Perché oggi non è possibile una rivoluzione

‘Non si dovrà perdere mai di vista che il potere capitalista si è delocalizzato, deterritorializzato, sia in estensione, ampliando la sua influenza sull’insieme della vita sociale economica e culturale del pianeta, sia in “intensione”, infiltrandosi dentro gli strati soggettivi più inconsci’, scriveva Felix Guattari – di cui ricorre in questi gironi il trentennale della scomparsa-nel libro ‘Le tre ecologie’.  L’odierno ipercapitalismo, ‘disgrega l’intera esistenza umana in una rete di rapporti commerciali’, scrive  Buyung- Chul Han (d’ora in avanti HAN), nel suo ultimo libro intitolato Perché oggi non è possibile la rivoluzione. Una raccolta di brevi saggi ed interviste-che in qualche modo richiama l’ecosofia di Guattari-di circostanziata critica all’infiltrazione neoliberista nella vita sociale, ambientale e psicospirituale.

Trent’anni fa la digitalizzazione della società non era così pervasiva. Le piattaforme digitali Booking, Uber, The Fork, Airbnb, per citarne solo alcune, e i social network in genere (vedi qui), alimentano algoritmi predittivi, che non si limitano a rispondere a un bisogno, ma ne generano in continuo di nuovi, dicendoti cosa devi acquistare, cosa guardare, cosa ascoltare-in sostanza chi devi essere. Il mondo è diventato come un emporio, panottico digitale, che ci stimola continuamente affinché raccontiamo la nostra vita, affinché comunichiamo opinioni, bisogni, desideri e preferenze. Questa assoluta verbalizzazione della vita scrive Han, ‘esercita una sorveglianza totale. Assoluto sfruttamento e sorveglianza totale sono due facce della stessa medaglia’.

La vita smart

La vita, a breve, sarà completamente  e continuamente smart, e tutto sarà in rete, le persone e le cose, in una ipercomunicazione senza sosta e in un monitoraggio continuo, da parte dell’internet delle cose, da parte dello smartphone, cimice/moderno confessionale mobile, da parte di Google Glass, gli occhiali smart che ci informeranno e guideranno, nelle smart city e da parte del ‘self-tracking’, il fenomeno per cui le persone, come zombi-marionette, in un delirio di monitoraggio e di connessione, applicano ai loro corpi sensori di ogni tipo, misurandosi continuamente la pressione sanguigna, gli zuccheri, e la massa grassa, per poi pubblicare i dati su internet. E’ la nuova fede  nel cosiddetto ‘dataismo’, l’orgia dei dati, che secondo HAN coincide col nichilismo, che sbriciolerà il mondo, facendoci perdere di vista il contesto ed il senso.

Partito pirata

‘ Big Data [ il totalitarismo dei dati]  si rivela perciò uno strumento psicopolitico molto efficiente, che consente di trasformare gli esseri umani in marionette: genera un sapere dominante che permette di far breccia nella psiche umana e influenzarla senza che i diretti interessati se ne accorgano’.  Il cosiddetto panottico digitale, il pervasivo meccanismo di sfruttamento e sorveglianza, può così incatenare i pensieri, le emozioni, dei suoi abitanti, influenzandone il comportamento, ed esercitando un potente influsso psicopolitico sulla società. Da qui, continua HAN, la coazione al conformismo, la società ‘pornografica’ della trasparenza, o dello sfruttamento: ‘chi è del tutto trasparente è liberamente sfruttabile;  ‘la democrazia liquida del Partito Pirata’ che ambisce ad una politica senza visione; la democrazia del “mi piace”,  per generare una politica che mantiene intatto il quadro dei rapporti socioeconomici esistenti, addirittura accentuandone le disuguaglianze. ‘La rivoluzione,  per usare un termine ‘pesante’,  (vedi qui) oggi non va più pensata come un fatto dirompente, come l’assalto a un centro di potere fisico ben identificabile, come lo spezzarsi delle catene[…] oggi significa stare dentro il processo, decostruire dall’interno la macchina del capitale, utilizzando i suoi stessi mezzi, perché il problema non è la macchina, ma è la macchina eterodiretta dal capitale’.

Homo saliens

La rivoluzione oggi non è possibile, scrive HAN, perché non siamo solo prigionieri, bensì utenti trasparenti, al contempo vittime e carnefici di noi stessi, in quanto contribuiamo in prima persona alla creazione del panottico digitale, lo alimentiamo con tutte le informazioni che spargiamo senza vergogna a destra ed a manca. Questo denudarsi volontario, è diventato un bisogno interiore, una coazione a mettersi in mostra, per ricercare un like, e dissolversi nella massa applaudente, oppure  per diventare ‘Homo saliens’, uomo che saltella-nelle foto-solo per attirare l’attenzione. Una foga di mettersi in mostra, che fa diventare merce allo scopo di incrementare il proprio valore espositivo, e permette agli algoritmi di manipolarci come fossimo marionette, mentre noi crediamo di essere liberi. Rivoluzionaria sarà quindi ogni azione che rallenti e contrasti l’efficienza del processo, e che faccia deragliare l’algoritmo, contagiandolo con un virus. Alcuni sostenevano che il virus Sars-Cov-2 avrebbe inferto un colpo mortale al capitalismo, in realtà ‘dopo l’epidemia il capitalismo proseguirà con foga ancora maggiore. E i turisti continueranno a calpestare a morte il pianeta’.

Servo e padrone

La rivoluzione oggi non è possibile, perché anche il potere è smart, assume una forma affidabile, subdola, seduttiva, rendendosi invisibile e inattaccabile, tanto che ‘il soggetto sottomesso non sa nemmeno di esserlo, e anzi crede di essere libero’, scrive Han, perché ‘ nell’epoca odierna, non esiste una moltitudine collaborativa ed interconnessa in grado di elevarsi a protesta globale, a massa dedita alla rivoluzione. ‘E’ piuttosto, la solitudine, l’autosfruttamento volontario, a caratterizzare l’attuale regime produttivo fatto da isolati imprenditori di se stessi. Non può nascere una massa dedita alla rivoluzione mettendo insieme individui esausti, che si autosfruttano nell’illusione di realizzarsi, cercando di sorpassarsi, fino a collassare, depressi e isolati. Come accade nella Corea del Sud (Han è nato a Seul) che ha il più alto tasso di suicidi al mondo: si fa violenza a se stessi  invece di cercare il cambiamento nella società. Io non vengo sfruttato, dal mio padrone, mi sfrutto da solo. Sono al contempo servo e padrone. Il regime neoliberista così isola le persone:  nella società capitalistica della prestazione, non si può formare mai un collettivo, un Noi capace di ribellarsi al sistema. Così la logica dell’accumulazione del capitale, insieme con l’economia arcaica della violenza, continueranno a prosperare.

Il colmo del comunismo

La cosiddetta Sharing economy, WunderCar il sito che organizza passaggi in auto, e cose simili, sembrerebbero promuovere un’idea di comunità, una società organizzata in modo comunitario, una economia collaborativa, ma in realtà sono attraversate dalla logica severa del capitalismo. Il passaggio dal possesso all’ “accesso” tanto celebrato da Rifkin, non ci libera dal capitalismo, scrive sempre Han. Chi non ha soldi è tagliato fuori da ogni accesso. Ci si comporta in maniera amichevole per avere recensioni migliori. In una società in cui ci si recensisce a vicenda, anche l’amicizia finisce commercializzata. ‘Il capitalismo raggiunge il suo culmine nel momento stesso in cui vende il comunismo come fosse una merce. Il comunismo come merce questa si che è la fine della rivoluzione.

Byung-Chul Han, Perché oggi non è possibile una rivoluzione, nottetempo, 2022 Guidonia (RM), pp. 192, € 18.00