Sulla soglia dell’estinzione

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‘Tutto intorno, accatastati, marciscono i resti del futuro.”  Valentina Tanni.

Stiamo vivendo tempi confusi, torbidi e inquieti, che ci stanno scivolando sotto i piedi: “Il futuro come ‘nuvola di vapore’ (uno spettro?) che continua a infestare il presente col suo carico di promesse non mantenute. La sensazione che niente possa più cambiare davvero, conseguenza di uno scenario politico e sociale in cui è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.” (Tanni, Exit reality) La prospettiva della sesta estinzione di massa è ormai dietro l’angolo, lanciati come siamo a tutta velocità verso il baratro ecologico e sociale, gli ‘accelerazionisti’ pensano che si possa ottenere il superamento del capitalismo accelerando ancora di più, e non contrastando, i processi che lo caratterizzano. “Soprattutto tra le generazioni più giovani stanno emergendo strategie di fuga dalla realtà sempre più estreme che rappresentano una forma di difesa nei confronti di un mondo giunto al collasso.” (Tanni) Si allude alle cosiddette ‘estetiche di internet’, come vaporwave, backrooms, dreamcore, weirdcore, reality shifting, corecore, che è una teoria dell’estinzione fatta dalle masse per le masse…. ” Solo interiorizzando l’orizzonte dell’estinzione […] Solo a partire dall’accettazione serena dell’estinzione potremo elaborare strategie non competitive, ma solidali che rendano possibile evitarla […] Quando parliamo di una prospettiva di estinzione non stiamo parlando solo di cambiamento climatico e di devastazione dell’ambiente fisico del pianeta; stiamo parlando anche dell’eredità di cinque secoli di colonialismo, e dello sfruttamento delle risorse nervose dell’umanità. Stiamo parlando degli effetti della disuguaglianza, dello spostamento massiccio di gente intrappolata nella guerra e nella miseria, del respingimento e della detenzione disumana di milioni di migranti nei campi di concentramento che circondano i paesi ricchi” (Bifo, Il terzo inconscio). Inventare nuove maniere di stare al mondo, nuovi modi di relazione con noi stessi, con le altre persone, con gli animali, con le piante, coi microrganismi, con gli oggetti e con le tecnologie. Una rivoluzione trasversale dell’esistenza “per con-divenire […] costruire orizzonti di senso, dentro i quali sia possibile vivere […] e fare mondo insieme” (Haraway, Chthulucene). Far diventare psiche collettiva, questo far mondo in ‘comune’, questo generare nuove parentele (fare kin), non sembra dietro l’angolo, ma bisogna provarci.

L’etica del viandante

È il titolo di un bel libro di Umberto Galimberti. Per lasciare il vecchio modo di vita ed adottarne un altro, è necessario sradicare la logica del nemico, e sostituirla con quella della fratellanza, proclamata ma mai perseguita sia dalle religioni sia dalle rivoluzioni; senza lasciarsi codificare da alcun dispositivo religioso, culturale, giuridico. L’etica del viandante è stata  messa in pratica da Etty Hillesum, che rinchiusa nella morsa spietata del nazismo, abbandonò la logica del nemico. Ribaltare le nostre menti, scardinare gli automatismi psichici che ci governano: ’ l’uomo è un animale non ancora stabilizzato’ (Nietzsche), un essere incompiuto, manchevole, che necessita di una evoluzione culturale. Volenti o nolenti, siamo impregnati dagli schemi portati dalla cultura antropocentrica e escatologica del cristianesimo, del neoliberismo, piegati al funzionamento ed all’efficienza della tecnica, ”non perché la tecnica si proponga qualcosa, ma perché tutti gli scopi e i fini che gli uomini si propongono non si lasciano raggiungere se non attraverso la mediazione  tecnica […] La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona” (Galimberti, L’etica del viandante).

Tre tempi e lieto fine

“La storia dell’Occidente, inaugurata dal cristianesimo prevede un passato negativo (peccato originale), un presente come redenzione e un futuro come salvezza. Il futuro assolutamente positivo. Questo schema lo troviamo pari pari nell’impostazione della scienza, per la quale il passato è ignoranza, il presente è ricerca, il futuro è progresso. Cristiana è anche la visione marxista della storia con un passato caratterizzato da ingiustizie sociali, un presente che fa esplodere le contraddizioni economiche che le determinano, e un futuro come giustizia sulla terra. Non diversamente Freud che, dopo aver definito la religione un’illusione, segue lo schema religioso che vede nel passato l’origine della nevrosi, nel presente il percorso terapeutico e nel futuro la guarigione” (Galimberti). Ma stavolta questo schema sembra non funzionare. “È per questo che abbiamo tutti la sensazione, forse per la prima volta sul serio, che l’universo stia finendo e che noi non possiamo farci nulla…Se non guardare il corecore” (Tanni).

“Ora spetta all’etica fare il salto di qualità”, aggiunge  Galimberti. L’unica etica possibile, è quella del viandante, che vuol anche dire passare dall’antropocentrismo al biocentrismo (bios uguale vita),  altrimenti perseverando in questo modello di civiltà c’è la fine della biosfera. “Consegnato al nomadismo, il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l’intenzione di trovare qualcosa: la casa, la patria, l’amore, la verità, la salvezza. Anche questi scenari si sono fatti instabili, non più mete dell’intenzione o dell’azione umana, ma doni del paesaggio che ha reso il viandante senza una meta, perché è il paesaggio stesso la meta, basta percepirlo, sentirlo, accoglierlo nell’assenza spaesante del suo senza-confine”. Non è  anarchica erranza il viandante percorre la terra senza possederla, perché sa che appartiene alla natura. Nell’etica del viandante i diritti dell’uomo si devono integrare coi diritti della natura. Sul modello di Francesco d’Assisi. Camminando vede come va il mondo, “attraversando i confini, il viandante scorge la possibilità che nasca un’identità che prescinda dall’appartenenza alla propria cultura […] un decentramento del proprio Io, in modo da offrire all’altro quel soccorso che desidereremmo ricevere nelle sue condizioni […] a differenza dell’uomo del territorio che ha la sua certezza nella proprietà, nel confine e nella legge, il viandante elabora una diversa esperienza, che ha come punto di riferimento la fraternità.[…] [che] sarà il terreno su cui far crescere le decisioni etiche, mentre le leggi del territorio si attorciglieranno come rami secchi di un ramo inaridito […] L’etica del viandante  avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora.”

“Quando la demenza prese possesso del suo cervello senescente, stanco di una così lunga esistenza, dio si dimenticò della storia degli uomini. Che adesso sta concludendosi. Oppure no.”  (Bifo)

Franco Bifo Berardi, Il terzo inconscio, nottetempo, 2022 Cles (TN), p.356, euro19.
Umberto Galimberti, L’Etica del viandante,  Feltrinelli, 2023 Trebaseleghe (PD), p.465-euro 22.
Donna Haraway, Chthulucene, Nero, 2019, Poznań, p.283, euro 20.
Etty Hillesum, Diario, Adelphi, 2012, Milano, p.922, euro 35.
Valentina Tanni, Exit Reality, Nero 2023, Roma, p.211, euro 22.

Le Immagini sono state generate da una AI – Text To Image su prompt di Gilberto Pierazzuoli

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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