Fiorenza che al quartiere San Jacopino volta le spalle

Chi passa dalla piazza San Jacopino si sarà accorto che da tre anni circa abbiamo una statua dell’artista Talani, chiamata Fiorenza. Fiorenza è stata presentata come un regalo per il rinnovamento del quartiere, con la piazza ristrutturata, insomma una nuova vita per un’area un po’ dimenticata Già all’inaugurazione molti si stupirono della collocazione: era dedicata al quartiere, ma invece di guardare verso il quartiere a questo voltava le spalle per non dire di un’altra parte del corpo. E dove guarda? Verso la strettoia di Via Cassia e il centro storico. Chiesi ad uno dei politici locali presenti chiarimenti su quella stranezza, e come risposta ebbi uno stupefacente: “è chiaro, guarda Santa Maria del Fiore”.

Cosa da poco conto come è collocata una statua, direte. No, perché questo rappresenta in maniera plastica due aspetti che nel nostro rione sono evidenti nell’atteggiamento dell’Amministrazione comunale. Un quartiere che viene definito come destinato a dipendere da un’istituzione religiosa cattolica, Santa Maria del Fiore, la cattedrale della città, come se fossimo ancora nel Medio Evo quando la rappresentazione della città era affidata alla magnificenza della cattedrale; una visione superata e comunque poco laica.

Per non dire del poco rispetto delle differenze culturali che un’Amministrazione dimostra mentre dovrebbe rappresentare la totalità della popolazione. C’è da dire, infatti, che questo è un quartiere dai forti connotati interculturali per la presenza di vari gruppi di cittadini del mondo approdati a Firenze, nella maggior parte dei casi integrati nel mondo del lavoro, nei settori più disparati, ma prevalentemente nella ristorazione, commercio e servizio, gli assi portanti dell’economia della città. Nello stesso tempo culture diverse possono voler dire appartenenze religiose diverse, come dimostra anche la presenza a duecento metri dalla Fiorenza del Centro culturale del Bangladesh, equamente diviso nella frequentazione fra persone islamiche e persone di appartenenza laica. Fra l’altro il momento dell’installazione della Fiorenza era anche quello di forte attenzione da parte dei mass media su quella comunità, per la presunta presenza di una moschea abusiva, possibile covo di terrorismo, nella miglior tradizione di propaganda di gruppi politici di destra xenofoba e del giornale che di queste campagne si è fatto spesso portavoce convinto, “La Nazione”. Ma da tutte queste accuse non è mai emerso nulla di reale, nonostante gli occhi puntati di vigili urbani, ispezioni varie che hanno trovato solo la mancanza di uno sfiatatoio nelle stanze adibite anche a piccola cucina

Il regalo della Fiorenza a questo quartiere poteva e forse doveva essere un atto di possibile riparazione ad accuse infondate verificate anche di persona attraverso visite al Centro da parte del sindaco Nardella. E comunque su 20.672 persone che abitano questo rione c’è un buon 35% di popolazione proveniente da varie parti del mondo che meritavano maggiore rispetto e, forse, un segnale di interazione maggiore con la città.

Ma veniamo a un aspetto del volgere il …… didietro al rione San Jacopino che più ci interessa. Come abbiamo già dimostrato con i due articoli precedenti, questa zona della città, esplosa con l’ondata edilizia degli anni Sessanta/Settanta, che seppellirono quasi del tutto la parte verde della zona, ha visto crescere nuovamente gli appetiti edilizi dei capitali finanziari speculativi nel nuovo secolo. Basti pensare al quartiere della Leopolda, rimasto per un lustro abbondante senza opere di urbanizzazione, con molti appartamenti sfitti, ed ora in attesa di sistemazione della cosiddetta piazza centrale e di un’area verde abbandonata che sarebbe un utile e indispensabile giardino da rendere disponibile alla collettività.

L’area ex Fiat di Viale Belfiore, già usata come orti di guerra durante l’ultimo periodo bellico, vide poi la presenza della FIAT, la dismissione della stessa, di nuovo abbandono sempre a causa di una finanza speculativa soggetta a frequenti fallimenti anche volontari, come hanno dimostrato varie indagini giornalistiche. Ora sarà ricostruita con un altro Student Hotel, nonostante le opposizioni degli abitanti riuniti anche in un comitato che ha ripetutamente chiesto di abbassare le soglie di cemento e di desertificazione che l’opera impone. L’operazione ha rasentato il grottesco quando l’impresa di bonifica ha distrutto un bosco spontaneo nato nei dieci anni di chiusura del cantiere causa fallimenti, abbattimento avvenuto con ordinanza n. 819 del 7/9/18 segreta del Comune per evitare problemi di ordine pubblico.

Si, perché in questa zona il poco verde che resiste alla speculazione edilizia è ritenuto di grande importanza per gi abitanti che da decenni vedono crescere un quartiere di solo cemento, senza servizi, spazi verdi e spazi sociali. 
Il problema degli spazi pubblici in questo quartiere che è delimitato dal Mugnone, l’Arno e i viali mostra tutta la sua evidenza se analizziamo in via teorica la quantità degli standard urbanistici necessari a soddisfare la quantità minima di servizi a norma di legge stabiliti in 18 mq/ab.
Gli abitanti nel rione sono, al 31 dicembre 2019, 20672; le aree necessarie per servizi pubblici devono essere 18 mq per abitante, quindi 372.096 mq totali.

Vediamo come siamo messi. In particolare, per il verde sono necessari 9mq/ab.; quindi:
20672 x 9mq = 186.048 mq superficie necessaria. In realtà disponiamo di una superficie attuale per spazi verdi di circa 50.000 mq e, quindi, abbiamo una carenza di verde pari a 147.000 mq.
La misura reale del verde pubblico rionale accessibile a tutti (escluso dunque per esempio quello scolastico) è ricavabile dal sito http://verdeonweb.comune.fi.it/ del Comune:

Giardino Puccini m2 2000
Largo Porta leopolda m2 1000
Giardino Maragliano m2 5500
Giardino Felice Fontana m2 930
Giardino via Galliano m2 654
Giardino Boito m2 5800
meno di due ettari in totale, considerando che il giardino Redi non esiste più, essendo stato quasi totalmente occupato dalla tramvia.

Veniamo a un altro dato importantissimo, lo spazio dedicato ad attrezzature per l’istruzione. Sono ritenuti necessari per gli standard urbanistici 4,5 mq ad abitanti, perciò 20672x 4,5mq = 93.094 mq.  In realtà ne esistono solo 38.000 mq circa, mancano quindi 60.658 mq.
Lo abbiamo visto negli ultimi anni nelle scuole di zona, con molti ragazzi e ragazze della scuola dell’obbligo costretti a chiedere l’iscrizione ad altri complessi scolastici fuori zona e poi con la decisione di restringere l’area di afflusso alle scuole del rione. Lo abbiamo verificato direttamente in periodo di lockdown: una volta chiuso il giardino di San Jacopino, che supera di poco il mezzo ettaro, ci è rimasto, scritto nero su bianco dall’Aministrazione comunale. solo un giardino di 0,20 ettari.

Basta per dire che non sarà permessa altra costruzione nel rione? che quell’area definita “vuoto da colmare” da Nardella che è l’area delle ex Officine Grandi Riparazioni, deve restare vuota, a disposizione della popolazione per respirare, muoversi, incontrarsi, avere finalmente un luogo anche al chiuso dove socializzare? Si, perché 20.000 e passa persone, oltre non avere neppure un ettaro di verde pubblico. non hanno neppure uno spazio civico dove ritrovarsi. Certo abbiamo una biblioteca, piccolissima, una ludoteca, piccolissima, un Centro anziani, di dimensioni piccole, ma privatizzato, perché dato in gestione a una associazione che, giustamente, chiede la tessera per entrare. E’ possibile pensare a una cittadinanza attiva, resiliente in queste condizioni?

Veniamo a un altro problema collegato alla collocazione di questo quartiere. Di fronte al crollo dell’economia cittadina, quasi del tutto centrata sul turismo, abbiamo sentito il Sindaco Nardella e l’assessora Del Re difendersi malamente dalle accuse di espulsione della cittadinanza dal centro cittadino, dall’essere colpevoli della crisi attuali per la mono imprenditorialità sviluppata e per la conseguente gentrificazione del centro storico, che ora è evidente anche agli occhi di un profano, ma che finora vedevano solo architetti e cittadini… malati di manie di persecuzione rispetto alle due ultime amministrazioni.

Direi che d’ora innanzi, gli abitanti del rione San Jacopino-Cascine-Porta a Prato possono a ben ragione chiedere almeno la stessa attenzione, le stesse risorse, gli stessi trattamenti che sono riservate all’area UNESCO. Non solo, hanno diritto ad essere considerati area dove sperimentare il nuovo piano proposto in “Rinasce Firenze” non per colmare l’unico vuoto rimasto con un quartiere post- Covid, ma per tutte le buone idee che sono enunciate nella parte generale: riportare in quest’area servizi e attività produttive anche artigianali (non solo quelli di “facciata” della Manifattura Tabacchi”), spazi verdi, spazi sociali, corridoi ecologici cittadini che colleghino con la piccola area rurale sopravvissuta attorno al Fosso macinante e, attraverso un’adeguata pista ciclabile, con le area dei Renai e dell’oasi di Focognano. Questo rione dovrebbe essere il primo esperimento di applicazione di tutte le buone “pratiche” green di cui ora si riempiono la bocca i governi, da quello locale a quello nazionale.

Per non parlare della necessità di scuole per una popolazione giovane che è in crescita. Le 20.000 persone che abitano questa zona della città sono equamente distribuite fra le varie fasce d’età, quindi a tutti gli effetti siamo di fronte a un quartiere vivo, vitale, non solo di anziani come molti centri storici, ma di gente che ha bisogno solo di poter espandere la propria socialità e le proprie iniziative.

In tutto il mondo si è capito che l’interazione fra abitanti locali e nuove persone che arrivano da altre parti del mondo può essere una risorsa. I figli e le figlie di coloro che sgobbano 10,12 ore nei ristoranti del centro, nelle case di riposo, nelle case private per sevizi alla persona, nei servizi per pulizie di negozi e case, nel commercio appartengono già alla seconda generazione e dovrebbero essere considerati cittadini a tutti gli effetti. Solo se daremo loro, insieme a tutti gli altri abitanti di questa zona, le opportunità di crescita civile, economica e culturale avremo un quartiere che potrà rivitalizzare l’intera città. Fra l’altro, evitando rischi di creare una banlieu segregazionista con tutte le conseguenze negative.

Allora giriamo la Fiorenza, lasciamo che volga le spalle a un passato sbagliato, nettiamola rivolta al futuro di un quartiere che merita un cambiamento vero. Forse ne potrebbe guadagnare l’intera città.

*Adriana Dadà

Qui il primo articolo https://www.perunaltracitta.org/2020/05/06/dal-rione-di-san-jacopino-porta-a-prato-a-firenze/

Qui il secondo: https://www.perunaltracitta.org/2020/06/09/cosa-ce-di-nuovo-a-san-jacopino/