensamenti alla destra. Aggiungendo subito che idee senza parole erano anche nel repertorio staliniano e in quello brigatista, ma appunto come imposizione della gerarchia laddove la sinistra dovrebbe accettare il confronto e la critica.
La fiaccola è una di queste idee.
E’ un simbolo presente nei riti e nei miti da lungo tempo e tale antichità merita di essere riconosciuta, purché si stia attenti, seguendo Nietzsche, a non trarne nessuna conclusione e a non accampare nessuna pretesa sulla sua origine. Guardando la fiaccola non dovremmo pensare a cosa c’è sotto ma a cosa ci è stato appiccicato sopra.
Come simbolo prometeico, ha accompagnato negli ultimi quattro secoli i vari prometeismi: quello illuminista, quello romantico e quello decadente, dal lume della ragione alla Fiaccola sotto il moggio, passando per la Fiaccola di Kraus e la fiaccola dell’Anarchia.
Ma essendo immagini senza parole è a destra che le fiaccole si trovano più spesso: dal KKK alla catena di tedofori ideata per celebrare le Olimpiadi del 1936 a Berlino.
C’è tutto un simbolismo della luce che ci guida e ci conduce verso gli antri più bui della storia.
Fu analizzato con la solita irriverenza da Mark Twain partendo da una interpretazione (allora molto in voga tra i missionari) di un certo passo della Bibbia: “Chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte”.
Chi sono costoro? Per lui erano gli abitanti delle Filippine e di altre parti del mondo che morivano sotto le mitragliatrici americane, uomini seminudi, poveri e scuri come la gente contro cui si mobilitano le fiaccolate di oggi. A loro dedicò un bel pamphlet contro il nascente imperialismo statunitense, intitolandolo appunto con quel versetto.
Uscì in Italia nelle edizioni Millelire e il libricino comprendeva anche un lungo articolo su chi inseguiva con le fiaccole i neri del Michigan.
Ci vuole una bella faccia tosta per pensare di poter portare agli altri la luce mentre li scacci da una terra che non ti appartiene, ci vuole un io che fa provincia e un titanismo esasperato (Prometeo era un titano). Una fiaccolata non è la Rificolona: quando si organizza una fiaccolata si scherza con il fuoco.
Bisogna chiamare a raccolta gente diversa evitando di mortificarla con distinzioni di ceto o di classe. A questo scopo si dovrà inventare e magnificare la figura del Residente. Bisogna ripulire il volantino da ogni traccia di razzismo, stando però attenti a riaffermare la superiorità naturale di chi lo scrive e del Residente che lo leggerà. Bisogna buttare tanto fumo negli occhi per non apparire per quello che si è: meschini.
Una fatica di Sisisfo (titano anche lui) perché ogni volta salta fuori qualcuno a svelare i sostegni politici e gli appoggi finanziari alla banda degli onesti e ogni volta si deve ricominciare da capo.
Eppure tremolano tante fiaccole nelle notti fiorentine.
Fiaccole diverse, ma tutte accomunate dal silenzio circa il loro indirizzo politico.
Fiaccolate apolitiche contro fiaccolate caserecce, è scontro di titani…
*Massimo De Micco
Massimo De Micco
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