La via agra. Bizzarrie di un sindaco in scadenza

  • Tempo di lettura:5minuti
image_pdfimage_print

Alberelli di agrumi in via Cavour, già via Larga: è la scoppiettante proposta del sindaco di Firenze. Lo stesso sindaco che nelle periferie abbatte alberature pluridecennali, creando le condizioni per pericolose isole di calore (red.)

Ogni qual volta che leggo di un progetto di riqualificazione di una piazza o di una strada a Firenze, soprattutto nel centro storico, mi corre un brivido lungo la schiena unitamente a sudorini freddi nell’approssimarsi ad aprire quella pagina per leggere i dettagli.

Questa volta, a farmi trasecolare, è il progetto per riqualificare via Cavour. Nella stampa si legge la seguente motivazione: “l’obiettivo dell’intervento di riqualificazione di via Cavour è di rendere questo asse viario, da tempo dimenticato, un luogo di bellezza, riportandolo allo splendore della sua tradizione ispirata alla storia dei Medici e facendone uno spazio piacevole e fruibile, oltre che elemento di lotta al cambiamento climatico grazie ai nuovi alberi”.

Riportandolo all’antico splendore? Tradizione ispirata ai Medici?

Tanto per cominciare, allargando i marciapiedi per far posto agli aranci, già si distorce la storia della strada che ai tempi dei Medici era chiamata “via Larga”. Qui non solo risiedeva il fulcro dell’attività economica della città col banco dei Medici ed altri operatori finanziari, ma era anche una delle principali sedi di manifestazioni di popolo; carnasciali, trionfi e quant’altro.

E gli aranci? Gli agrumi, di origine orientale, fin dai tempi dei primi grandi scambi commerciali con l’Oriente sono stati oggetto di interesse, prima per la loro coltivazione e poi, in un secondo momento, a scopo ornamentale grazie al profumo dei fiori, al particolare aspetto del fogliame, al colore dei frutti ed al mito a loro legato.

Proprio a Firenze gli agrumi hanno iniziato a diffondersi capillarmente ed esclusivamente a scopo ornamentale nei giardini privati, già nel XIII-XIV secolo per affermarsi poi definitivamente in pieno Rinascimento. Giardini, più o meno grandi, che sono sempre stati presenti a Firenze, come quello della residenza dell’antica famiglia dei Chiaramontesi (o Chierantesi). Qui, nei pressi di borgo Pinti, Durante Chiaramontesi, creò un famosissimo giardino sede di una collezione di oltre tremila piante di agrumi che profumavano gran parte della città. Purtroppo, tutto andò distrutto nel corso di una delle frequenti lotte tra fazioni politiche per mano di Corso Donati costretto all’esilio da un figlio di Durante.

E poi a Firenze, a memoria di questa passione per gli agrumi, abbiamo anche il “Canto degli aranci” all’angolo (canto) tra via Ghibellina e via Verdi dove qui, la famiglia Leoni, aveva allestito la propria collezione di agrumi diventata famosa nel tempo tanto da meritarsi un riferimento così importante nella toponomastica di Firenze.

L’apogeo però della fortuna di queste piante venne raggiunta verso la fine del Quattrocento quando i Medici coltivavano gli agrumi in tutti i loro giardini e, più tardi, dal 1554 Cosimo I dette vita alla collezione delle piante in vaso presso il Giardino di Boboli. Collezione che via via si ampliò con piante provenienti dall’estero e con piante che originavano frutti dalle forme assai curiose tutte ospitate in un grandissimo apposito locale detto aranciera o limonaia.

Le curiosità morfologiche, soprattutto quelle dei frutti, erano originate soprattutto da una particolarità genetica degli agrumi (che non descrivo qui dettagliatamente) in grado di originare frutti di forme bizzarre come il limone o il cedro digitato (mano di Buddha), gibbosi, costoluti o con solchi più o meno profondi.

Proprio nel Giardino di Boboli, nella metà del XVII secolo, sotto Cosimo II, fu introdotta la più famosa anomalia degli agrumi: la “bizzarria”. Da una stessa pianta si possono produrre contemporaneamente arance amare, cedro o frutti composti da spicchi alternati dei due tipi di frutti. La pianta derivò da un particolare fenomeno (ibrido da innesto o chimera periclinale) a seguito del quale la pianta si può propagare soltanto per innesto o per talea.

In precedenza un’altra famosa pianta selezionata all’epoca di Ferdinando I de’ Medici nel 1583 fu il “Cedrato di Firenze”, un particolare incrocio di limone.

Anche con Cosimo III la collezione si amplierà ulteriormente con altri ibridi e col bergamotto superando il numero delle 100 unità.

Insomma, i giardini e le aranciere si diffusero un po’ in tutta Italia da Venezia a Roma e furono proprio i Medici ad introdurre la “moda” della collezione di agrumi in Francia a Tuileries e a Versailles.

Ma la nascita delle aranciere, dette il via anche un’altra impronta botanicamente storica. Infatti, passata la moda degli agrumi, i grandi ambienti riscaldati dettero vita a collezioni di svariate specie di piante esotiche sensibili al freddo. Più tardi, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si iniziò a cercare di acclimatare all’aperto le piante esotiche dando vita ai così detti “giardini di acclimatazione”. In Toscana ne sopravvivono alcuni come quello dei Giardini dell’Ottone e dell’Ottonella (loc. Ottone, Portoferraio), di Villa Bibbiani (Capraia e Limite) e dell’Orto Botanico Corsini (Porto Ercole).

Insomma, tutto questo per dire che, a mio parere, il progetto di riqualificazione di via Cavour è in antitesi con la storia del luogo soprattutto se si pensa in questo modo di omaggiare i Medici ai quali, come abbiamo visto, non passava neanche per la mente di mettere a dimora aranci in via Larga. Una via Larga che si “restringe” e che perde la sua semplice ed essenziale prospettiva così tipica delle piazze e delle vie dell’antica città assumendo così l’identico aspetto di migliaia di altre strade cittadine, senza anima e tipicità.

E poi, una volta messi a dimora gli aranci, a chi sarà affidata la manutenzione? Chi interverrà quando le radici inizieranno a fuoriuscire dalla piccola aiuola? Come verranno difesi dalle malattie (come la fumaggine) più frequenti in contesti urbani? Chi raccatterà da terra i frutti caduti in via di marcescenza? Sì perché se, come penso, verranno utilizzate piante tolleranti il freddo come il melangolo (arancio amaro) i frutti non si possono mangiare e quindi le orde di turisti non si affretteranno a raccoglierli.

Un saluto a via Larga.

The following two tabs change content below.

Paolo Casini

Professore presso l’Università di Firenze, tiene i corsi di Agronomia generale e coltivazioni erbacee e Produzione delle materie prime di origine vegetale.

Ultimi post di Paolo Casini (vedi tutti)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *