Ardenza 1921. Contro inchiesta sull’assassinio politico degli arditi del popolo Nardi e Baldasseroni

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Ardenza 1921 è un libro che fa parte dell’Archivio Antifascista e nasce da una ricerca storiografica attraverso la quale è stata ricostruita una testimonianza di un episodio legato all’arditismo politico dell’epoca.

Scritto da Marco Rossi come libero ricercatore, ricorda degli scontri a fuoco avvenuti l’11 Agosto a Livorno e che nessuno potrà mai dimenticare. Attraverso un valido esempio di editoria anarchica e libertaria oggi, sull’egida dell’Art. 21 della Costituzione per la libera stampa, si riprende la forza e il coraggio di continuare a credere nell’indipendenza della parola scritta a favore delle frange popolari, una lettura che può stimolare nuove idee su ciò che non dobbiamo mai rinunciare a dire a seconda dei bisogni, ciò in cui crediamo e per cui lottiamo veramente.

Un libro che racconta una vicenda adatta a chi non vuole dimenticare cosa fu il fascismo che prevalse solo l’anno successivo al fatto e narrato, a partire1922, come provano le dimissioni forzate del sindaco socialista rosso democraticamente eletto Uberto Mondolfi, l’assassinio dei fratelli Gigli, di cui uno un consigliere comunale in carica Pietro Gigli, e l’altro il fratello Pilade lavoratore anarchico, e tante organizzazioni di lavoro operaie soppiantate e usurpate dai fascisti.

L’ascesa del fascismo avvenne tradendo tanti ideali luminosi, positivi e ben saldi su cui si stava ricostruendo la società italiana del primo dopo guerra e di cui gli Arditi del popolo furono la testimonianza, i promulgatori e i difensori. Seguirono anni di regime da una parte, e di clandestinità, prigionia, fuga all’estero per molti compagni dall’altra. Una storia che deve farci riflettere ancora una volta sulla giustizia, un cardine crepitante che ci ha fatto penare dalla notte dei tempi e che ancora ci fa troppo tremare, ma che non deve esulare da chi sono i veri protagonisti della storia.

I protagonisti di Ardenza 1921 sono Amedeo Baldasseroni e Averardo Nardi, due operai anarchici Arditi del popolo reduci dalla prima guerra mondiale entrambi lavoratori. L’Ardito del popolo Amedeo Baldasseroni fu arruolato come militare nel ‘15 ‘18 dopo essere stato segnalato come ‘sovversivo’. Al suo ritorno lavorava come capo guardia elettricista alla “Ligure Toscana s.p.a.”, aveva una moglie e 3 figli. I 2 compagni abitavano entrambi ad Ardenza terra dove, in via del Littorale (oggi via Mondolfi), si trovava un Circolo libertario di studi sociali fondato da Amedeo Boschi.

I due Arditi del popolo morirono cercando di difendere la popolazione dalla violenza fascista. Furono uccisi da un giovane, alla data antecedente ai fatti era uno studente fascista, borghese, benestante, apparentemente una ‘persona per bene’, in verità tanto arrogante quanto violento. Quel giorno dell’11 Agosto avvennero quattro sparatorie che dal borgo abitato si spinsero fino al mare e che vi riassumerò personalmente qui di seguito.

Già nel pomeriggio alcuni fascisti erano penetrati nel quartiere senza una valida spiegazione se non per cercare il Filippi che era il responsabile del gruppo degli Arditi che facevano riferimento a quella sezione. Per questa funesta incursione nel quartiere avvenne una prima sparatoria dove rimase ferito il segretario del fascio Vaccari e un bambino di 10 anni. Fu allora che un gruppo di Arditi si propose di controllare la zona e scese fino al lungomare d’Ardenza con l’intento di presidiare la zona per difendere il quartiere.

Giunti là gli Arditi subito disarmarono due fascisti che non opposero resistenza, ma poco dopo Averardo Nardi fu colpito al torace con la pistola da Tito Torelli. Accorso sul luogo del reato, Amedeo Baldasseroni in un primo momento, dopo una colluttazione, lo disarmò. Quel fascista però tirò fuori una seconda arma di piccolo calibro e colpì nella schiena nella parte dorsale anche il Baldasseroni nell’atto di allontanarsi per sbarazzarsi dell’arma che gli aveva strappato. Al Baldasseroni era stata sottratta la bicicletta da una guardia con l’intento di andare alla stazione di polizia ad avvertire della sparatoria. Intervennero in seguito le guardie regie e altre forze dell’ordine che inscenarono una terza sparatoria e che ebbe piuttosto l’effetto di permettere al Torelli di uscire di scena senza essere fermato.

I due compagni feriti furono trasportati in ospedale e morirono nei giorni a seguire, ma solo dopo aver rilasciato la dichiarazione di essere stati entrambi feriti a morte dal fascista Tito Torelli. Ma nei giorni a seguire anche i giornali ebbero un ruolo importante nel coprire il Torelli, non pubblicando il nome dell’assassino che in un primo momento rimase nascosto grazie alla protezione della famiglia Ciano (lo stesso che in seguito si comprò diverse testate giornalistiche a scopo di censura).

Dopo un sommario processo a Lucca nel 1922 furono condannati gli altri Arditi presenti sul luogo quel giorno (sebbene con pene brevi visto il duplice omicidio che era avvenuto). Tito Torelli invece fece carriera come gerarca fascista e non fu mai condannato, anche se tra l’Agosto e il Settembre del 1945 venne riaperta l’istruttoria che comunque si richiuse su pressione della procura che dopo il lungo periodo di regime era totalmente fascistizzata.

Il Torelli scontò solo un anno di detenzione preventiva. Così si legge dalle testimonianze dell’epoca:

Il proscioglimento suscitò a Livorno l’impressione più penosa , essendo ivi il Torelli considerato, e non a torto, uno dei principali e più odiosi esponenti del caduto regime. Lo stesso Primo Presidente e lo stesso Avvocato Generale di Firenze, capitati a Livorno proprio la mattina in cui il giudice istruttore depositò la sentenza di proscioglimento (la coincidenza deve ritenersi causale?), poterono notare la viva agitazione della cittadinanza e leggere sui muri scritte come queste: “Morte a Tito Torelli, uccisore di Nardi e Baldasseroni”.

In verità Tito Torelli morì solo nel 1991, a Firenze visto che a Livorno non poté tornare perché odiato da tutti. Questa inedita pubblicazione intende tramandare ancora una volta questa storia che ha infervorato Livorno per molto tempo, ne consiglio la lettura.

Sono onorata, in quanto bis-nipote di Amedeo Baldasseroni, di aver dato un apporto a Marco Rossi, che ha prodotto anche altri studi più ampi sul primo antifascismo livornese e sull’antifascismo toscano in genere, nella stesura di questo libro che eviterà il pericoloso oblio per le generazioni future.

Marco Rossi, Ardenza 1921. Contro inchiesta sull’assassinio politico degli arditi del popolo Nardi e Baldasseroni, Archivio Antifascista, 2024, 5 euro. Potrete riceverlo a casa richiedendolo via mail all’indirizzo: archivio_antifa@virgilio.it

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Clara Baldasseroni

Clara Baldasseroni è originaria di Livorno. Si laurea all'Università 'la Sapienza' di Roma. È un'antropologa e come libera ricercatrice porta avanti un percorso di attivismo antifascita che mira all'inclusione di tutti nel rispetto dei diritti concessi dalla Costituzione. È una giornalista che dà voce a chi non ce l'ha e da oltre 20 anni scrive e fa parte della redazione del giornale sociale di strada 'Fuori Binario' di Firenze. È contro la censura, insieme ai poveri, con gli oppressi, i padroni di niente e di nessuno.

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