Il turismo a Firenze produce una ricchezza sproporzionata. Un’inchiesta di Federalberghi rende l’idea del valore del turismo a Firenze: 3 miliardi e mezzo di euro solo nel 2022. La domanda sorge spontanea: che fine fa questa ricchezza? La risposta è scontata: non viene redistribuita. Entra nel circolo della rendita e del capitale e a goderne non è certo la maggioranza della popolazione.
Un esempio emblematico di tale tendenza è il settore della ristorazione, nel quale imperano lavoro povero e salari da fame. Secondo un rapporto stilato da Istel e Fisascat-Cisl Toscana nei ristoranti toscani due part time su tre sono imposti, ciò espone circa la metà dei lavoratori del settore turistico in una condizione di part time involontario di massa.
Non solo.
Un’inchiesta della CGIL del 2022 registrava l’esistenza di circa 600.000 lavoratori poveri sul territorio toscano. Con tale termine ci si riferisce a coloro che, pur avendo un’occupazione, non riescono ad arrivare alla fine del mese. Trattasi di una condizione che coinvolge quote rilevanti della popolazione e che affligge soprattutto le generazioni più giovani, spesso sottoposte a contratti precari, instabili o a nero. A questo proposito, un report del febbraio 2023 redatto dall’Irpet ha rilevato uno scenario allarmante. I dati contenuti in tale inchiesta registrano una realtà lavorativa caratterizzata da sfruttamento e precarietà. Nonostante il turismo si confermi come uno dei settori maggiormente capaci di generare ricchezza, il tessuto sociale circostante non sembra risentirne positivamente. A fronte di tale ricchezza, i lavoratori e le lavoratrici si trovano infatti a scontrarsi contro una scarsa retribuzione ormai endemica.
Vi sono una serie di elementi rilevati dall’Irpet:
il 40% dei lavoratori del turismo toscano guadagnano meno di 8000 € lordi all’anno, confermandosi quindi come lavoratori poveri;
il 22% dei lavoratori percepisce un reddito medio da lavoro inferiore ai 22 € al giorno, testimoniando l’esistenza dilagante di contratti part-time involontari o altre forme di contratti poveri;
il 50% dei lavoratori nel settore turistico toscano è di età inferiore ai 34 anni.
A ciò si aggiunga poi che, spesso, i contratti proposti raramente durano più di un paio di mesi. E, parallelamente, i contratti a tempo indeterminato risultano essere un miraggio. Fattori, questi, che incidono negativamente sulla possibilità di affittare casa o costruire una propria autonomia per i più giovani. A questo proposito, una classe lavoratrice precaria e instabile diviene destinataria delle conseguenze derivanti dai processi di gentrificazione, che si traducono in espulsioni sociali e povertà diffusa.
Tutto questo si inserisce all’interno di un contesto cittadino in cui, alla luce dell’aumento del prezzo degli affitti e del costo della vita, a farne le spese sono soprattutto coloro che versano in condizioni di precarietà economica e lavorativa. Basti pensare che il costo per vivere nel capoluogo toscano risulta essere più elevato dello stipendio medio della fascia d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. A ciò si aggiunga che i posti di lavoro offerti sono scarsamente retribuiti. È quanto emerge dalla ricerca della CISL Firenze Prato, realizzata dai ricercatori Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron.
I dati in essa contenuti fanno riferimento a 3 fattori: giovani, casa e lavoro. Sulla base di questi elementi è possibile individuare quali saranno le tendenze nei prossimi anni. Il costo minimo che una persona deve sostenere a Firenze per affitto, cibo, vestiti, bollette, trasporti, oscilla tra i 18.500 e i 22.300 euro all’anno, mentre il reddito medio lordo è di 10.537 per i 20-24enni, di 15.614 per i 25-29enni e di 19.075 per i 30-34enni. I dati illustrati dal sindacato evidenziano una realtà drammatica che affligge quote consistenti delle giovani generazioni: per vivere si spende più di quanto si guadagna. Le conseguenze derivanti da tale situazione di disparità potrebbero avere un impatto collettivo, andando ad incidere, ad esempio, anche sul versante dello spopolamento del capoluogo toscano e generando un’emorragia di residenti che coinvolgerebbe soprattutto i più giovani.
Il celebre mantra secondo cui “Il turismo è la locomotiva dell’economia italiana” si scontra oggi contro la realtà, la quale dimostra di essere ben distante delle paradisiache sorti che per decenni sono state descritte da politici e imprenditori.
È necessario precisare, però, di quale turismo si stia parlando. Il turismo di massa a cui stiamo assistendo risulta essere soltanto la locomotiva degli interessi di una ristretta minoranza della popolazione. E a subirne le conseguenze sono coloro che, in questa città, ci vivono e ci lavorano.
Lorenzo Villani
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Quale sarebbe la soluzione? Il turismo di elite? E chi ci garantisce che chi lavora nei 5 stelle sia regolare. E cmq non garantirebbe la stessa quantità di lavoro. L unica è controllare i contratti e il salario minimo. A Regolamentare gli affitti brevi pare siano tutti contrari da sx a dx. E invece sarebbe il.modo per evitare lo spopolamento della città che ora si riflette anche in periferia e nei comuni limitrofi.
Ciao Alvaro.
Mi permetto innanzitutto di evidenziare che abbiamo sempre sostenuto proposte volte alla regolamentazione degli affitti turistici, le quali spesso hanno trovato la contrarietà del cdx e del csx. A Firenze ormai da tempo partecipiamo attivamente al contrasto di certi fenomeni con altre realtà di sinistra come il referendum Salviamo Firenze e Firenze Città Aperta.
Sul fronte del lavoro povero derivante dai processi di turistificazione in atto la soluzione – concordo con te – non risiede nel turismo d’élite.
A mio avviso una delle soluzioni auspicabili consiste nell’imporre maggiori vincoli all’industria turistica. Primo tra tutti il numero di posti letto e appartamenti a fine turistico non deve superare quello riservato ai residenti. Ulteriore vincolo, per me essenziale, è l’approvazione di una norma antitrust che impedisca la creazione di monopoli nel settore: è impensabile che una piccola minoranza di soggetti gestisca 11.000 appartamenti.