Qualche settimana fa ho avuto la fortuna e l’onore di raccontare la storia della comunità di Mondeggi in un contesto particolarmente stimolante. Eravamo in un piccolo comune dell’entroterra molisano, in provincia di Campobasso, Castelbottaccio, dove si svolgeva una tre giorni ad altissima intensità sul tema dei “beni comuni” .
La lente con cui si osservava questo ormai inflazionato complesso di idee era riassunta nelle tre parole del sottotitolo:
Accogliere, ripopolare, rigenerare.
Gli incontri e i convegni che generalmente si fanno sull’argomento troppo spesso ruotano intorno ad un benecomunismo riciclato in chiave “democratico-rassicurante” da un sistema che tende sempre a rigenerarsi uguale a se stesso e molto poco propongono a livello pratico .
In questo caso invece si parlava di esperienze di rigenerazione delle così dette aree interne, ovvero quelle colpite dall’effetto dello spopolameto dei borghi e de dei piccoli comuni spesso situati in aree montane o comunque marginalizzate dai processi di inurbamento e di turistificazione dei territori .
Si sono alternati sindaci, pubbliche amministrazioni ed esperienze di cittadinanza attiva che hanno avviato reali pratiche di condivisione con la comunità locale che accoglie, ripopola e rigenera i propri luoghi fino al caso più eclatante dell’ex Sindaco di Riace Mimmo Lucano (il fuorilegge).
Ottima situazione per ampliare la riflessione che parte da Mondeggi e arriva all’autodeterminazione territoriale, come comunità e come persone.
Dunque l’esperienza ormai quasi decennale di Mondeggi proveniente dall’assemblea di “terra bene comune firenze” si è fatta protagonista di accoglienza, di ripopolamento e di rigenerazione.
Accoglienza perché storicamente, ormai possiamo dirlo, l’ assemblea della comunità di Mondeggi è realmente aperta a tutti e tutte. In tutti questi anni si è aggregato una enorme diversità di persone provenienti da ambienti distanti sia geograficamente che culturalmente.
Siamo alle porte di Firenze, all’inizio del mondialmente decantato Chianti, eppure ci trovavamo in presenza di un territorio abbandonato, degradato, gestito malamente, coperto di debiti, avvelenato da un’agricoltura chimica e monocolturale dove la presenza umana era ridotta al minimo e lo abbiamo ripopolato con centinaia e centinaia di persone che giornalmente vivono e attraversano questo spazio con attenzione, consapevolezza, rispetto e molta voglia di partecipare.
Contrariamente a quanto avviene nel nostro consorzio umano abituale, a Mondeggi la comunità si occupa in prima persona della fertilità della terra che produce il cibo per la comunità stessa. Il nostro agire produttivo non è solo visto come forma di reddito o profitto ma ma è finalizzato al mantenimento, alla rigenerazione e alla riproduzione delle nostre vite. Rigenerare significa anche restituire alla terra la sua capacità di produrre cibo sano in un contesto di mutualismo e cooperazione anziché di competizione e di mercato.
Tutto questo lo si è cercato con costanza e tenacia in tutti questi anni dovendo far fronte a mille difficoltà dovute in primo luogo a noi stessi, alla nostra non abitudine all’autogoverno, ai processi decisionali che siano realmete democratici, che tengano conto del rispetto di tutti e tutte, ai tentativi di contenere dinamiche di sopraffazione e di potere, spesso di genere ma non solo.
In secondo luogo le difficoltà sono arrivate da un difficile rapporto con la pubblica amministrazione che in questo caso è anche proprietaria dei terreni e dei fabbricati della tenuta di Mondeggi (la Città metropolitana di Firenze ex provincia) .
Il mutualismo, la cooperazione, l’assunzione diretta di responsabilità delle comunità che si è costruita con relazioni stabili in questi anni è conflittuale con una amministrazione burocratizzata e insensibile, anzi addirittura irritata da questa realtà dalla quale si sente scavalcata.
Fino alla scorsa primavera la voce del potere locale era un vero e proprio mantra: “dobbiamo vendere” il debito pubblico (quello cattivo) ce lo impone. Adesso tutto è cambiato, il debito pubblico è diventato improvvisamente buono e i nostri solerti amministratori ci stanno dicendo che con i fondi del PNRR (ben 52,5 milioni di euro) è possibile costruire, parole loro:” una piattaforma di nuova generazione condivisa in un progetto incentrato sullo sviluppo umano integrale e sostenibile dei cittadini e delle comunità locali” .
Ma non è esattamente quello che stavamo facendo senza spendere un euro di denaro pubblico ?
Non è proprio questo che la comunità di Mondeggi persegue da anni progettando e realizzando e di nuovo accogliendo, ripopolando e rigenerando? La natura del progetto è sempre stata e lo è tuttora di carattere sperimentale. Lasciateci sperimentare una presenza sul territorio innovativa (di nuova generazione ) che attraverso la cura della terra in modo agroecologico e garantisca alle comunità locali cibo sano e buona vita.
Lasciate che la comunità stessa si autodetermini anche dal punto di vista economico, ovvero della raccolta dei fondi necessari alla ristrutturazione degli immobili e dei terreni in modo creativo e coinvolgente delle comunità locali senza dover ricorrere a meccanismi che muovono enormi risorse pubbliche. Meccanismi che scomodano saperi colti e molto costosi nell’ottica consolidata del debito pubblico. Paradigma che ormai sappiamo essere un drenaggio di risorse economiche provenienti dagli strati più bassi della società (sempre più numerosi) per essere ripartiti tra gli strati più alti (sempre più elitari) .
Mercoledì 2 novembre scorso la comunità di Mondeggi ha fatto un presidio sotto Palazzo Vecchio mentre una sua delegazione era convocata per un colloquio con alcuni dirigenti della Città Metropolitana per ribadire la volontà di continuare ad essere collaborativa se pur con senso critico ed esprimendo le proprie idee apertamente e in modo trasparente .
Rivendicando inoltre la propria esistenza, insiste nel non essere scavalcata dalla burocrazia e dai tecnicismi che ostacolano la sua natura sperimentale, contadina, autonoma e autodeterminata.
Giovanni Pandolfini
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