Un Appello: Contro tortura e 41 bis, contro repressione, stato di guerra e carovita, solidarietà a chi lotta!

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Sono anni che viviamo ogni giorno le conseguenze della crisi del sistema capitalistico, che genera guerre, emergenze sanitarie, ambientali e sociali. Le cause della crisi sono da ricercare nel sistema stesso ed è necessario organizzarsi per invertire questa tendenza, perché a pagarne il conto siamo sempre e solo noi. Ma cosa succede quando ci organizziamo contro questa logica? Se scioperiamo e lottiamo per ottenere un salario più alto, ci scontriamo con minacce, ricatti, lettere di richiamo, fino ad arrivare ai licenziamenti. Se blocchiamo un magazzino, rivendicando un contratto migliore, veniamo denunciate, inquisite, spesso arrestate o peggio ancora investiti, come è successo, solo negli ultimi anni, ad Abd Elsalam, nel 2016, e ad Adil Belakhdim, nel 2021. Manon dobbiamo avere paura perché è solo lottando che possiamo vincere e strappare migliori condizioni di vita. Nelle scuole siamo costrette a lavorare gratis e a mettere a rischio la nostra vita senza alcuna tutela, sono 18 le/i ragazze/i morte/i durante il PCTO, negli utili 4 anni. Quando come studenti e studentesse abbiamo manifestato contro tutto questo abbiamo ricevuto cariche, denunce e arresti. Anche quando ci opponiamo con l’arte veniamo perseguite penalmente. In ogni caso, quando alziamo la testa, veniamo represse. La lista è lunga ed il messaggio chiaro: mettere a tacere chiunque si opponga.

Il costo della vita è triplicato, dagli alimenti, all’energia, alle materie prime, mentre i nostri salari sono sempre più miseri con un sistema di welfare sociale inesistente, distrutto dalle politiche di privatizzazione. Le politiche economiche del governo Meloni, come la più recente eliminazione del reddito di cittadinanza, non fanno che peggiorare le nostre vite. In un paese che si vanta di avere una costituzione che ripudia la guerra, qualsiasi governo ha sempre agito in direzione opposta, a partire da quelli a guida PD, alimentando per i propri interessi economie di guerra con ingenti investimenti militari. Infatti molti investimenti pubblici sono dirottati per l’economia di guerra che alimenta la produzione e vendita di armi per cui il nostro paese primeggia. L’attuale governo non cela le proprie intenzioni, ma anzi si scaglia con tutta la sua intolleranza verso chiunque si opponga, criminalizzando qualsiasi azione o idea che non si piega alla sua logica. È la logica di uno stato in guerra, che per affrontare la crisi economica e l’adesione totale ai piani bellici della NATO, non può che accanirsi contro chiunque provi a mettergli i bastoni tra le ruote, con una gestione poliziesca delle contraddizioni sociali per farci accettare salari miseri, per toglierci tutti quei diritti essenziali, dalla sanità all’istruzione pubblica e farci vivere una costante precarietà abitativa ed esistenziale.

Pur di tenere insieme questo sistema marcio e pur di pacificare ogni forma di dissenso, lo stato sta sperimentando sempre nuovi modi per sedarci, controllarci, dividerci e reprimerci. La violenza inflitta dallo stato si manifesta in tante forme: dall’accanimento sulla socialità, col decreto rave e la militarizzazione delle nostre strade e piazze, agli sgomberi di occupazioni sociali e abitative; fino alla repressione nei confronti del sindacalismo di base, dei disoccupati organizzati e dei movimenti ambientalisti. È all’internodi questo scenario che bisogna cogliere il continuo inasprimento repressivo, che negli ultimi 30 anni si è caratterizzato con un progressivo accentramento dei poteri utilizzando l’emergenzialità per legittimare tutti i salti in avanti delle politiche autoritarie.

Sulla punta del castello di carta del nostro stato “democratico”, si pone il regime di tortura del 41-bis, utilizzato anche contro i rivoluzionari prigionieri, nel tentativo di annientarne l’identità politica e sociale, con l’isolamento totale e la deprivazione fisica, sensoriale e affettiva. La tortura, in un sedicente “stato di diritto”, non potrebbe essere uno strumento di punizione nei confronti di nessuna. Eppure, attualmente, ci sono 728 persone costrette a vivere una stanza di 1.5x2m per ventitré ore al giorno, in completo isolamento, filmata 24h, senza la possibilità di informarsi su cosa succede nel mondo, con la possibilità di vedere la propria famiglia una sola volta al mese e separate da un vetro divisorio. Tra queste, c’è Alfredo Cospito, anarchico, che ha iniziato uno sciopero della fame lo scorso ottobre per protestare contro il 41 bis, le cui condizioni peggiorano ogni giorno.La nostra solidarietà ad Alfredo Cospito è, infatti, lotta alla repressione, per rompere i meccanismi di differenziazione e premialità, su cui la contro parte fa leva per isolarci e dividerci, innescando percorsi de-solidaristici. È per questo motivo che rifiutiamo la logica dei buoni e dei cattivi, di quelli che si possono “recuperare” e quelli che invece sono da “punire”.

Si riempiono la bocca di parole contro la violenza, ma la agiscono ogni giorno su chi lavora, chi migra, chi lotta o, come nel caso di Cospito, chi decide di scrivere e diffondere le proprie idee contro lo stato. Morte in mare e morte sul lavoro sono all’ordine del giorno in Italia, mentre politici e grandi imprenditori si arricchiscono sulle nostre spalle. La violenza delle proteste è la risposta dichi subisce soprusi e sopraffazioni da tutta la vita, di chi non ha più niente da perdere o di chi ha il coraggio di opporsi a un sistema che sembra indistruttibile, ma che ha molti punti deboli, e desidera un mondo diverso.

In questo contesto di crisi costante, c’è solo una certezza: non possiamo accettare questo stato di cose, dobbiamo prendere coscienza che a vivere così siamo la maggior parte e che ribellarsi è giusto e necessario. Come fanno in Francia, dove un popolo si riconosce e lotta insieme, in tutte le forme, senza buoni e cattivi, per migliorare le proprie vite, in uno sciopero generalizzato che sta letteralmente bloccando li paese, mettendo in ginocchio produzione, settore logistico e apparato poliziesco.

Il futuro è incerto, ma questo presente è insopportabile. Non ci resta che scendere in piazza, riappropriarci delle nostre vite, riprenderci le strade e liberare il tempo, farla finta di ripetere il mantra che questo sia il migliore dei mondi possibili, ma soprattutto smettere di servire uno stato che non ci serve, ma anzi ci sfrutta ed isola, stringendo sempre più la morsa su chi non si allinea. La solidarietà, invece, deve essere nostra pratica comune, che si sviluppa tra tutti i soggetti colpiti dalla repressione: dai prigionieri politici fino ai cosiddetti comuni, lavoratori, studenti, immigrati, proletari e tutte le categorie che in questo sistema vengono sfruttate.

CORTEO CONTRO 41 BIS, TORTURA, STATO DI GUERRA E REPRESSIONE 15 APRILE PIAZZA DELL’ISOLOTTO ORE 16

Assemblea pubblica, con microfono aperto, per il 13 aprile ore 18.00 in piazza dei Ciompi.

Assemblea fiorentina contro 41bis e repressione

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