A chi fa gola Firenze: i nuovi padroni della città in 10 schede

La saturazione turistica di Firenze e della sua area metropolitana ha ormai raggiunto livelli non più sopportabili. Non a caso sono sempre più numerose le forme di denuncia e di resistenza a questa profonda alterazione della vita urbana che vede in campo numerosi cittadini, comitati, associazioni ambientaliste e non, la stessa università. Si moltiplicano gli incontri, gli studi, le mobilitazioni contro questo modello urbano insostenibile, contro la città fabbrica del turismo e contro le sue storture infrastrutturali (nuovo aeroporto e tunnel TAV in primis) destinate a peggiorarne la condizione.

Recentemente il dibattito sembra essersi concentrato sull’ingombrante presenza delle piattaforme digitali, quali Airbnb, Homeaway, e altre, che, certamente hanno dato il colpo di grazia ad un fenomeno che parte da lontano e che, a Firenze, ha visto, negli anni passati, il Sistema della moda impadronirsi della città e utilizzarla come brand per la diffusione delle proprie merci, come moltiplicatore di un mercato garantito da una presenza turistica sempre più numerosa, sempre più ingombrante, tale da fagocitare un territorio complesso ma anche molto delicato come quello fiorentino.

È intorno a questo nucleo iniziale che sono state innestate politiche di marketing territoriale che hanno portato all’esplosiva situazione attuale. Come dimenticare la demenziale localizzazione centrale del Polo fieristico alla Fortezza da Basso pretesa da avidi imprenditori e avallata dalla locale cattiva politica, il vero buco nero della città che tutto attrae e tutto congestiona.

Come dimenticare la terribile successione dei Piani Urbanistici e di Settore di questi ultimi venti anni che, ostinatamente, hanno smantellato tutte le forme di controllo pubblico delle trasformazioni territoriali in nome di un pragmatismo molto pericoloso che ha aperto le porte alle scorrerie di rapaci speculatori immobiliari e finanziari e alla saturazione alberghiera della città.

Non tralasciamo neppure il fallimento delle auspicate politiche di riequilibrio ambientale intorno alle aree strategiche del Parco delle Cascine, dell’Area di Castello, del Parco di San Salvi e del consistente Patrimonio pubblico e privato dismesso.

E a ciò aggiungiamo i pellegrinaggi di sindaci e assessori di questa sfortunata città presso le Fiere immobiliari internazionali, da Cannes a Berlino a Monaco o in Cina, per piazzare sul mercato una bella fetta della nostra città. Da amministratori pubblici a promotori immobiliari di una Firenze Real Estate non più da bere ma da divorare: “una perversa involuzione salutata come il più virtuoso dei percorsi”.

E in tutto ciò dove sono gli abitanti della città?
Scomparsi! Missing! Espulsi, allontanati, confinati fuori dalle zone rosse securitarie, ridotti a comparse di uno scenario ad uso e consumo dell’abbuffata turistico immobiliare in atto. Costretti a sopportare da un lato la presenza di circa 20 milioni di turisti l’anno e dall’altro a fare i conti con lo scippo degli spazi pubblici, delle abitazioni, dell’accesso ai servizi e a intere parti della città, trasformate in “cittadelle del lusso” ad uso e consumo di una international luxury class sempre più arrogante. Cittadini costretti a vivere in una “città stressata, che per molti aspetti è andata ben oltre le soglie della sostenibilità”.

A fronte dell’eclissi degli abitanti e del soddisfacimento dei bisogni delle fasce più deboli della popolazione (accoglienza migranti, casa, sanità, istruzione), a Firenze invece si fanno largo portatori di interessi che, appropriandosi dei processi di trasformazione urbana, diventano di fatto i nuovi padroni della città.

Con la nostra inchiesta “A chi fa gola Firenze?” abbiamo cercato di indagare in particolare quel mondo di società multinazionali, holding finanziarie e immobiliari, fondi pensioni, banche e assicurazioni, società di intermediazione, nelle cui mani l’assenza di una qualsivoglia forma di politica pubblica delle trasformazioni urbane a difesa degli interessi collettivi, ha consegnato le chiavi della comunità urbana.

Smembrare la città bene comune, ridurla in tanti pezzi da privatizzare e mettere a disposizione dello speculatore di turno, offrendogli le migliori condizioni per la redditività dell’investimento, dalla definizione delle funzioni da inserire, alle cospicue volumetrie da realizzare, agli standard urbanistici da aggirare e al cosiddetto housing sociale monetizzato ma non realizzato, ha favorito l’invasione multinazionale, tutta tesa a depredare la ricchezza storica e culturale della città e a monopolizzarne l’economia in chiave turistico spettacolare.

Gli esempi non mancano, dall’Ex Ospedale militare di San Gallo, alla Manifattura Tabacchi, alla Ex Scuola di Sanità militare di Costa San Giorgio all’Ex Teatro Comunale, al Palazzo Portinari Salviati, all’Ex Monte dei Pegni di Via Palazzuolo, all’Ex sede della Cassa di Risparmio di Via Bufalini, e così via dicendo, sottratti al contesto urbano e trasformati in nodi di una ragnatela planetaria della speculazione finanziaria e immobiliare.

Si tratta di investimenti che invadono e alterano i delicati equilibri dei territori colpiti. Le logiche sono quelle dello sfruttamento neocoloniale: accaparramento e banalizzazione delle ricchezze storiche collettive, dell’anima sociale dei luoghi, dell’ambiente di vita degli abitanti, in cambio di una illusoria partecipazione al banchetto dello sviluppo e della modernità, che sta mostrando tutti i suoi limiti e in cui ormai non crede più nessuno.

Il meccanismo estrattivo è sempre lo stesso: holding multinazionali dalla complessa struttura, ramificata a cascata, sono in grado di rastrellare e concentrare ingenti flussi finanziari planetari, in molti casi di dubbia provenienza, alla costante ricerca delle occasioni di investimento, in questo caso immobiliare e turistico/alberghiero, considerato, in maniera avventata vista la recente crisi del mercato immobiliare internazionale, un settore a forte valenza anticiclica.

La loro mission è quella di distillare un continuo flusso di profitti da reinvestire in una sorta di catena di Sant’Antonio, per soli ricchi e a scala planetaria. Gli ambienti di vita, i territori, le città d’arte sono al centro di questi processi estrattivi che, come sanguisughe, si appropriano della produzione, della cooperazione sociale e della ricchezza dei beni comuni locali per riproporli poi, in maniera artefatta e svilita, sul mercato del lusso internazionale.

A Firenze non ci facciamo mancare niente, dai magnati cinesi del cemento della LDC (Luxury, Dreams & Culture), agli americani della Colony Capital di Tom Barrak (finanziatore della campagna elettorale di Trump), della Hines e della Lionstone Development degli argentini Lowenstein, al Fondo sovrano del Qatar, al colosso sudafricano LEEU Collection.

Come se non bastasse troviamo gli inglesi della Aermont Capital che a loro volta controllano gli olandesi di The Student Hotel, i tedeschi della Art Invest R.E. a loro volta controllati dalla holding tedesca Zech Group, mentre la troika nostrana del mattone, Cassa Depositi e Prestiti, Invimit e Agenzia del Demanio, società che operano con soldi pubblici, è in prima fila nella spoliazione dei beni patrimoniali comuni.

In Via dell’Oriuolo a Firenze esiste uno straordinario museo dedicato alla storia della città: “Firenze com’era”, nato per documentare le distruzioni conseguenti al trasferimento della capitale in città. Una nuova sezione si dovrebbe aggiungere: “Firenze com’è” per documentare e rendere di pubblico dominio gli scempi attuali.

Inutile ribadire che tutto ciò è reso possibile dalla irrilevanza delle amministrazioni centrali e locali che, nella maggior parte dei casi, hanno disatteso la loro missione di difesa e cura dei beni comuni.

In questo senso è da sottolineare la politica contraddittoria dell’attuale Giunta comunale che se da un lato afferma di sostenere il ritorno della residenza nel Centro storico, dall’altro è smentita dal suo stesso Piano urbanistico che inserisce nella destinazione d’uso residenziale non solo le abitazioni permanenti e temporanee, ma anche “case appartamenti vacanza, bed and breakfast, affittacamere, residenze storiche”. Insomma attività turistico ricettive truccate da residenze che consentono la trasformazione di interi isolati in suite di lusso.

Che non vengano poi a raccontarci la favola dei posti di lavoro che verrebbero così creati perché sappiamo che investimenti del genere sono ad alta intensità di capitale con basso ritorno di occupati, per lo più impiegati in forme precarie e stagionali, come accade nei grandi resort internazionali, dove h/24 le comunità locali sono al servizio di questo capitalismo predatore che, come dice David Harvey nel suo ultimo libro, Geografia del dominio, ha incorporato il potere di “modellare i luoghi, di modificare profondamente i paesaggi, di trasformare le relazioni spazio-temporali”.

Ci tocca gettare la spugna? Arrenderci?

Lo stretto intreccio tra affari e politica in questi anni ha dato il peggio di sé e ne stiamo scontando le conseguenze. Si tratta in prima approssimazione di favorire il contenimento del fenomeno, di stabilire delle regole che impediscano il far west attuale degli affitti turistici e delle piattaforme digitali, delle destinazioni d’uso truccate o fuori controllo, che impediscano le varie forme di economia in nero colpendo assunzioni irregolari e profitti occultati, che limitino, sulla base di piani di settore condivisi e partecipati, lo spostamento delle superfici alberghiere e commerciali, insomma che si diffonda una sorta di sindacalismo territoriale per difendere e riaffermare i diritti calpestati.

Ma non basta!
All’espropriazione in atto si risponde attivando processi di riappropriazione che riguardano la dimensione culturale, territoriale ed economica del fenomeno.

Se da un lato è necessario contrastare con l’adeguata fermezza le azioni distruttive e di aggravamento del già alterato sistema della città, dall’altro occorre estendere e moltiplicare tutte quelle occasioni di radicamento culturale e territoriale che pongono al centro nuove relazioni ecosistemiche con il proprio ambiente di vita, che recuperino  una nuova idea di città bene comune in cui siano messi al centro i bisogni degli abitanti, in cui si affermino nuove forme di mutualismo urbano, nuovi spazi aperti all’uso collettivo, insomma tutte quelle forme di contropotere attivo, le uniche in grado di bonificare lo stato presente delle cose e di consegnarci una città più giusta e più accogliente.


Indice delle schede

Scheda 1

Inauguriamo questa breve “Guida alle grandi holding” con una scheda dedicata alla Cassa Depositi e Prestiti, un potente carrozzone politico clientelare a disposizione delle amministrazioni pubbliche e delle loro miopi e devastanti politiche di dismissione e “valorizzazione” del nostro patrimonio collettivo. A Firenze è coinvolta in numerose dismissioni immobiliari tra cui l’Ex Ospedale Militare di San Gallo, l’Ex Scuola di Sanità militare di Costa San Giorgio, l’Ex Manifattura Tabacchi, l’Ex Teatro comunale e in tanti altri casi.

Scheda 2

In questa scheda sono raggruppate le società che fanno capo a The Student Hotel, il gruppo olandese, estremamente dinamico e aggressivo, che nello scacchiere immobiliare cittadino ha acquisito il Palazzo del Sonno in viale Lavagnini, l’area dell’ex Fiat di Viale Belfiore e una parte della Ex Manifattura Tabacchi, per insediarvi studentati e strutture turistico ricettive di lusso.

Scheda 3

Protagonista di questa terza scheda è la multinazionale degli investimenti immobiliari Aermont Capital LLP, gruppo londinese che opera nel settore degli investimenti immobiliari, strettamente intrecciato con le acquisizioni del gruppo olandese The Student Hotel, di cui, tramite un proprio fondo immobiliare, possiede il pacchetto di controllo. A Firenze il colosso immobiliare si distingue per l’intervento nell’area dell’Ex Manifattura Tabacchi, nei pressi del Parco delle Cascine.

Scheda 4

FS Sistemi Urbani Invimit Sgr sono i due gruppi italiani di cui ci occupiamo in questa quarta scheda. Cosa li accomuna? Sono due società per azioni controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, quindi due società di diritto privato che però, operando con fondi pubblici, ossia con i soldi di tutti noi, svendono proprio il patrimonio di cui la collettività è titolare. Un paradosso, un vero e proprio “esproprio al contrario” di un patrimonio che viene sottratto ai cittadini e consegnato al mercato e alla speculazione immobiliare. A Firenze hanno messo le mani sulla vasta area Ex Officine Grandi Riparazioni di Porta al Prato e su numerose abitazioni di Edilizia Residenziale Pubblica, tra cui quelle in Via de’ Pepi.

Scheda 5

In questa scheda descriviamo le imprese di altre due holding piuttosto ingombranti: il gruppo texano della Hines e il Fondo Sovrano del Qatar. Si tratta di colossi finanziari molto attivi negli investimenti immobiliari, soprattutto nel settore del turismo di lusso e di quello studentesco “high profile”. Ingenti capitali sono investiti proficuamente in grandi catene di alberghi, in esclusivi quartieri residenziali e in cittadelle del lusso.
Il patrimonio storico delle città d’arte è utilizzato per garantirne la stabilità: “Firenze rappresenta una piazza fondamentale, una città unica che, grazie al suo patrimonio culturale, presenta opportunità interessanti poiché scollegata dalla volatilità e dall’andamento dell’economia nazionale”. Dall’ex Teatro Comunale al Four Seasons Hotel, al Palazzo Minerbetti, al St. Regis Florence e al Westin Excelsior Florence, ecco gli immobili coinvolti.

Scheda 6

Prosegue la documentazione della svendita del patrimonio immobiliare fiorentino (qui la quinta scheda). Questa volta è il turno dell’intero isolato un tempo occupato dalla Cassa di Risparmio di Firenze e della storica sede del Collegio alla Querce in Via della Piazzola. Ad approfittare della continua opera di frammentazione della città e di dissipazione dei beni comuni urbani sono la holding americana Colony Capitalnomen omen, e il colosso sudafricano LEEU Collectioncorporation globali degli investimenti finanziari e immobiliari.

Scheda 7

Le trasformazioni del Complesso di San Firenze e dell’ex Teatro Nazionale sono al centro della settima scheda. Ne sono protagoniste la Fondazione Zeffirelli e la BL Consulting, cui l’Amministrazione consente le più ampie facoltà di intervento all’insegna della  banalizzazione culturale del Centro Storico Patrimonio UNESCO e della sua alterazione mercantile spettacolare.

Scheda 8

L’acquisizione dell’ex Monte dei Pegni di Via Palazzuolo ad opera del gruppo tedesco Art Invest Real Estate è al centro di questa ottava scheda. Si tratta di un caso emblematico dello stretto intreccio tra la cattiva politica e gli interessi speculativi di cui renderemo conto, per di più in una delle ultime zone popolari e multiculturali della città, quartiere ormai destinato, ma non rassegnato, alla colonizzazione turistico immobiliare.

Scheda 9

“Firenze privatizzata per amore (dei soldi)” è uno dei temi di questa scheda che pone al centro della riflessione la svendita della Villa Medicea di Cafaggiòlo nel Mugello e l’ex Caserma Vittorio Veneto in Costa San Giorgio a Firenze. La famiglia Lowenstein sceglie la Toscana per amore, la loro società, la Lionstone Development, multinazionale americana con base a Miami Beach, “valorizza”, la cattiva politica locale sta a guardare.

Scheda 10

Il Palazzo Portinari Salviati, di cui si occupa questa decima scheda della serie A chi fa gola Firenze, è stato affidato alle “cure” di uno dei magnati planetari della produzione di cemento, Koo Nelson Chang, responsabile del Gruppo LDC (Luxury, Dreams & Culture). E infatti non passa inosservato il faraonico cantiere che in Via del Corso trasformerà la storica residenza di Beatrice Portinari, la musa ispiratrice di Dante, in numerose e lussuose residenze, a ridosso del Duomo, con ristorante griffato e galleria commerciale di cui la città non avverte proprio il bisogno. Lo storico Palazzo, monumento nazionale, è espropriato alla cittadinanza e consegnato nelle mani della speculazione internazionale che ne può disporre secondo i propri privati interessi.

*Antonio Fiorentino
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