Con la presidenza Trump trionfa il tecnofascismo: lo strapotere della Silicon Valley e dei fondi finanziari mina la democrazia

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Tra tutte le immagini dell’insediamento di Trump come 47simo Presidente degli Stati Uniti la più inquietante, ancor più del saluto romano di Elon Musk, è quella dei tecno oligarchi della Silicon Valley sorridenti in prima fila: Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sundar Pichai CEO di Alphabet (ex-Google), Tim Cook di Apple e lo stesso Musk. Questo secondo mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti si prospetta molto più pericoloso del precedente. Quei poteri forti che nel corso del primo mandato erano, in parte, rimasti un po’ freddi e avevano preso le distanze stavolta non si terranno lontani dal potere politico. In una realtà come gli Stati Uniti dove il potere economico e finanziario appare da sempre più forte della politica, la vicinanza a Trump dei guru della Silicon Valley rischia di creare una concentrazione di potere enorme, capace di mettere a rischio le più basiche libertà democratiche.

Abbiamo già visto l’attivismo di Elon Musk in campagna elettorale e il suo continuo interferire nella vita politica di stati sovrani come l’Italia e la Germania dove pur di giustificare il suo appoggio ai neonazisti di AFD è arrivato a definire Hitler un comunista. Al patron di X (ex-Twitter) e Tesla, o meglio alla sua impresa spaziale SpaceX, è stato commissionato il programma di lancio spaziale di sicurezza nazionale della Space Force e secondo Reuters SpaceX sta anche costruendo una rete di centinaia di satelliti spia, questa rete viene costruita dall’unità aziendale Starshield di SpaceX nell’ambito di un contratto da 1,8 miliardi di dollari firmato nel 2021 con il National Reconnaissance Office (NRO), un’agenzia di intelligence che gestisce i satelliti’. Un potere inaudito per un uomo tanto potente e pericoloso. Musk, lo sappiamo, è anche un appassionato di teorie del complotto e diffusore compulsivo di vere e proprie bufale grazie a X. Al momento è impegnato, tra le altre cose, in una campagna contro Starmer, premier laburista inglese: l’ha infatti accusato di aver ostacolato le indagini sui crimini delle grooming gang durante il suo ruolo di procuratore, ma le prove smentiscono queste affermazioni. Lo scandalo riguarda bande di uomini, principalmente di origine pakistana, che tra gli anni ’80 e i primi 2010 hanno abusato di giovani ragazze vulnerabili in città inglesi come Rotherham, Rochdale e Oldham. Inchieste giornalistiche hanno portato alla luce i crimini, denunciando l’esistenza di una rete organizzata. Ovviamente i Tory hanno subito cavalcato lo scandalo.

Un altro grande sostenitore di Trump nella Silicon Valley è sicuramente il meno noto al grande pubblico ma altrettanto potente Peter Thiel, che insieme a Max Levchin, lo stesso Elon Musk e altri fondò Paypal nel 1998 per poi rivenderlo nel 2002 a Ebay diventando di fatto milionario. Ecco Peter Thiel è un esponente di quello che viene definito tecnolibertarismo, un capitalismo tecnologico aperto e libero con meno interferenze statali possibili. Posizioni di estrema destra liberista in economia che si sposavano a posizioni progressiste su temi civili, perlomeno fino al sostegno di Thiel a J.D. Vance, vice di Trump, su posizioni assolutamente reazionarie per quanto riguarda i diritti civili. Proprio pochi giorni fa Peter Thiel ha ospitato nella sua villa un party per la vittoria di Trump al quale hanno partecipato tra gli altri Mark Zuckerberg, Sam Altman CEO di Open AI, Miriam Adelson e il vicepresidente eletto, JD Vance.

Jeff Bezos, creatore e CEO di Amazon, che nel 2013 acquistò dalla famiglia Graham il Washington Post e che non aveva mai interferito nelle scelte editoriali del giornale, ha interrotto la storica tradizione del Post di fare endorsement al candidato presidente democratico. Tutto questo in nome di un concetto di oggettività del tutto distorto. L’oggettività nel giornalismo americano meriterebbe un articolo a sé, ma è in generale un modo per favorire l’opinione dei potenti rispetto a quella dell’opinione pubblica e per evitare qualsiasi inchiesta e opinione critica verso il potere. Oggettività che con Bezos in prima fila all’inaugurazione della presidenza Trump si è dimostrata niente più di una scusa per dimostrare a Trump un appoggio e una fedeltà incondizionate.

Infine Mark Zuckerberg, creatore di Facebook e CEO di Meta, che dopo la minima marcia indietro per lo scandalo Cambridge Analytica, quando erano stati profilati senza consenso gli utenti di Facebook per favorire il voto ‘Leave’ nel referendum sulla Brexit, ha prontamente eliminato il programma di fact checking delle potenziali fake news su Meta. Premesso che il fact checking sia su Facebook che su Instagram era del tutto inefficace e di parte, vedi lo shadowbanning a quasi tutti i contenuti pro Palestina, questa decisione di Zuckerberg alla vigilia della presidenza Trump è stata una precisa scelta di campo.

Una concentrazione di potere spaventosa, considerando anche che tutti i colossi tecnologici citati Amazon, Tesla, Apple, Alphabet, Meta, Microsoft sono partecipati dagli stessi potentissimi fondi finanziari che stanno comprando anche molti degli asset un tempo pubblici in tutta Europa. Un esempio su tutti la decisione del governo Meloni di partecipare all’acquisto della rete fissa Telecom insieme al fondo Kkr che a sua volta è partecipato da due dei più importanti fondi finanziari come Vanguard e Black Rock. Su questo è illuminante la lettura de I padroni del mondo pubblicato per Laterza da Alessandro Volpi docente di Economia dell’Università di PisaNon solo i social, ma anche i software, le macchine e le infrastrutture sono in mano a una manciata di fondi che vanno a braccetto con i guru tecnolibertari della Silicon Valley, ma tutti noi dipendiamo da loro per pubblicare e diffondere le nostre idee e i nostri contenuti.

La libertà di espressione e anche la possibilità di accedere alle informazioni che non siano quelle di regime sono in pericolo come non mai, siamo completamente immersi in una contraddizione che Morozov nel suo L’ingeniutà della rete sottolineava già nel 2011 e sulla quale si rifletteva già dai tempi di Seattle, ovvero l’utilizzo di reti e piattaforme create e possedute dal sistema dominante al quale ci si oppone, che oggi è forse al suo culmine. È urgente trovare soluzioni e vie di uscita se non vogliamo soccombere al tecnofascimo di Trump ma soprattutto degli oligarchi della Silicon Valley.

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