Quel pasticciaccio brutto di via dei Pepi

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E’ inevitabile restare colpiti, e imbarazzati, dai tratti più grotteschi delle azioni e delle parole di questa amministrazione comunale, ed in particolare del Sindaco Nardella. Dall’idea di bagnare sagrati e marciapiedi all’ora di pranzo per non farci sedere i turisti, al commento, dopo lo stupro di due studentesse americane da parte di due carabinieri: dietro l’ammonimento a non prendere Firenze come la città dello sballo c’è, trasparente, la consueta colpevolizzazione delle vittime, in particolare nel caso di violenza sessuale, insomma ragazze, non andatevela a cercare! Sorvoliamo poi sul giubilo per la quotazione di Firenze da parte di Trip Advisor (!), o sullo scherzo idiota dell’urlo Allah Akbar al meeting di Rimini, e via di gaffe in gaffe.

Quello che qui vogliamo evidenziare è che questa amministrazione sta procedendo speditamente, o assecondando fattivamente, una profonda mutazione della natura stessa della città. Che non comincia certo con Nardella, ma che viene precisata e lucidamente perseguita.

La cifra principale delle trasformazioni in corso, al netto della disorganizzazione sul piano infrastrutturale che più di tutto fa disperare tanti fiorentini, riconducibile ad una incapacità di fondo a gestire interventi complessi, va però individuata nel deciso e per niente casuale o improvvisato processo di trasformazione di Firenze in una cittadella del lusso e del consumo, in cui tutto è improntato alla massimizzazione della rendita e alla promozione dei meccanismi economici che consentono lo sfruttamento intensivo delle risorse ambientali, storiche e umane, in vista di una accumulazione di ricchezza come sempre nelle mani di pochi eletti.

Gli altri devono solo chinare la testa.

E’ stato detto più volte ma vale la pena ricordare velocemente la proliferazione degli alberghi e delle residenze di lusso nel centro storico, versione aggiornata degli onnipresenti centri commerciali in ogni operazione di “riqualificazione” appena fuori dalle mura: da via Palazzuolo a Costa San Giorgio, dalle residenze di lusso per studenti (sic) in viale Lavagnini alle varie speculazioni in via Tornabuoni e dintorni.

Tralasciamo per brevità della ristorazione ovviamente di lusso di Eataly, la gestione demenziale delle immense risorse culturali e museali, la mortificazione di ogni spazio pubblico che non produca ricchezza (sempre chiedersi per chi), la schizofrenia fra ossessione securitaria e laissez faire del mercato in piena logica neoliberista, per cui dopo tanti discorsi gli unici colpiti con severità sono un pugno di minimarket aperti da immigrati. Tanto loro non contano.

In questo quadro si inserisce una vicenda in sé emblematica: quella degli alloggi pubblici di via dei Pepi.
Riassumiamola brevemente: l’isolato compreso fra via dei Pepi, via di Mezzo, via Fiesolana e via degli Alfani era costituito da sempre da edifici popolari di proprietà comunale. In questo quadrilatero sono state investite risorse pubbliche provenienti dall’ERP, molti alloggi sono stati destinati da decenni per fini di edilizia sociale, e questa destinazione è indicata anche in atti comunali succeduti nel tempo. Tutti elementi che, per le leggi nazionali e regionali in materia, ascrivono questi alloggi al patrimonio ERP. Con una conseguenza, fra le altre: possono essere venduti solo agli assegnatari, a prezzo concordato, ed il ricavato va reinvestito nella manutenzione o costruzione di altri alloggi ERP.

E qui casca l’asino. Siamo a due passi da Santa Croce, e a tre dal Duomo, e la tentazione è forte: da una parte cancellare uno degli ultimi lembi di tessuto sociale popolare nel quartiere, in una “location” tanto appetibile per il “target” che più sta a cuore al sindaco, il mercato della ricchezza, turisti benestanti, seconde case, residenze di lusso; e poi si sa, i ricchi consumano, e portano decoro, mica come il popolino delle case popolari. Dall’altra l’occasione di incassare una bella cifra da immettere direttamente e senza vincoli nel bilancio comunale. Come resistere? Quindi via alla operazione pulizia, spostare gli abitanti delle case di via dei Pepi, destinando loro, fuori graduatoria, gli alloggi ERP appena costruiti nella ex Longinotti di viale Giannotti, dichiarare illegittimamente che le case di via dei Pepi non sono case popolari perché “non ne hanno le caratteristiche” (e quali sarebbero, di grazia?), trovare un accordo con qualche fondo immobiliare e vendere in blocco. Il Comune è stato peraltro smentito anche dalla Regione Toscana, che in materia di ERP ha competenza esclusiva, e che ha dichiarato senza ambiguità che quegli alloggi, a partire da quelli di via dei Pepi, “sono senz’altro ascrivibili al patrimonio ERP”.

Ma succede che non tutti sono giubilanti, c’è chi si mette di traverso, chi non accetta di trasferirsi in un alloggio più nuovo, magari più comodo, perché questa trasformazione del centro storico in un parco giochi di lusso non la digerisce proprio, perché le radici sono lì, nel quartiere, anche se così cambiato. Prendiamoci un momento e leggiamo le parole in merito di Lorenzo Bargellini (ciao Lorenzo, quanto ci manchi!), per lui Santa Croce era il luogo del cuore, e sulla svendita del quadrilatero stava impostando una lotta radicale, pur consapevole delle trasformazioni già avvenute:
“Tra le tante cose strane che mi sono passate per la mente in questo periodo, una delle cose pìù inquietanti è rappresentata dall’enorme richiesta di mobilità degli inquilini delle case popolari dentro all’ex carcere delle Murate.
Uno si domanda il perchè la gente vuole andare via dalla zona di Santa Croce e contemporaneamente cerca di trovare risposte che solo con il tempo comprende. Anche perchè sia il Movimento di Lotta per la Casa e sopratutto l’Unione Inquilini hanno lottato tanto per ottenere le case popolari nel centro cittadino […] .
[…] Il quartiere di Santa Croce era un quartiere realmente proletario, con tante facce di una realtà ricca di passioni e di forti relazioni sociali e umane. Da una parte alcuni luoghi di incontro, i bar, la Casa del Popolo, per i pìù giovani le piazze come piazza Santa Croce e piazza d’Azeglio, dove si stava ore e ore a giocare a pallone e poi le scuole La Pestalozzi e la Vittorio Veneto. Un crocevia di persone dal carattere bizzarro… storie di vita e di malavita… leggende di bulli e picchiatori, di calcio in costume e di rivoluzionari mai domi, questo era il quartiere.
[…] Negli anni successivi le autoriduzioni delle bollette, la lotta per la casa e gli spazi sociali, l’allontanamento dei fascisti… ma intanto qualcosa cambiava, lentamente se ne andavano tutti. Le attività sociali chiudevano mentre i pittori e gli artisti sparivano… piano piano i costi degli affitti lievitavano e anche i rigattieri di Via San Cristofano chiudevano. La Casa del Popolo divorata dai debiti e tutti i bar si trasformavano in localini di merda. Anche il noto bar di Borgo Allegri si rassegnò davanti all’incalzare dei tempi moderni.
Di quel quartiere, con le donnine nelle sedie davanti alle porte, con i bulletti a fare gli smargiassi, con i rivoluzionari dai lunghi capelli a cantare e fare cortei non vi è più traccia. Anzi girando per quelle strade vengono i brividi a pensare alle profonde trasformazioni sociali avvenute nel tempo.
Sopra ogni cosa la ragione della richiesta di mobilità è segnatamente legata a ragioni di cuore. La zona di Santa Croce oggi è territorio di conquista della speculazione, e noi purtroppo, abbiamo perso.
Resta VIVO il ricordo di avere vissuto anni indimenticabili e questo certo non è poca cosa…”

Ed ecco che la resistenza di un pugno di residenti in vecchie case di un quartiere popolare della “città più bella del mondo” va oltre la rivendicazione di un diritto individuale, può diventare lotta collettiva per affermare il diritto a una città diversa da quella voluta dalle élites economiche e finanziarie neoliberiste, diversa da quella macchina automatica per l’estrazione di valore da ogni pietra, da ogni spazio, da ogni vita, che il capitale ha assunto come scopo e scenario per un futuro che vorrebbe farci passare sulla testa e sulla pelle, ma che tutti noi dobbiamo mettere in discussione.

Un futuro fatto di segregazione di classe e di esclusione, di campagne per il decoro e la sicurezza che dietro la retorica nascondono solo una guerra senza esclusione di colpi ai poveri e a chi non rientra nei canoni dominanti di cui questo sindaco, questa giunta, e il loro partito sono paladini al pari della peggiore destra, da quella padronale berlusconiana e confindustriale a quella razzista e becera dei vari Salvini, fino alle frange sempre più attive del neofascismo esplicito e violento di Casa Pound o Forza Nuova.

La città di Nardella & co. è la città degli sfratti e degli sgomberi, della precarietà crescente di chi ci lavora e ne viene espulso al termine dell’orario perché non può permettersi di viverci, la città vetrina portata nelle fiere immobiliari in giro per il mondo, la città dell’individualismo, della frantumazione dei legami sociali, la città dell’arroganza proprietaria. 

La nostra città è un’altra, e si costruisce ogni giorno nelle mille occasioni di resistenza e solidarietà.

*Spazio InKiostro

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Inkiostro

Un nuovo spazio pubblico aperto in città, in via degli Alfani 49 a Firenze. Insieme perUnaltracittà e Clash City Workers per riprendere il diritto alla città, servizi pubblici funzionanti, quartieri a misura di chi li vive, condizioni di lavoro degne. Vogliamo farlo riaprendo fisicamente un pezzo del centro, sottraendolo alla mercificazione e all’invisibilità, trasformandolo in un luogo al servizio del quartiere, un luogo di dibattito, di incontro e di socialità! Ecco cosa è lo Spazio InKiostro. Segui le attività su Facebook https://www.facebook.com/spazioinkiostrofirenze/

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