Il paesaggio della Badia Fiesolana e le sue ferite

  • Tempo di lettura:5minuti
image_pdfimage_print

La Badia Fiesolana e la sua storia

Un tempo, non molto lontano, era impossibile percorrere la vecchia Via Faentina fino al Ponte sul Mugnone senza rimanere colpiti dalla varietà e dalla bellezza del paesaggio circostante, rimasto quasi intatto nei secoli. E ammirare questo versante delle colline fiesolane che si affaccia sulla stretta valle del Mugnone, con in alto il convento francescano, dominante su una parete che a nord precipita dirupata sul complesso di Fontelucente e poi giù fino al fiumicello a formare una gola con gli scaglioni rocciosi del Monte Rinaldi; invece verso sud si distende su erti pendii, meno scoscesi, popolati di case e di ville contornate di cipressi, di vigne e oliveti, che digradano fino al fondo valle.

Uno stupendo scenario al centro del quale si eleva, su un contrafforte della collina, la Badia Fiesolana, una costruzione dall’aspetto severo, il cui organismo si articola su più piani sovrapposti e che appare ancora più imponente verso occidente, in direzione del declivio coperto di filari di ulivi. Perfetto contraltare alla Villa Salviati, che culmina sull’altra sponda della valle, con la sua mole massiccia e militaresca, unita alla Badia da una strada proveniente da via Bolognese che scende precipite fino alla via Faentina e risale ripidissima fino alla piazza della chiesa per proseguire verso San Domenico. Ma ciò che fin

La Badia fiesolana in una foto della prima metà del ‘900.

da lontano cattura lo sguardo è la piccola marmorea facciata romanica, incastonata nell’alta e disadorna facciata di pietra della chiesa, come un luminoso elegante portale, sublime testimonianza della fantasia e del virtuosismo formale degli artigiani marmorari, appartenenti alla gloriosa tradizione romanica fiorentina.

Una facciata che corrisponde, prima del grandioso intervento mediceo, alla preesistente abbazia camaldolese che Cosimo il Vecchio volle incorporare in una più grande chiesa da costruire in seguito alla radicale ristrutturazione ed all’ampliamento del convento. Nelle aspirazioni di Cosimo, esso doveva divenire il suo rifugio spirituale e luogo di contemplazione della natura e nel contempo un centro di studi di cultura umanistica, dotato perciò di una grande e adeguata biblioteca, che, dopo la sua morte, annoverò fra i suoi ospiti la presenza insigne di Poliziano e di Pico della Mirandola.

La Badia, dunque, è giunta fino a noi, carica di storia plurisecolare e di significati culturali: dalle remote radici risalenti all’alto medioevo a testimone del passaggio dalla civiltà romanica allo splendore rinascimentale, fino ad approdare, dopo periodi di decadenza e alterne vicende, ad essere, prima, la sede di una struttura educativa dei Padri Scolopi e poi, oggi, dell’Università Europea.

La Badia fiesolana e il suo paesaggio

La Badia Fiesolana, godeva, ancora nel secondo dopoguerra, di uno straordinario inserimento in quel paesaggio che esprimeva l’equilibrio miracoloso raggiunto in Toscana tra natura, arte e popolazione, riflesso anche nelle opere dei grandi pittori del ‘400 e del ‘500. Così definito dai colti e idealizzanti osservatori del passato, in particolare stranieri, per il legame che si era venuto a creare, fra una natura stupenda, modellata dal duro lavoro di gente semplice e sobria, ed un’arte dal carattere essenziale e razionale. Un equilibrio che è stato negli ultimi decenni irreparabilmente incrinato, dalla fine della cultura contadina radicata in questa terra e dalla concomitante prassi distruttiva della modernità, che non ha trovato, in generale nel nostro paese, un argine nelle istituzioni preposte alla difesa del nostro eccezionale patrimonio storico paesaggistico, come previsto dal secondo comma dell’articolo 9 della Costituzione, neanche, come è dato constatare, nelle sue emergenze di più alta valenza culturale e artistica.

Così fin dagli anni ‘50, il convento della Badia Fiesolana, dopo essere stata ingrandito con un nuovo corpo di fabbrica di scarsa qualità architettonica ed aver subito controversi restauri che ne hanno stravolto alcune parti della struttura interna, ha visto progressivamente modificare il suo pregiato assetto esterno. A scomparire per primi, furono i giardini e gli orti terrazzati che fiancheggiavano il fronte meridionale del complesso, sostituiti da grandi piazzali, inesorabilmente trasformati, nel tempo, in parcheggi scalati su vari piani, fino a costituire una vasta, orribile e deturpante pertinenza asfaltata. In seguito,  per collegare i parcheggi con la viabilità esterna, si è aperta fin dagli anni ‘60 una strada, che poi negli anni ‘80 è stata a sua volta asfaltata tagliando a metà l’uliveto sottostante la Badia. Una ferita, anche se mitigata successivamente, con l’icona riparatrice del paesaggio toscano: la bordatura di cipressi della strada, che ha alterato in modo irreversibile il compatto paesaggio rurale che declinava verso la valle del Mugnone.

Ma non è bastato! Ad infierire contro il martoriato paesaggio della Badia, ancora con l’evidente pieno consenso della Soprintendenza, si è costruito di recente, una lunga scalinata che si inerpica rasente il muro di cinta dell’oliveto e in alto, nel culmine del pendio, svolta sotto il piazzale della chiesa, verso il convento. Un lungo nastro bianco, visibile da più parti e impattante come un corpo estraneo, che non si è voluto neanche mimetizzare utilizzando materiali, come la pietra, più congrui con il contesto. Un’opera costosa e non indispensabile, data la presenza di ben due strade private, che conducono al complesso della Badia. Inoltre, come ultimo misfatto, si è permesso di installare anche un’isola ecologica, con la sua dotazione di cassonetti, all’interno dell’area dell’oliveto, nuovo e definitivo sfregio al panorama  della Badia. Occorre rilevare, dunque, che, se la presenza dell’organismo europeo, da un lato ha conferito ulteriore prestigio e confermato la vocazione culturale propria della Badia, dall’altro ha comportato che la sua centralità e le sue esigenze funzionali hanno prevalso su ogni altra considerazione di carattere  ambientale relativa al pregiato e delicato ambito in cui è collocato.       
E’ quanto si evince emblematicamente con il  caso della scalinata, che deve servire in modo esclusivo agli studenti e agli insegnanti provenienti dal villaggio della European University Institute, costruito quest’ultimo, a maggiore comodità degli stessi, nei pressi del Ponte alla Badia e quindi dell’Università, come se a Firenze mancassero strutture da recuperare adatte all’uopo, sacrificando a tale scopo un lembo di campagna ancora qualche anno fa, coltivata a colture miste ed orti.

Per finire un’amara constatazione, in mancanza, come si è detto, di ogni politica di tutela e conservazione, oggi rimane ben poco di quelle distese argentee di filari di ulivi che cingevano quasi da ogni lato la Badia. Ai suoi piedi rimangono pochi e superstiti ulivi in stato di evidente incuria e abbandono da molti anni, specchio desolato di un fenomeno diffuso, che interessa, purtroppo, vari versanti della collina fiesolana. Un processo epocale che, progressivamente, impoverisce e distrugge i connotati tradizionali di quella magnifica campagna dei dintorni di Firenze, tanto ammirata nei secoli da poeti e pittori, quale prezioso retaggio dell’operosità umana.

* Comitato San Salvi chi può

2 commenti su “Il paesaggio della Badia Fiesolana e le sue ferite”

  1. Antonietta Brillante

    Concordo pienamente. Ogni volta che il mio sguardo si posa su questi sfregi, e su quello del parcheggio di Villa Salviati, altra sede prestigiosa dell’istituto Universitario Europeo, mi chiedo come sia stato possibile che, nonostante le norme sui vincoli e sulle restrizioni storico-paesaggistiche, giustamente rigide al fine di preservare il territorio e la sua storia, sia stato possibile effettuare una cementificazione che ha preso il posto di verde e di alberi.
    Un interrogativo che ho posto anche alle Sovrintendenze, alle amministrazioni locali senza ottenere alcuna risposta o risposte soddisfacenti (piuttosto, le definirei arroganti. Comunque, il massimo che sono riuscita a sapere è che si è trattato di interventi autorizzati. Ci mancherebbe altro, visto che stiamo parlando di spazi di proprietà dello Stato e di interventi effettuati dal Ministero delle Infrastrutture).
    Mi ha colpito e mi colpisce anche il silenzio della “società civile” fiorentina, mi ha ferito e mi ferisce il silenzio dei docenti e dei ricercatori europei che di quegli spazi usufruiscono.
    Di seguito, due links, nei quali sono stati postati i miei interrogativi, dopo l’infruttuoso invio alle istituzioni deputate a rispondere.
    https://italianostrafirenze.wordpress.com/2021/03/22/badia-fiesolana-e-ponte-alla-badia-limpatto-paesaggistico-di-parcheggi-scalinata-pedonale-e-piattaforma-ecologica-in-una-lettera-inviataci-da-una-cittadina/
    http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/03/lo-sfregio-di-due-colline-villa-salviati-e-badia-fiesolana-firenze-e-fiesole/
    Cordiali saluti, Antonietta Brillante

  2. Paolo Degli Antoni

    Il paesaggio della Valle del Mugnone negli ultimi due secoli ha subito diversi cambiamenti, come l’introduzione dei parchi romantici e dell’olivicoltura specializzata (prima c’erano giardini all’italiana e seminativi arborati a olivo e vite) nella seconda metà dell’Ottocento, più recentemente arboricoltura da legno, ferrovia, parcheggi, urbanizzazione.
    La sistemazione degli immobili assegnati agli Archivi UE non è uno specchiato esempio di legalità, ne faccio cenno qui https://www.perunaltracitta.org/homepage/2016/10/26/ami-la-natura-un-ambientalista-del-oppure-bisogno-psicoterapia/
    e se ne trovano notizie in rete

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *