Mihai Rusu e Pal Surinder, come simboli delle persone che muoiono senza lasciare traccia, desaparecidos in fondo al mare, sotto le bombe, lanciati nel vuoto, nelle fosse comuni, bruciati nei forni, dimenticati sulle strade. “Ho proposto di concepire la dignità di lutto fra tutti gli esseri viventi come condizione necessaria all’uguaglianza. Si tratta di un concetto che sottende l’idea che ogni vita dovrebbe contare o, potremmo dire, che ogni corpo dovrebbe essere un corpo che conta.” scrive la statunitense Judith Butler, una delle filosofe più autorevoli ed originali del pensiero contemporaneo, nel libro Che mondo è mai questo?
Della categoria (assenza della) dignità di lutto, fanno parte Mihai Rusu, Pal Surinder, il primo fu stritolato mentre dormiva in un cassonetto della carta da un compattatore a Firenze, il secondo fu trovato morto assiderato alla stazione di Campo di Marte. Appartengono alla categoria delle persone la cui vita è priva di valore secondo il metro di giudizio capitalistico, secondo la vigente etica egoistica, dell’individuo chiuso in un Sé solitario e separato, che bada solo all’interesse personale e alla proprietà privata. Persone “che non contano niente”, invisibili che spariscono (se non c’era Alessandro Santoro nessuno avrebbe portato un fiore sulla bara di Mihai o ricordato Pal), che non dispongono di spazi per vivere (Mihai dormiva in un cassonetto, Pal in un binario morto), che non sanno se potranno disporre di cibo a sufficienza, tantomeno di cure mediche e che sono più esposte alla violenza, anche involontaria. Sono espressione di quell’emarginazione in cui la probabilità di morire è maggiore che in altre situazioni. Appartengono ad una zona sommersa, ’sottocomune’ del pianeta, “la cui partecipazione al mondo è resa strutturalmente impossibile- tanto nei casi in cui non lo sia mai stata, quanto in quelli in cui non lo è più.” Li accomuna una vulnerabilità “che è una diretta conseguenza della pervasiva diseguaglianza sociale”.
La riflessione sulla dignità di lutto, però non riguarda solo coloro che non ci sono più: “La mia idea al contrario è che la (assenza della) dignità di lutto operi già in vita”. Butler fa l’esempio dei migranti ”persone coscienti del fatto che la propria vita potrebbe essere-o, di fatto sarà-soggetta ad una morte precoce e violenta”, senza pubblico cordoglio, senza protesta. Ma il collasso del loro mondo rende necessario fuggire, affidare sé e la propria famiglia a uomini orribili, senza scrupoli, per essere respinti dalle guardie costiere italiane, greche, dalla chiusura dei confini: “in un tempo scandito dall’impossibilità di sapere se si sopravviverà”. Da queste considerazioni, aggiunge Butler, devono emergere concrete proposte politiche:
“Se riuscissimo a riconoscere adeguatamente la distribuzione disuguale della dignità di lutto fra le vite, i nostri discorsi a proposito dell’uguaglianza o della violenza subirebbero una grossa trasformazione e i nessi fra concetti di “disuguaglianza “ e “violenza” apparirebbero molto più chiari. […] La mia tesi può dunque essere schematizzata nel modo seguente: 1) La lotta contro la diseguaglianza sociale deve presupporre una lotta di pari intensità contro la distribuzione diseguale della dignità di lutto; 2) la lotta contro la distribuzione diseguale della dignità di lutto è parte integrante della lotta in favore della nonviolenza. “ Nonviolenza”, d’altronde, non significa solo contrastare questo o quel singolo atto violento, ma significa lottare contro istituzioni, politiche pubbliche e interi Stati che modellano la propria azione attorno alla violenza, istituendo intere popolazioni come meritevoli di morire, oppure lasciando morire le persone in condizioni di prigionia. Si pensi ad esempio, alla crudeltà mostrata dall’Unione europea nei confronti dei migranti o alle sue politiche di criminalizzazione delle organizzazioni umanitarie impegnate nella preservazione delle vite di coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo, quando gli Stati-nazione si rifiutano attivamente di farlo. […] Se vogliamo riparare il mondo o il pianeta [ Butler ha ben evidente che siamo nella sesta estinzione di massa ], a ben vedere, dobbiamo liberarlo dalla morsa dell’economia di mercato che specula e trae profitto dalla distribuzione diseguale della vita e della morte.”
Judith Butler, Che mondo è mai questo?, Laterza, Bari 2023, pp 121, euro 16
Gian Luca Garetti
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